Attualità
7 luglio, 2025Articoli correlati
Il documento ha raccolto 30 mila firme online e chiede una legge per garantire l’accessibilità di concerti ed eventi dal vivo e per rimuovere le barriere all'ingresso di artisti e lavoratori dello spettacolo con disabilità
Durante l’ultima tappa italiana del tour mondiale di Taylor Swift, nel luglio del 2023, Silvia Stoyanova si è vista negare l’accesso al concerto di San Siro nonostante avesse acquistato un biglietto vip da 300 euro. Gli organizzatori non avevano previsto abbastanza posti accessibili né una pedana adeguata. La denuncia dell’episodio ha fatto il giro dei media e ha innescato un movimento collettivo. Quella di Silvia è una storia che si ripete identica per molti eventi dal vivo in Italia. È il sintomo di un problema più grande, sistemico.
Da questa consapevolezza ha preso forma il Manifesto Live For All: un documento in cinque punti nato per garantire parità di accesso agli eventi dal vivo per tutte le persone con disabilità, senza eccezioni, senza aree segregate, senza dover “chiedere il permesso” per partecipare alla vita culturale. Al testo si sono aggiunti altri cinque obiettivi per dare pari opportunità a lavoratori e lavoratrici dello spettacolo con disabilità. Tra le promotrici principali del Manifesto c’è Lisa Noja, avvocata e consigliera regionale lombarda, già deputata e da anni attiva per i diritti delle persone con disabilità: “In un anno si è creata una splendida alleanza, partita dal basso. Oggi è diventata un movimento che riunisce ulteriori figure del mondo dell’attivismo per i diritti delle persone con disabilità, professionisti dello spettacolo, associazioni, politici e rappresentanti di categoria”.
Il Manifesto è diventato una petizione da quasi 30 mila firme e, il 3 luglio, è approdato anche in Senato, con una conferenza stampa ufficiale nella Sala Caduti di Nassiriya. “Siamo a Palazzo Madama perché vogliamo passare all’azione”, ha detto Noja, “è ora di dare concretezza alle istanze del Manifesto. Serve una legge che raccolga le istanze del Manifesto Live for All”. La conferenza è stata promossa dal senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto in collaborazione con il Comitato per i Concerti Accessibili e l’associazione Al.Di.Qua.Artists (Alternative Disability Quality Artists).
“Se una persona disabile vuole comprare un biglietto per un concerto la prima cosa che deve fare è affrettarsi a mandare tutti i documenti. Le procedure cambiano tutte le volte e i posti sono solo lo 0,5% del totale”, ha denunciato Sofia Righetti, filosofa e attivista per le persone con disabilità. La necessità di avere un solo accompagnatore maggiorenne è un’ulteriore forma di discriminazione. “È consentito portare una sola persona, che spesso non può stare neanche vicino a chi sta accompagnando”, ha spiegato Righetti, “le pedane sono isolate, il concerto non si vede. Non si può neanche godersi lo spettacolo con i propri figli, visto che l’accompagnatore unico deve essere maggiorenne. Separati dagli amici, separati dai familiari: questa non è inclusione, questa è segregazione organizzata”.
Live For All chiede che le persone con disabilità possano acquistare e prenotare i biglietti alle stesse condizioni di tutti gli altri, attraverso procedure trasparenti e standardizzate. Saranno gli organizzatori a dover rendere pubblicamente noto e in anticipo il numero dei posti accessibili disponibili, calcolati sulla base di criteri proporzionali chiari e verificabili. “Visibilità e la fruibilità dell’evento”, si legge nel documento “devono essere garantite a tutti gli spettatori, indipendentemente dal tipo di disabilità: fisica, sensoriale o cognitiva”. Il Manifesto denuncia anche la pratica ancora diffusa delle cosiddette “aree dedicate”, spesso isolate o in posizioni sfavorevoli, e chiede che le persone con disabilità possano partecipare agli eventi insieme ai propri amici, nel rispetto del diritto alla socialità e alla condivisione. Infine, si richiede l’applicazione rigorosa dei principi della progettazione universale per tutte le nuove strutture e per gli interventi su quelle esistenti.
In rappresentanza dei lavoratori dello spettacolo con disabilità, la cantante e performer Giorgia Meneghesso ha raccontato le esperienze, le rinunce, i sacrifici e le ingiustizie subite dagli artisti con disabilità che vengono ancora percepiti come “un problema da gestire”. Per chi lavora sul palco e dietro le quinte il Manifesto chiede l’istituzione di un fondo pubblico per coprire i costi legati all’accessibilità nelle fasi di produzione artistica. Viene richiesto anche che tutte le Open Call di settore e i percorsi formativi nelle accademie siano resi accessibili, con insegnanti formati a pratiche inclusive. Un altro nodo è quello dei sostegni assistenziali, che oggi decadono se si supera un certo reddito, anche per un solo anno: regole che penalizzano fortemente i lavoratori del settore artistico, spesso soggetti a entrate discontinue. Infine, si chiede la rimozione di tutte le barriere, fisiche e culturali, che impediscono di accedere alla professione, dalla formazione fino al palco. A chi dice che i tempi sono complessi, che le priorità sono altre, che bisogna aspettare, gli attivisti di Al.Di.Qua.Artists rispondono: “Noi siamo vive adesso e il tempo dell’attesa non può essere il nostro. Mentre si aspetta si spegne il diritto di immaginare un futuro. Aspettando, qualcuno di noi è morto. Noi non abbiamo più tempo”.
La politica non sembra condividere la stessa urgenza. La proposta di legge sulla partecipazione delle persone con disabilità a spettacoli e manifestazioni sportive è da mesi ferma alla Camera. “È stata presentata per piantare una bandierina, ma non è sufficiente e deve essere modificata”, ha spiegato Noja. L’appello alla politica è di calendarizzarla e approvarla il prima possibile con gli emendamenti migliorativi proposti da Live For All. “Capisco che una legge del genere possa toccare gli interessi di promoter e organizzatori di eventi, ma io credo che fornirebbe regole chiare anche a loro. Il governo” ha concluso, “deve assumersene la responsabilità: non approvano i nostri emendamenti? Che li boccino, ma almeno ce lo dicano in faccia”.
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