Da bambino sognava di essere un campione di pattinaggio poi ha scoperto il teatro ed è diventato un attore famoso. Meglio: l'interprete italiano più richiesto e apprezzato del nostro cinema, soprattutto dopo il successo internazionale di "Vincere". Filippo Timi, Filo per gli amici, classe 1974, è però anche autore teatrale, regista, poeta e romanziere di successo. L'autobiografia "Tuttalpiù muoio", scritta a quattro mani con Edoardo Albinati è ormai un classico. Entro la fine dell'anno darà alle stampe un nuovo libro per la Fandango. Talento multiforme. Sarà per questo che il cinema non gli basta. Anche se a settembre sarà al Festival di Venezia con due film "Quando la Notte" di Cristina Comencini e "Ruggine" di Daniele Gaglianone. E poi nel ruolo di un porno attore nella commedia sexy "3D" di Fausto Brizzi sugli schermi a dicembre. Ma il primo amore non si scorda mai. Dopo il divertente "Giulietta e Romeo", la sua traduzione in vernacolo del capolavoro shakespeariano (sottotitolo "Mengolfi l'core amore"), presentato al Festival di Spoleto, l'artista perugino tornerà in teatro a novembre con "Favola", commedia anni Cinquanta di cui è autore, regista e protagonista con tanto di tacchi a spillo e ceretta. E intanto già pensa al progetto di un musical. Passione, talento e mille progetti. Addirittura due provini nello stesso giorno come gli capitò anni fa con Marco Bellocchio ("Vincere") e Gabriele Salvatores ("Come Dio comanda"). Così Timi sbarca al Lido con due film in concorso: e due film diversissimi: una storia d'amore e quella di un orco. Un orco al di sopra di ogni sospetto, com'è il personaggio di "Ruggine" il lavoro di Gaglianone, dal romanzo di Stefano Massaron, prodotto da Fandango con Rai cinema. Ambientato alla fine degli anni Settanta nella periferia di una città del Nord, racconta la storia di tre bambini - Carmine, Cinzia e Sandro - figli di immigrati dal Sud, compagni di giochi e spensieratezza, finché la tragedia di due bambine stuprate e uccise non spezza l'innocenza della loro infanzia. Oltre a Timi nel cast figurano Stefano Accorsi, Valerio Mastandrea, Valeria Solarino.
Lei recita nel ruolo del dottor Boldini, un medico, una figura dalla doppia faccia...
"L'idea che il mostro possa celarsi dentro ognuno di noi e incarnarsi anche nel tipo più rispettabile è stata il filo conduttore del mio lavoro. Il fatto terribile è che questo tipo di mostruosità colpisce l'infanzia. Puoi uccidere come Hitler l'innocenza di un popolo, in questo caso uccidi l'innocenza di un bambino, quindi di un'intera famiglia, di una generazione".
Come si è confrontato con il Male?
"Non giudico mai i miei personaggi: in questo caso ho provato a renderlo umano anche nell'orrore".
Tecnicamente come ha fatto?
"È stato fondamentale pensare che quei bambini fossero me stesso. Che desiderassi uccidere attraverso di loro il dolore che mi faceva essere quello che ero. Altrimenti sarebbe stato impossibile affrontare una simile cecità. Perché bisogna essere ciechi per non vedere l'abisso in cui si sprofonda quando si profana un'innocenza".
Il rapporto con i bambini?
"Tra una pausa e l'altra siamo diventati amicissimi, sempre insieme a farci scherzetti e a ridere. Giocando gli spiegavo: guardate ora cercherò di spaventarvi. Poi al ciack provavo a mettergli paura per davvero. Ma con la loro complicità".
Tutt'altra storia invece "Quando la notte", il film tratto dal suo romanzo che Cristina Comencini porta a Venezia. Qui lei interpreta una guida di montagna: un uomo chiuso che è stato abbandonato da moglie e figli e incontra Claudia Pandolfi, una giovane madre in vacanza con il suo bambino.
"Una storia d'amore direi quasi biblica: protagonisti un uomo, una donna, la montagna, un bambino. Rapporti essenziali fatti di silenzi, di sguardi. Una fatica micidiale. La sera rientravo distrutto, ero costretto a guardare almeno un'ora di Simpson per addormentarmi".
Due mesi e mezzo di riprese a Macugnaga, sulle pendici del Monte Rosa: una sfida impegnativa per un attore?
"Sarà che eravamo tutti nella stessa situazione di isolamento ma l'affiatamento che si è creato sul set tra me e Claudia è stato fantastico. Empatia totale. E poi c'era la montagna, che da un lato ti protegge e dall'altro ti soffoca con la sua bellezza. Ho scoperto che un ghiacciaio, un cima spazzata dal vento, sono lo specchio di sentimenti profondi, impossibili da esprimere a parole".
L'incontro con Cristina Comencini?
"Tre audizioni, non finivano più. L'ultima stavo per dirle: senti o mi prendi oppure finiamola qui...".
Esigente?
"Di più! Ma anche in questo caso alla fine è nata una sintonia totale. Se un regista ti sceglie dopo tre provini è perché è scattato davvero qualcosa".
Cosa le piace di più del suo mestiere?
"Interpretare ruoli estremi ti dà la possibilità di vivere sentimenti che non proveresti altrimenti. Immergersi in certe condizioni è una gioia. Ma se non vuoi prendere in giro il pubblico ci devi credere fino a star male. Per questo penso che i grandi attori non siano "bravi": essere attori è un voto. Resto fedele alla lezione di Carmelo Bene: l'attore deve usare il teatro e il cinema non per recitare ma per vivere davvero emozioni estreme".
Cultura
5 settembre, 2011Eremita innamorato per Cristina Comencini. Orco assassino per Daniele Gaglianone. L'attore di "Vincere" racconta i suoi due film in concorso
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