"Mi dispiace, ma io non voglio fare l'imperatore. No, non è il mio mestiere. Non voglio governare, né conquistare nessuno; vorrei aiutare tutti se è possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi, esseri umani, dovremmo aiutarci sempre; dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l'un l'altro. La vita può essere felice e magnifica. Ma noi lo abbiamo dimenticato". E ancora: "l'avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell'odio, ci ha condotto a passo d'oca a far le cose più abiette... Più che macchinari, ci serve umanità. Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Voi non siete macchine, voi non siete bestie, siete uomini.
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Voi avete l'amore dell'umanità nel cuore". Termina con questo discorso appassionato e toccante "Il grande dittatore", capolavoro di Charlie Chaplin, di ritorno al cinema da lunedì 11 gennaio restaurato dalla cineteca di Bologna.
Uscì nelle sale settantacinque anni fa: fu il primo sonoro dell'ex Charlot, ma per il debutto italiano bisognò attendere il 1949, con una versione tagliata. La storia la conosciamo tutti: c'è un colossale Chaplin che sbeffeggia il nazismo all'apice della sua potenza, nel pieno di una guerra mondiale dagli esiti imprevedibili, vestendo i panni nevrotici e infantili e doppi di un barbiere e del suo sosia Adenoyd Hynkel, führer di Tomania (parodia di Adolf Hitler). Al suo fianco, lanciato a rotta di collo verso l'apocalisse, Benito Mussolini alias Bonito Napoloni, duce di "Batalia".
Una satira corrosiva che non è invecchiata di un millesimo, ricca di scene che hanno fatto la leggenda della settima arte, su tutte quella in cui Hynkel-Hitler gioca e volteggia con la palla-mondo al ritmo di Wagner finché non gli esplode tra le mani. Al centro della riflessione, l'elemento tragicomico connaturato a ogni potere che si pretende assoluto. E poi c'è quel discorso. Quell'inno incredibile alla libertà e alla fratellanza universale.
Quell'appello emozionante alla speranza e alla rinascita pronunciato nel maelstrom del novecento, nonostante tutto. "Le nuvole si diradano: comincia a splendere il sole. Prima o poi usciremo dall'oscurità verso la luce e vivremo in un mondo nuovo. Un mondo più buono in cui gli uomini si solleveranno al di sopra della loro avidità, del loro odio, della loro brutalità. L'animo umano troverà le sue ali e finalmente comincerà a volare, a volare sull'arcobaleno verso la luce della speranza, verso il futuro. Il glorioso futuro che appartiene a te, a me, a tutti noi".
Summa della visione del mondo di Chaplin, che conoscerà l'onta del maccartismo; coraggioso e attuale allora, come ancora oggi, il discorso del suo finto führer è tra i più indimenticabili della storia del cinema e di quella tout-court. Parole dette in pubblico dall'oratore giusto nel momento giusto, senza tastiere o schermi protettivi.
Discorsi e monologhi capaci di scuotere le coscienze e di cambiare per sempre il comun sentire, o il corso stesso degli eventi. Ne rievochiamo di seguito qualcuno, tra i più memorabili. Verba volant, ma le trascrizioni e le registrazioni video manent.
Da "I Cento Passi" al dialogo con la morte secondo Ingmar Bergman; dai fratelli Kennedy a Malala passando, inevitabilmente, per Martin Luther King e Steve Jobs. Mancano dal vibrante elenco il discorso alla nazione di Bill Clinton del 1998 sull'affaire Monica Lewinsky; la discesa in campo a videocassette unificate di Silvio Berlusconi nel 1994; la chiamata in correità fatta due anni prima da Bettino Craxi al Parlamento riunitosi in sessione plenaria. Ma questi sono ben altri discorsi e storie.
Cinema.
Da "I cento passi" di Marco Tullio Giordana (2000), il discorso sulla bellezza di Peppino Impastato/Luigi Lo Cascio: "Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima; e ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione, ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore".
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La "confessione di Antonius Block" da "Il settimo sigillo", di Ingmar Bergman (1957): "Vorrei confessarmi ma non ne sono capace, perché il mio cuore è vuoto. Ed è vuoto come uno specchio che sono costretto a fissare, mi ci vedo riflesso e provo soltanto disgusto e paura. Vi vedo indifferenza verso il prossimo, verso tutti i miei irriconoscibili simili; vi scorgo immagini d’incubo, nate dai miei sogni, dalle mie fantasie. L’ignoto che m’atterrisce. È impossibile sapere… ma perché non è possibile cogliere Dio coi propri sensi? Per quale ragione si nasconde dietro mille e mille promesse e preghiere sussurrate e incomprensibili miracoli? Perché io dovrei avere fede nella fede degli altri? E cosa sarà di coloro i quali non sono capaci né vogliono avere fede?...Lo chiamo e lo invoco e se Egli non risponde io penso che non esista. Ma allora la vita non è che un vuoto senza fine? Nessuno può vivere sapendo di dover morire un giorno, come cadendo nel nulla, senza speranza".
