Cultura
21 ottobre, 2013

Nelle istituzioni e nelle università inglesi sono in molti a pensare che il sistema di Common Law non sia più adatto alle esigenze contemporanee. E così è nata una campagna per creare una carta costituzionale in crowdsourcing

Gran Bretagna, la nuova Costituzione sarà scritta su Internet?

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Scrivere una Costituzione da zero via Internet, e farla scrivere dai cittadini in rete. Ci ha provato recentemente l'Islanda, fallendo. Ma i ricercatori della London School of Economics non demordono: a otto secoli dalla Magna Carta del 1215, il documento che per la prima volta ha limitato l'arbitrio del sovrano e che nel tempo è divenuto un punto di riferimento per le norme costituzionali nel mondo anglosassone, è ora di dotare la Gran Bretagna di una Costituzione scritta vera e propria.

Fatta dai cittadini per i cittadini. E discussa, elaborata e stesa online. A oggi, infatti, c'è solamente una raccolta di leggi, trattati, sentenze inadeguata per trasmettere quali siano i valori fondamentali del Paese in un momento di trasformazione e sfide epocali come quello che stiamo vivendo – dal rapporto con l'Europa alla crisi finanziaria.

La cosiddetta Costituzione «non scritta», insomma, non basta più. O almeno, così crede Conor Gearty, direttore dell'Institute of Public Affairs dell'università londinese e promotore dell'iniziativa insieme al dipartimento di Legge, al Public Policy Group e a Democratic Audit, l'unità di ricerca interna all'istituto dedicata a promuovere i valori democratici nel contesto britannico.

È stato lui a fare gli onori di casa nel primo incontro dedicato a lanciare il progetto, lo scorso 8 ottobre. Un momento importante per capirne le modalità di funzionamento anche in futuro: discussioni sui canali Facebook, Twitter e YouTube dell'iniziativa, sul sito constitutionuk.com e tramite incontri faccia a faccia con esperti della materia, docenti e parlamentari.

In quella occasione, tra tweet e interventi in aula, si sono già svolte le prime votazioni. Su tutte, quella sulla convinzione di Gearty: ma davvero il Regno Unito ha bisogno di una Costituzione scritta? I partecipanti, 200 circa, hanno risposto dividendosi ugualmente tra favorevoli e contrari (41% ciascuna parte).

Interessante poi la modalità con cui si è svolto il dibattito sulle altre questioni da porre al voto: se tra i principi della nuova carta costituzionale – questo è in discussione, nella fase attuale - tutti meritino di essere trattati allo stesso modo e se l'unità fondamentale della società britannica debba essere l'individuo o la famiglia.

I ricercatori hanno pensato di far prima esprimere i presenti sulla base delle convinzioni con cui erano giunti in sala; poi di sottoporre loro gli argomenti pro e contro le varie ipotesi portati dagli intervenuti sul palco (il deputato laburista David Blunkett, il costituzionalista Richard Gordon, i docenti Carlo Harlow e Lea Ypi), di farli intervenire a loro volta e poi rivotare. A questo modo, sostengono gli studiosi, si può valutare l'impatto della deliberazione.

Che c'è stato eccome: per la prima domanda i 'sì' sono passati dal 70 al 21%, per la seconda prevale l'individuo con una percentuale che salita dal 47 al 71%. Il professor Gearty non si scompone di fronte ai mutevoli umori del pubblico. E, raggiunto dall'Espresso, ripete che devono essere i cittadini e non gli esperti a discutere e redigere la Costituzione. «La competenza va bene», dice, «ma ciò di cui abbiamo bisogno è un misto di esperienze pratiche, intuizione, pregiudizio e conoscenze grezze da uomo della strada».

Quanto allo strumento da utilizzare per consentire la deliberazione online, tutto è ancora da decidere. Tra le opzioni sul tavolo c'è anche Liquid Feedback, il software adoperato dai Pirati tedeschi ma anche da piattaforme italiane come tuparlamento.it di Laura Puppato e il 'Parlamento Elettronico' del MoVimento 5 Stelle Lazio.

«La nostra ambizione», spiega Gearty, «è creare un sistema in cui il pubblico può proporre e votare idee che andranno poi a formare la Costituzione». Possibilmente imparando dall'esperienza islandese, arrestatasi a un passo dal trionfo con l'inaspettata bocciatura da parte del Parlamento del testo steso (anche) su Internet dagli utenti: «Stiamo analizzando le ragioni del fallimento, e cercando di trarne una lezione».

I dibattiti in ogni caso dureranno sei mesi, e culmineranno in un 'Carnival' ad aprile 2014, dove la bozza ottenuta verrà ulteriormente raffinata in un incontro con i cittadini. L'obiettivo è arrivare all'anniversario della creazione della Magna Carta, nel 2015, con una proposta da portare alle istituzioni. «Vogliamo imporre un dibattito sul fatto che non abbiamo una Costituzione formale», ripete Gearty, «e vogliamo farlo con l'aiuto del pubblico – senza fare affidamento solo su giudici, avvocati e politici».

Così, «quando avremo un testo emerso da un misto di crowd-sourcing (interventi «dal basso», ndr) e processi deliberativi», prosegue, «cercheremo di ottenere che sia dibattuto in Parlamento, e a questo modo saremo in grado di capire se ci sia una volontà genuina di rinnovamento costituzionale».

Gli oltre 500 commenti raccolti dall'editoriale sul Guardian con cui il docente presentava l'iniziativa lasciano pensare che i ricercatori della LSE abbiano toccato un nervo scoperto nella società britannica, che del resto è da tempo abituata a partecipare - anche in massa - alla vita democratica tramite la rete. Per esempio, attraverso un portale di petizioni online gestito direttamente dal governo (con 100 mila firme entro un anno la proposta potrebbe venire discussa in Aula). Sarà interessante osservare se e come nei prossimi mesi l'intuizione si tradurrà in risultati concreti.

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