Vinceremo noi. E il giorno in cui il nostro rover camminerà sulla Luna sarà festa nazionale". È entusiasta e competitiva Amalia Ercoli Finzi, come si addice al capitano di una squadra. Grande nome della ricerca spaziale italiana, oggi Finzi guida una cordata di gruppi universitari e industriali italiani in una nuova impresa di conquista della Luna. Team Italia è una delle 29 squadre concorrenti per il Google Lunar X Prize che, con il contributo di Google, mette in palio 20 milioni di dollari (di finanziamenti privati) per chi entro il 2015 riuscirà a mandare sulla Luna un robot spaziale, a farlo muovere per almeno 500 metri e a fargli inviare a Terra dati e immagini.
La sfida è duplice: tornare sulla Luna per cercare di conoscerla meglio e farlo al di fuori delle missioni delle agenzie spaziali nazionali o internazionali. "Ci sono state tante missioni lunari e dal punto di vista tecnologico siamo abbastanza avanzati, ma il lavoro è appena cominciato", precisa Finzi, esperta di volo spaziale del Politecnico di Milano: "Per esempio, sappiamo davvero poco della distribuzione di acqua sulla Luna: una risorsa fondamentale per un'eventuale base, e che sembra effettivamente presente in alcuni crateri, sotto forma di ghiaccio".
E non manca un elemento pratico: considerato che il nostro satellite è ricco di materiali rari sulla Terra, utili per l'elettronica, le celle solari, la ricerca sulla fusione nucleare.
Per il capo di Team Italia, però, la seconda sfida è ancora più entusiasmante: "Si tratta di dimostrare che con l'aiuto dei privati si possono realizzare missioni spaziali a costi molto più bassi rispetto a quelli necessari per le grandi agenzie". Una missione lunare tradizionale richiederebbe una decina d'anni di progettazione e almeno 500 milioni di euro. La competitività innescata dai privati, invece, dovrebbe ridurre sia tempi sia costi: si parla di 100 milioni di euro a missione. Chiaro che è molto di più da quanto messo in palio dal premio, che nei fatti è da solo come un contributo spese: nessuno partecipa per quello, ma perché in palio c'è una nuova era dell'esplorazione lunare: l'era 2.0, come la definiscono gli organizzatori della sfida, con singoli gruppi a muoversi nello spazio, più missioni e quindi più conoscenze e opportunità di business.
La squadra raccoglie ricercatori dei politecnici di Milano e Torino, dell'Università Sapienza di Roma e della Federico II di Napoli, oltre alle industrie Thales Alenia Space e Carlo Gavazzi Space. Finzi non vuole raccontare troppo del progetto - che in suo onore si chiama Amalia: Ascensio Machinae Ad Lunam Italica Arte. "Abbiamo pensato a un sistema combinato lander, la navicella deputata all'allunaggio, più rover, il robot che si sposterà sulla superficie e raccoglierà dati e immagini". Sarà un rover tradizionale, con un rover di scorta a forma di ragno. Quando tutto sarà pronto, si affitterà un razzo lanciatore per mandare in orbita il sistema. Impossibile saperne di più.
E i concorrenti? Per cercare di individuare chi guida la corsa, Michael Doornbos, un consulente americano per la sicurezza tecnologica, ha intervistato i componenti di alcune squadre (non tutte hanno dato disponibilità), stilando una sorta di classifica basata su vari parametri tra cui i fondi raccolti, l'innovazione del progetto, la connessione con l'industria. Al primo posto figura la company americana Astrobotic, che ha già prenotato un lanciatore per il dicembre 2013. Chiediamo ad Amalia Ercoli Finzi se la classifica la preoccupa. Risposta secca: "Assolutamente no. Ne ho visti tanti annunciare progetti grandiosi e poi sparire nel nulla".