Camila è bella. Ha occhi chiari, labbra carnose e un piercing sulla narice destra. È pasionaria e comunista. Il "Guardian" ha detto addirittura che è affascinante come il subcomandante Marcos. Di sicuro l'avvenenza ha giocato un ruolo nella sua esplosione come icona planetaria del movimento degli indignados, anche se è partita dalla periferia più profonda, laddove si vuole che il mondo finisca. Perché Camila Vallejo Downling, 23 anni, la sua lotta la sta conducendo a Santiago del Cile e contro la politica neoliberista del presidente Sebastian Piñera, eletto ormai quasi due anni fa. Lei è la seconda presidente donna in 104 anni di vita della FECh (Federazione studenti universitari del Cile). Se le chiedono della sua bellezza ribatte: "Una bella faccia non ha mai portato in strada 500 mila persone". Cosa che a lei invece è successa. E rincara: "Io non ho deciso il mio aspetto fisico, ma il mio progetto politico e il mio lavoro con la gente". Però risulta la ragazza più ammirata dalle adolescenti cilene che imitano il suo look: jeans consumati, foulard al collo e il piercing.
Lei cerca il più possibile di sviare le domande personali, forte forse anche dell'insegnamento dei genitori, Reinaldo Vallejo e Mariela Dowling, oggi piccoli imprenditori, all'inizio degli anni Settanta militanti comunisti, quando in Cile la sinistra vinse, Salvador Allende diventò presidente e fu rovesciato dal colpo di Stato cruento del generale Augusto Pinochet. Di mamma e papà, in questa intervista con "l'Espresso", Camila dice: "Appoggiano la mia lotta, sono orgogliosi di me. Ma non mi hanno spinto verso la militanza politica. Mi hanno permesso di conoscere tutte le opinioni prima di formarmene una mia. Certo mi hanno insegnato valori fondamentali come la solidarietà, la fraternità, la bellezza di condividere le esperienze con i compagni. Cose di sinistra".
In questo clima che ha respirato da bambina e da adolescente, Camila cresce nella provincia di Santiago, e studia nel Colegio Raimapu, un istituto privato. Ma a soli 18 anni, da studentessa delle superiori, partecipa già attivamente alla "Revolución pingüina" (dal nome della divisa usata a scuola) del 2006 che reclamava una serie di riforme e di agevolazioni per gli studenti. Subito si fa notare per carisma, chiarezza di idee ed eloquio che la portano in breve a diventare una leader. Nessuna sorpresa allora se l'anno seguente, entrata in università e iscrittasi a geografia presso la facoltà di architettura e urbanistica, decide "di militare in modo attivo all'interno dell'organizzazione giovanile del partito comunista". Proprio come i genitori.
L'elezione alla guida degli studenti, le manifestazioni riuscite contro il potere da lei organizzate, il clima generale favorevole (almeno da parte dei media) verso una generazione che non ha nulla da perdere perché ha già perso quasi tutto, la fanno diventare una star, lei dice suo malgrado. Ogni giorno arrivano alla sua segreteria, ammette, "dalle quaranta alle sessanta richieste di intervista da parte di giornali e tv di tutto il mondo". Talvolta si concede, come in questo caso, più spesso si sottrae. Soprattutto evita le domande personali, le più frequenti, su amori, canzoni e passatempi. Un legame? "Non ne ho tempo, c'è troppo lavoro da fare per costruire un Cile più equo". In realtà a furia di scavare nella sua vita privata si è scoperta la sua liaison con Julio Sarmiento, cubano, studente di medicina, ex presidente del FECh e, naturalmente, militante comunista. E si è riusciti a dare un nome alle sue passioni musicali: il cantautore cileno Chinoy e gli spagnoli Joan Manuel Serrat e Ismael Serrano.
Camila ha promosso scioperi, portato in piazza centinaia di migliaia di persone, messo il difficoltà il governo. Insomma è diventata una protagonista. E come tale ha ricevuto molte minacce. Persino da una funzionaria del ministero della Cultura, Tatiana Acuña Selles, che in un post su Twitter riferendosi alla ragazza ha ripescato una frase pronunciata da Pinochet nei confronti di Allende: "Se mata la perra y se acaba la leva" (si ammazza la cagna e ci si sbarazza dei cuccioli). La funzionaria è stata rimossa, ma qualcuno ha provveduto a diffondere via Internet indirizzo e numero di telefono di Camila che è stata oggetto di molte intimidazioni tanto che nell'agosto scorso le hanno assegnato una scorta. Allende e Pinochet sono i due simboli del passato che in Cile sembra non passare mai. Di Allende dice: "Lo vedo come l'unico presidente che riuscì a realizzare un progetto popolare di governo. Il suo ricordo è emotivamente molto forte, fa incontrare le nuove generazioni con quelle passate che vissero il tentativo di costruire la via cilena al socialismo". Assai più critica con la coalizione di centrosinistra (la Concertación) che ha dominato il dopo Pinochet: "Non solo per quanto riguarda l'istruzione, ma anche in ambito economico la Concertación ha amministrato e in qualche caso accentuato il sistema ereditato dalla dittatura. Non sono riusciti a dare vita a un Cile più giusto. Oggi credo che debbano appoggiare un nuovo progetto di società, quello per cui stiamo lottando".
Camila ha il Cile nel cuore ma orizzonti più larghi: "Le nostre proteste hanno una matrice comune con quelle degli indignados di altri Paesi. C'è lo stesso malessere diffuso, la stessa insofferenza verso il sistema. La qualità della vita di molte persone è stata fortemente colpita. Manifestare in piazza è un modo per esercitare pressione sui governi affinché intervengano in favore dei cittadini". E su Occupy Wall Street: "Simboleggia il rifiuto alla tendenza autodistruttiva del capitalismo neoliberista. Proprio il Cile è stato un laboratorio del neoliberismo e l'esperimento è fallito. Questo dovrebbe essere un segnale per altri Paesi, come quelli europei, dove si assiste alla perdita delle conquiste sociali. Tuttavia noi non vogliamo esprimere solo indignazione e malcontento. Vogliamo trasformare la società facendocene carico in prima persona".