La collezione è da palmarès: da Andrea Camilleri a Pete Dexter, passando per le grandi firme del giallo italiano (Gianrico Carofiglio, Giancarlo De Cataldo e Mimmo Rafele, Giorgio Faletti, Marco Malvaldi) e mondiale (Alicia Giménez Bartlett, Anne Holt, Esmahan Aykol, Fred Vargas). È un'antologia dei migliori romanzi degli ultimi anni quella che "l'Espresso" e "la Repubblica" propongono ai lettori con la collana "Noir", a partire dal primo luglio e fino al 2 settembre.
Una lettura rilassante, "da spiaggia"? Sì, ma non solo. Perché il giallo con il passare degli anni si è appropriato sempre più di un ruolo di vera critica sociale e di conoscenza di ambienti vicini o esotici: un ruolo che fino a poco tempo fa veniva riconosciuto solo ai romanzi "seri", non alla narrativa di genere. E mentre oggi i giallisti americani si lasciano andare a quadri sempre più violenti della società, con delitti splatter e trame sempre più sanguinolente, gli europei continuano a preferire storie che mostrano uno spaccato della società: dove tra il bene e il male ci sono molte sfumature, una più inquietante dell'altra.
Il "giallo" è un genere che è cambiato profondamente negli anni. Il giallo classico inglese era un gioco intellettuale che si divertiva a portare la cronaca nera in quegli ambienti dell'alta società in cui - come spiegava genialmente Michael Crichton nella sua ricostruzione della "Grande rapina al treno" - per un pregiudizio classista dell'epoca, che in fondo ancora oggi ha il suo peso, il delitto non aveva diritto di cittadinanza. Le storie orgogliosamente "d'evasione" di Agatha Christie e soci si tenevano alla larga da ogni rischio di denuncia psicologica o sociale grazie ad alcune precise regole non scritte che evitavano ogni coivolgimento personale del lettore: il morto in fondo se l'era cercata, l'assassino era un cattivo che meritava di essere scoperto e arrestato, e il delitto si consumava con il minimo indispensabile di cattiveria e senza troppo sangue. Tre pilastri che con gli anni sono crollati.
Prima sono arrivati gli americani a inanellare una serie di vittime che spezzano il cuore del lettore: avete presente la ragazzina che viene uccisa in "Mystic River" (da "La morte non dimentica" di Dennis Lehane), quella che Clint Eastwood accarezza con la cinepresa mentre balla sul bancone di un bar? Solo dopo che il lettore o lo spettatore si sono affezionati a lei, l'autore fa entrare in scena l'assassino: un colpo basso che i lettori di Agatha Christie non hanno mai rischiato. Come non hanno mai rischiato un graffio i bambini che comparivano nelle trame dell'epoca. Oggi è il contrario: appena un bambino fa capolino in un giallo, il lettore lo vede e lo piange.
A far fuori il secondo pilastro su cui si fondava il giallo classico hanno pensato gli scandinavi. Prendete Karin Fossum, una maestra del giallo psicologico che in Italia è conosciuta soprattutto per un suo libro trasposto nella Pianura padana, "La ragazza del lago". Nell'originale ("Lo sguardo di uno sconosciuto"), come in tutti i suoi romanzi, l'assassino in fondo non è cattivo, anzi: è una persona talmente perbene, anche se imperfetta, che il lettore può arrivare a identificarsi con lui. E questo è l'orrore assoluto, la terribile scoperta da cui il giallo americano di oggi e gli scandinavi "americanizzati" alla Stieg Larsson - con i loro serial killer psicopatici e assetati di sangue - si tengono a distanza di sicurezza. Quei mostri da Guinnes della cronaca nera con i loro delitti sempre più splatter sono, a pensarci bene, molto più tranquillizzanti degli assassini della porta accanto che popolano i gialli europei. Che non a caso cercano sempre più spesso delle ambientazioni quotidiane in cui il lettore si sente di casa.
A far sentire a casa il lettore di gialli sono da sempre gli investigatori. E se i soliti scandinavi ormai eccedono nel rendere umani i loro campioni d'acume - possibile che nell'intera Scandinavia non ci sia un investigatore che non sia divorziato, depresso e alcolizzato? - c'è un filo rosso che lega Sherlock Holmes, Poirot, Maigret e il commissario Montalbano. Che è particolarmente umano nel romanzo che apre la collezione, "Il sorriso di Angelica", in edicola il primo luglio. Qui Andrea Camilleri intesse intorno al suo personaggio più famoso una trama che unisce un enigma investigativo - una serie di furti apparentemente inspiegabili - e una fascinazione prima intellettuale e poi fisica. Il nostro eroe che incontra un'Angelica che sembra l'incarnazione di quella dell'Ariosto, e perde la testa al punto da credere che anche Livia possa capire la sua passione per quella donna che "aviva un sorriso che era come 'na lampadina da cento che s'addrumava 'mprovisa nello scuro". E su questo il lettore è più sveglio di Montalbano: perché capisce prima di lui come andrà a finire.
Cultura
1 luglio, 2011Si inizia oggi con Camilleri. Seguiranno tanti altri, da Carofiglio a Faletti, da De Cataldo a Miavaldi. Ogni venerdì, fino a settembre, gialli e noir allegati al nostro settimanale in edicola
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