La legge impone di testare sugli animali ogni nuova sostanza farmaceutica prima di metterla in commercio. Ma gli scienziati hanno sempre più dubbi sull'efficacia di questo sistema. E propongono nuove strade

Il sistema più efficace per restare avvelenati dai funghi è, secondo gli esperti, quello di farli assaggiare al cane o al gatto di casa. Questo perché sostanze velenose per l'uomo sono del tutto innocue per altri animali. Tant'è vero che la mortifera Amanita phalloides è mangiata impunemente da gatti e conigli, così come la cicuta - che portò a morte Socrate - è gradita dalle allodole (vi sono casi di cacciatori avvelenati per avere mangiato allodole che se ne erano cibate), e l'arsenico non danneggia le pecore.

Eppure, il metodo universalmente usato per testare l'eventuale nocività di medicinali o la tossicità di prodotti chimici si basa ancora sugli animali. Milioni di conigli devono mettere a disposizione i loro occhi per provare i cosmetici; ratti, cavie, scimmie e altre specie del mondo animale sono utilizzati in laboratorio per sperimentare nuove molecole. Si tratta di un sistema avversato fortemente - oltre che dagli animalisti - da un gran numero di scienziati: ha portato negli anni passati alla tragedia del talidomide (testato su animali ma rivelatosi poi devastante sui feti umani) e a molte altre come il recente caso londinese del Tgn1412 che, testato su sei giovani volontari dopo l'esito positivo delle prove su svariate specie animali, li ha spediti direttamente in camera di rianimazione.

Chi contesta questo metodo sostiene che, quale che sia la risposta dell'esperimento su animali, esso è solo un alibi per passare - in realtà senza averne ridotto il rischio - alla prova finale sull'uomo. Del resto, il "British Medical Journal" (n. 328 del 28 febbraio 2004) sostiene che le prove sull'uomo si avviano ormai molto spesso senza attendere l'esito dei test su animali, eseguiti solo per obbligo di legge.

Sono molteplici le ragioni per cui le industrie usano ancora i test su animali nelle ricerche tossicologiche. In primo luogo lo fanno perché, nonostante tante evidenze contrarie, questi test sono ancora richiesti dalle leggi per l'autorizzazione delle nuove sostanze. E poi i test su animali permettono, con una scelta accurata della specie da usare, di fornire la risposta più adatta alle esigenze di mercato (risposta che, alla verifica sull'uomo, comporterà i rischi cui abbiamo accennato). In terzo luogo, i test sugli animali consentono a chi produce una sostanza di non essere responsabile per gli eventuali danni (gli stessi che prima hanno rassicurato tutti, citando le prove fatte su animali, si giustificheranno dicendo: «L'animale, si sa, non è sempre attendibile»).

Negli ultimi anni, questa tecnica è sottoposta a critiche sempre più incalzanti. Non solo, come si è detto, da parte di animalisti indignati per le sofferenze inflitte agli animali, ma soprattutto da esponenti della scienza ufficiale che ne stanno riconoscendo tutti i limiti. Il segnale più significativo di questo cambiamento di rotta viene da un editoriale dell'autorevole rivista scientifica "Nature" (10 novembre 2005), in cui si legge che la sperimentazione animale è «cattiva scienza» e che la fine prossima della sperimentazione animale in tossicologia «implicherà un cambiamento verso una scienza migliore».

Riferendosi al regolamento Reach (Regulation, evaluation, authorization of chemicals), in discussione al Parlamento europeo, teso al controllo e alla riduzione delle migliaia e migliaia di sostanze chimiche presenti nell'ambiente e immesse annualmente sul mercato, e in base al quale occorrerà testare 12.500 prodotti, "Nature" scrive che «i test di tossicità sui quali fanno affidamento i legislatori per raccogliere informazioni sono bloccati su metodi da tempo superati, che si basano in grande maggioranza sulla sperimentazione animale, dispendiosamente inutile e spesso ben poco predittiva». E aggiunge, sempre riferendosi a Reach, che oggi si offre «l'opportunità per la tossicologia di diventare infine scienza rispettabile».

A queste dichiarazioni fanno eco importanti esternazioni critiche - tra cui l'intervista al direttore dell'Ecvam Thomas Hartung nel riquadro di pagina 185 - pubblicate su "Scientific American", "New Scientist", "British Medical Journal", sul bollettino ufficiale dei biologi italiani e sulla rivista scientifica "Sapere" (che sul numero di agosto 2006 dedica al tema un intero dossier).

Horst Spielman, tossicologo del Federal Institute for Risk Assessment di Berlino, sostiene che «i test di tossicologia embrionale fatti su animali non sono affidabili per la previsione nell'uomo: quando scopriamo che il cortisone è tossico per gli embrioni di tutte le specie testate eccetto quella umana, che cosa dobbiamo fare?».

Quale potrebbe allora essere il metodo per monitorare le decine di migliaia di prodotti di sintesi, come richiede il progetto Reach, e ridurre finalmente i danni da sostanze chimiche nocive che, come ha testimoniato uno studio del Wwf basato sugli esami del sangue di decine di volontari, avvelenano i nostri organismi e sono la principale causa dell'insorgere di malattie? I progressi della genetica e della tossicologia molecolare hanno portato alla recente diffusione di numerosi nuovi metodi d'indagine. Il più promettente è oggi la tossicogenomica, che consente di osservare il modo in cui una sostanza altera la funzione dei geni nella cellula umana, la risposta biologica e le reazioni che ne conseguono, oltre alle modifiche a lungo termine. La tossicogenomica avrebbe il grande vantaggio, come sostengono i biologi capitanati da Claude Reiss, tossicologo molecolare e direttore di ricerca emerito del Cnrs di Parigi, non solo di garantire risultati altamente predittivi per l'uomo, ma anche di essere molto meno costosa, straordinariamente più rapida e di non richiedere l'uso di animali.

A differenza della sperimentazione animale, la tossicogenomica, promossa dalla Fda e dall'Epa, i principali organismi di controllo americani, è inoltre in grado di valutare gli effetti di più sostanze combinate. È in grado, in altre parole, di rendere il regolamento Reach realmente efficace. È per questo che nel testo di Reach attualmente in discussione al Parlamento europeo, è stato introdotto un emendamento, preparato dai Comitati scientifici equivita (italiano), Antidote Europe (francese) e Europeans for medical progress (inglese), sostenuto dal Wwf Italia e da Greenpeace Francia, in cui si prevede che «l'informazione sulle proprietà intrinseche delle sostanze, specialmente per quanto riguarda la tossicità nell'uomo, saranno acquisite con mezzi diversi dai test su animali vertebrati, in particolare usando modelli di relazioni qualitative e quantitative, oppure con la tossicogenomica».

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