Da "Manhattan" di Woody Allen (1979): “Beh, devo essere ottimista. Va bene, dunque, perché vale la pena di vivere? Ecco un’ottima domanda. Beh, esistono al mondo alcune cose, credo, per cui valga la pena di vivere. E cosa? Ok. Per me… io direi il buon vecchio Groucho Marx tanto per dirne una, e Joe DiMaggio e il secondo movimento della sinfonia Jupiter... Louis Armstrong, l’incisione Potato Head Blues… i film svedesi naturalmente...L’educazione sentimentale di Flaubert... Marlon Brando, Frank Sinatra, quelle incredibili mele e pere dipinte da Cézanne, i granchi da Sam Wo, il viso di Tracy... il viso di Tracy”.
Da "The Big Kahuna" di John Swanbeck (2000: nel cast Kevin Spacey e Danny DeVito): "Non preoccuparti del futuro. Oppure preoccupati ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un’equazione algebrica. I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate per la mente, di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio. Fa’ una cosa ogni giorno che sei spaventato: canta! Non essere crudele col cuore degli altri. Non tollerare la gente che è crudele col tuo. Non perdere tempo con l’invidia: a volte sei in testa, a volte resti indietro. La corsa è lunga e, alla fine, è solo con te stesso. Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti. Rilassati! Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita. Le persone più interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita. I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno... Sii cauto nell’accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa. I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga. Ma accetta il consiglio, per questa volta”.
Morgan Freeman in "Le ali della libertà" (1994): "O fai di tutto per vivere, o fai di tutto per morire. Io ho scelto di vivere. E per la seconda volta in vita mia ho commesso un crimine: ho violato la libertà condizionata. Non credo che metteranno dei posti di blocco per questo, non per un vecchio come me. Sono così eccitato che non riesco a stare seduto, né a concentrarmi su qualcosa. Credo sia l'emozione che solo un uomo libero può provare. Un uomo libero all'inizio di un lungo viaggio la cui conclusione è incerta. Spero di farcela ad attraversare il confine. Spero di incontrare il mio amico e stringergli la mano. Spero che il Pacifico sia azzurro come nei miei sogni. Spero".
Totò-Fra' Ciccillo in "Uccellacci, uccellini" di Pasolini (1966): "Laudato sii o mio Signore per questo santo mondo, che ce ponno campà tutti, pure quelli che non vonno. Beata l'erba fresca, l'ortica, la cicoria, e chi se la magna che Dio l'abbia in gloria. E guai a quelli che moriranno nei peccati mortali, che mi dispiace tanto vedere questi brutti funerali. Laudato sii o mio Signore per la contentezza che sta nei nostri cuori e perché tutto quello che ci dai, son rose e fiori".
Politici
John Kennedy, "Ich bin ein Berliner" ("Io sono un berlinese"), 1963: "Duemila anni fa, il più grande orgoglio era dire "civis Romanus sum". Oggi, nel mondo libero, il più grande orgoglio è dire "Ich bin ein Berliner". Ci sono molte persone al mondo che non capiscono, o che dicono di non capire, quale sia la grande differenza tra il mondo libero e il mondo comunista. Che vengano a Berlino. Ce ne sono alcune che dicono il comunismo è l'onda del progresso. Che vengano a Berlino. Ce ne sono alcune che dicono, in Europa come altrove, che possiamo lavorare con i comunisti. Che vengano a Berlino. E ce ne sono anche certe che dicono che sì il comunismo è un sistema malvagio, ma permette progressi economici. Che vengano a Berlino. La libertà ha molte difficoltà e la democrazia non è perfetta. Ma non abbiamo mai costruito un muro per tenere dentro i nostri, per impedir loro di lasciarci... il Muro è una offesa non solo contro la storia, ma contro l'umanità; separa famiglie, divide i mariti dalle mogli e i fratelli dalle sorelle; divide un popolo che vorrebbe stare insieme. Ogni uomo libero, ovunque viva, è cittadino di Berlino".
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Robert Kennedy, "Discorso sul Pil" (1968): "Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo. Il Pil comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari... Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago... Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari... Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta".
Winston Churchill, “Sangue, Fatica, Lacrime e Sudore” (1940, il suo primo speech da primo ministro): "Dico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a noi la più terribile delle ordalìe. Abbiamo davanti a noi molti, molti mesi di lotta e sofferenza. Voi chiedete: qual è la nostra linea politica? Io rispondo: fare la guerra per terra, mare, aria. Guerra con tutta la nostra potenza e tutta la forza che Dio ci ha dato, e fare la guerra contro una mostruosa tirannia insuperata nell'oscuro e doloroso catalogo del crimine umano. Questa è la nostra linea politica".
