I cantanti, le farfalline, la spilletta, i comici che non fanno ridere, la scala, troppe note, troppo poche, l’omaggio che non funziona, i costi esorbitanti, il kitsch, il trash, l’eleganza, la parola e i silenzi. Insomma, il divertimento principe del telespettatore è sempre stato porsi davanti a quella maratona implacabile dei primi di febbraio per parlarne male.
Persino Ennio Flaiano in proposito si dilettò nel dileggio. Nel “Diario degli errori” raccontava dopo una visione forzata del Festival a casa di amici: «Non ho mai visto niente di più anchilosato, rabberciato, futile, vanitoso, lercio e interessato. C’era un tale per esempio, coi capelli alla bebè che sembrava protestare contro il fatto che malintenzionati gli tirassero delle pietre. Non si capiva perché si lamentasse tanto. Avrebbe voluto che gli tirassero delle bombe?».
Ecco. Quest’anno ci hanno tolto anche questo piacere innocente. Claudio Baglioni è diventato un pericoloso rivoluzionario per delle semplici frasi di buonsenso. Ad Agorà la signora Santanchè parla di Baglioni “dalle mani sporche di sangue” che anziché perdere tempo a presentare cantanti potrebbe portarsi i migranti a casa sua. Giletti dalla schiena dritta insinua il dubbio del Baglioni censore. Per punizione il ministro Salvini annuncia che rinuncerà ai selfie dalle poltrone dell’Ariston. E l’opposizione, inesistente coma il cavaliere, indossa in un lampo la maglietta fina come armatura luccicante.
In mezzo resta lo spettatore spaurito, che ha visto il trasformarsi il gioco della critica in schieramento obbligato. E per non ridursi come un Peppino Di Capri qualsiasi, che tra una coppa di champagne e l’altra ha fatto proprio il tormentone “Non sono razzista, ma”, dovrà tifare per Sanremo, stringersi a coorte davanti alla tv e manifestare il dissenso del paese dei mandolini. Strada facendo. Almeno fino all’inizio del festival.
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SEMAFORO VERDE
Michael Douglas e Alan Arkin, una strana coppia di eleganza e ironia. Occupano la scena de “Il metodo Kominsky” (Netflix) rilasciando un profumo di Neil Simon d’altri tempi. Quando la commedia si colora d’intelligenza, tra giacche di velluto e actor’s studio viene voglia solo di una cosa: una seconda stagione. l

SEMAFORO ROSSO
Ivan Cotroneo non al massimo della forma mette in piedi “La compagnia ?del Cigno” (Rai Uno), in cui per raccontare gli aspiranti musicisti, alterna con ritmo implacabile le urla di Alessio Boni alle citazioni di High School Musical. Il pubblico applaude neanche fosse il Presidente alla Scala ma le stonature si sentono.
