Pechino Express e il piacere di guardare il mondo "del prima"

La gara televisiva di Rai Due, giunta agli sgoccioli, ci porta a tifare per quello che in altri tempi sarebbe stata una semplice quanto ordinaria inutilità 

Cos’è la normalità in fondo, viene da chiedersi in questi giorni sottosopra, dove l’aperto è diventato chiuso, il pieno vuoto, la vicinanza distacco obbligato. Se tutto si sovverte ci si aggrappa anche ai dettagli, spingendoli a forza nei canali dell’ordinario, come quando si tira allo stremo la lampo per provare a serrare i jeans troppo stretti. Così in questa televisione svuotata di tutto, dove resiste solo l’informazione estrema, martellante e inarrestabile, e qualche pubblicità che promuove oggetti sigillati nei negozi chiusi, ci si aggrappa a quel poco che è stato registrato in un passato che appare remoto, per fingere, una manciata di minuti che in fondo tutto potrebbe andare bene. Ed è solo per un buffo caso che uno dei pochi sprazzi di residua normalità da palinsesto evanescente sia data dal programma meno normale che si sia visto su piazza.

“Pechino Express”, stagione numero otto su Rai Due, entra nelle case lambite dalla claustrofobia mostrando concorrenti il cui unico obiettivo è quello di macinare chilometri di corsa all’aperto, interagire con il popolo orientale e abbracciarsi a ogni tappa. Più o meno quello che si faceva un tempo, più o meno quello che al momento è impossibile fare. E vedendo quelle coppie strampalate che si dannano per trovare un passaggio di qualche anima pia disposta a caricare italiani sudati e su di giri a favor di telecamera, che si agitano con lo zaino in spalla disposti a tutto pur di arrivare primi, ci si acciambella nella visione, ibernando il momento. Come se fosse oggi, come se.

E ci si ritrova a tifare per ottomila chilometri, mentre i concorrenti si affannano, cadono, bisticciano, in quella che in altri tempi sarebbe stata una semplice quanto ordinaria inutilità. Ma che in un periodo come questo sono una sorta di fuga per la vittoria comune, in quella corsa dalla falcate impossibili tra Thailandia, Cina e Corea del Sud.

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Non abbiamo il campionato, le Olimpiadi sono rimandate e la competizione estrema al momento è data al massimo da una partitella a burraco. Così ci si scalda con la telecronaca iconica e perfida di Costantino della Gherardesca, nella gara tra Collegiali e Wedding Planner, tra Mamma e Figlia e Gladitori tra Modelle diafane e Comici fuori scala, e pazienza se sfugge chi sia esattamente la signora Wendy Kay, o se si fatica a credere che Enzo Miccio possa essere davvero così insopportabile con la sua assistente come col resto del mondo.

L’importante è aggrapparsi al fatto che quel che si vede sta accadendo nel fuori, nel mondo di prima. In quel mondo dove tutto era meravigliosamente qualsiasi. Persino gli spiedini di insetto.

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