Sandro Pertini, "Messaggio di fine anno" (1978): "I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo. È con questo animo quindi, giovani che mi rivolgo a voi: ascoltatemi vi prego: non armate la vostra mano. Armate il vostro animo. Non ricorrete alla violenza, perché la violenza fa risorgere dal fondo dell'animo dell'uomo gli istinti primordiali, fa prevalere la bestia sull'uomo e anche quando si usa in stato di legittima difesa essa lascia sempre l'amaro in bocca. Vi mettereste in una strada senza ritorno. Diventereste degli uomini in ginocchio, mentre io vi esorto ad essere sempre degli uomini in piedi".
Il Dio delle piccole grandi cose
Papa Giovanni XIII, "Discorso alla Luna" (1962). "Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la Luna si è affrettata stasera. Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo... Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: “Questa è la carezza del Papa”".
Malala, discorso alle Nazioni Unite nel giorno del suo sedicesimo compleanno (2013): “Gli estremisti avevano e hanno paura dell’istruzione, dei libri e delle penne. Hanno paura del potere dell’istruzione. Hanno paura delle donne. Il potere della voce delle donne li spaventa. Perché hanno avuto e hanno paura del cambiamento, dell’uguaglianza che essa porterebbe nella nostra società... I talebani hanno paura dei libri perché non sanno che cosa c’è scritto dentro. Pensano che Dio sia un piccolo essere conservatore che manderebbe le bambine all’inferno soltanto perché vogliono andare a scuola... Queste sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un maestro, una penna e un libro possono fare la differenza e cambiare il mondo".
Contro il razzismo
Martin Luther King, “I Have a Dream” (1963): "Io ho un sogno, che un giorno questa nazione sorgerà e vivrà il significato vero del suo credo: noi riteniamo queste verità evidenti di per sé, che tutti gli uomini sono creati uguali. Ho un sogno, che un giorno sulle rosse montagne della Georgia i figli degli ex schiavi e i figli degli ex padroni di schiavi potranno sedersi insieme alla tavola della fraternità. Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, dove si patisce il caldo afoso dell’ingiustizia, il caldo afoso dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e di giustizia. Ho un sogno, che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in cui non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per l’essenza della loro personalità...".
Nelson Mandela, "Discorso d’insediamento" (1994): "Siamo invasi da un senso di gioia ed euforia quando l'erba diventa verde e i fiori sbocciano. L'unità spirituale e fisica che tutti noi condividiamo con la nostra terra spiega l'entità del dolore che tutti noi portavamo nei nostri cuori nel vedere il nostro Paese che si autodistruggeva in un conflitto terribile; nel vederlo ripudiato, bandito e isolato dai popoli della Terra, precisamente perché era diventato la base universale di un'ideologia perniciosa, di pratiche e di oppressione razziste. Confidiamo che resterete al nostro fianco mentre affronteremo la sfida di costruire una società pacifica, prospera, non sessista, non razzista e democratica. È giunta l'ora di rimarginare le ferite...Una nazione di tutti i colori, in pace con se stessa e con il mondo. Il sole non tramonterà mai su una conquista umana tanto gloriosa".
Stay hungry, Stay foolish
Steve Jobs (2005): "Dovete trovare ciò che amate. È questo è tanto vero per il vostro lavoro quanto per chi vi ama. Il lavoro riempirà gran parte della vostra vita e l'unico modo per essere veramente soddisfatti è quello di fare quello che pensate sia il lavoro migliore. E l'unico modo per fare il lavoro migliore è quello di amare quello che fate. Se non lo avete ancora trovato, continuate a cercare. Non vi fermate. Come tutti gli affari di cuore, lo saprete quando lo troverete. E, come nelle migliori relazioni, diventerà sempre migliore al passare degli anni. Quindi, continuate a cercarlo fino a quando non l'avrete trovato. Non fermatevi... Il vostro tempo è limitato, quindi non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altri. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui lasci affogare la vostra voce interiore."Siate affamati, siate folli". Restare affamato. Restare folle. Me lo sono sempre augurato. E ora che state per laurearvi, lo auguro a voi. Siate affamati. Siate folli".
Cultura
7 gennaio, 2016Da lunedì 11 gennaio torna in sala in versione restaurata "Il grande dittatore" di Charlie Chaplin. Con quell'appello emozionante alla speranza e alla rinascita pronunciato in uno dei momenti più bui del secolo scorso. Nell'occasione, ripercorriamo i discorsi più importanti del Novecento
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