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12 settembre, 2025Ha portato la società a quotarsi in Borsa nel 1995. Qui ripubblichiamo il suo ultimo colloquio con L'Espresso
Dopo una lunga malattia, Francesco Trapani ex Ceo di Bulgari e figura di spicco nel panorama del lusso e dell’imprenditoria internazionale, si è spento ieri - 11 settembre - nella sua casa di Roma. I funerali si svolgeranno a Santa Croce in Gerusalemme sabato 13 settembre alle ore 12. Ripubblichiamo l'ultima intervista rilasciata a L'Espresso.
L'intervista
“La vera chiave per creare valore non sta nel settore in cui si investe ma nella visione e determinazione con cui si affrontano le sfide”. Francesco Trapani, classe 1957, imprenditore e manager di lungo corso, è stato amministratore delegato di Bulgari dal 1984 al 2011, anno in cui il marchio romano del lusso è passato alla holding francese LVMH. Ora si racconta in un libro dal titolo “Volere valore-Ma non chiamatemi Mr. Bulgari” a cura di Giuseppe Pesce (ed. Baldini+Castoldi) partendo dalla storia del nonno materno, Giorgio Bulgari, passando per l’infanzia e l’adolescenza a Napoli dove il padre Agostino si era trasferito per lavoro e approdando al mondo della finanza internazionale che lo ha portato in Svizzera, Francia e Stati Uniti. Negli ultimi anni ha puntato sul private equity e sul Gruppo Florence, primo polo produttivo integrato italiano dedicato al settore del lusso il cui progetto è stato quello di lasciare il 35 per cento del capitale nelle mani delle famiglie fondatrici delle aziende coinvolte".
Che valore aggiunto hanno oggi marchi storici e con un heritage come Bulgari?
“Hanno una responsabilità enorme, un’eredità da custodire con rispetto e passione. Non è solo necessario accompagnare il marchio nelle nuove epoche ma bisogna lasciarsi guidare da quel patrimonio che racchiude valori e desideri profondi. Tornare all’essenza e far emergere quella verità anche nel presente. I contesti possono mutare ma i brand autentici sopravvivono perché rispondono a richieste e aspirazioni universali”.
In questo momento di incertezza totale, su quali settori investirebbe come imprenditore e perché?
“Gli investimenti nella tecnologia sono sempre più una certezza e permettono non solo di capitalizzare sull’innovazione ma anche di restare aggiornati sulle evoluzioni che si susseguono e le loro integrazioni nel quotidiano, sia da un punto di vista personale sia aziendale. In generale, in ogni percorso di investimento è fondamentale circondarsi di persone competenti con cui confrontarsi e crescere insieme: ho avuto ed ho validi collaboratori che mi hanno accompagnato lungo la strada professionale e personale. Imparare a delegare è alla base di tutto”.
Quali consigli darebbe oggi a un coetaneo di suo figlio Agostino desideroso di intraprendere un percorso nel settore privato?
“Il mondo è diventato più piccolo e connesso. È quindi fondamentale sviluppare un pensiero critico, non fossilizzarsi su preconcetti, aprirsi a nuove idee. La gavetta resta un passaggio imprescindibile: nessun successo si costruisce senza impegno e sacrificio. E’ importante anche tessere una rete di contatti solida, essere ambiziosi ma sempre con umiltà. Nel ruolo di allenatore di mio figlio Agostino ho sempre spinto verso l’estero: esperienze in grandi realtà della finanza o della consulenza strategica sono terreno fertile per la costruzione di relazioni, interessi, capacità. Consigliate anche a chi vuole fare l’imprenditore”.
Quanto aiutano, nella vita e nel lavoro, passioni come la pratica di uno sport per sviluppare un sano spirito competitivo?
“Ho sempre amato la vela che mi ha insegnato molto sul lavoro di squadra e sulla leadership. Capitanare una barca senza un gruppo affiatato e coeso è impossibile: ogni membro dell’equipaggio è fondamentale per raggiungere la meta. Nella vita e nel lavoro accade lo stesso: la competizione sana nasce dalla collaborazione, dal confronto e dal sostegno reciproco. La vela mi ha insegnato a rispettare il vento, a leggere il cambiamento e non perdere mai di vista l’obiettivo. Qualità essenziali anche nel mondo degli affari”.
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