“Il problema è che in Germania ormai arrivano troppi stranieri”. “Gli africani che arrivano qui hanno un quoziente intellettivo di 40 o 50, mentre il nostro è di almeno 80”. “Purtroppo a causa di quella macchia nella nostra Storia, non possiamo più dire ciò che pensiamo. Ma io sono sempre stato dalla parte della destra e bisogna essere risoluti”.
Sono solo alcune delle agghiaccianti frasi che i tedeschi intervistati rivelano candidamente in Lui è tornato, il film evento che arriva nei nostri cinema dal 26 al 28 aprile (le sale sono visibili qui) dopo avere sbancato i botteghini in patria (il film è presente anche nel catalogo streaming di Netflix).
Non sarebbero frasi particolarmente sorprendenti, visto che rivelano la paura diffusa nell’Europa stretta tra crisi economica, il problema dell’immigrazione e quello del terrorismo di matrice islamica, se non fosse che a ricevere le confessioni è Adolf Hitler.
O meglio Oliver Masucci, l’attore che interpreta con eccellente grado di realismo il “Lui” del titolo e se ne va accompagnato da una troupe in giro per la Germania a vedere che effetto farebbe alla gente se il Führer tornasse indietro dall’oblio. “La gente mi ha abbracciato, una donna ha detto di amarmi ed un’altra mi ha detto che le facevo paura”, ha dichiarato l’interprete riferendosi alle prime scene del film in cui un Hitler frastornato barcolla davanti alla Porta di Brandeburgo nella sua nazione che non riconosce più, e viene accolto con simpatia dalla folla. Tra i tanti che si fanno un selfie con la Storia spicca anche un gruppetto di turisti italiani che esibisce il saluto fascista al grido di “camerati”.
“La nostra idea è stata di portare il nostro Hitler in giro per parlare delle sue idee con le persone e capire se nel panorama politico di oggi avrebbe una chance”, ha detto il regista David Wnendt “e la triste scoperta è che purtroppo la avrebbe”. Il film immagina appunto che Adolf Hitler si risvegli nel luogo in cui si trovava il suo bunker nella Berlino di oggi e una volta scoperto di essere nell’anno 2014 cerchi di riprendere in qualche modo le redini della nazione allo sbando, dove come dice lui la gente “utilizza un mezzo potenzialmente grandioso per la propaganda come la tv per guardare dei cuochi cucinare” e in cui “non capisce come il popolo non prenda in mano un forcone per andare davanti al Parlamento a protestare contro i politici che sono solo capaci di rubare”.
Tra i bersagli la Merkel, che viene bollata dal Führer come una “donna goffa con l’appeal di uno spaghetto scotto”, ma anche quelli che hanno accettato di apparire nella pellicola, come Tobias Peterka del partito di destra intellettuale Alternative für Deutschland, che nel film continua a parlare nonostante Hitler si addormenti sulla sua spalla di fronte alle sue parole vuote, o Karl Richter del partito di estrema destra Nationaldemokratische Partei Deutschlands che dopo avere chiesto di spegnere la telecamera ammette: “Se Hitler fosse qui veramente lo seguirei”.
La pellicola che è girata mescolando fiction e candid camera alla Borat è tratta dal romanzo omonimo scritto da Timur Vermes che in Germania ha sfondato la soglia del milione di copie vendute e in Italia è edito da Bompiani.
“La nostra nazione non è solo quel che si vede nel film, ma abbiamo incontrato davvero molte persone che vedono in Hitler ancora una guida morale. E la crisi che stiamo vivendo ha molte analogie con quanto accaduto negli anni ‘30”, ha spiegato il regista. Così tra neonazisti vegani e nostalgici dei campi di lavoro, Lui è tornato rivela il ruolo fondamentale dei mass media, vecchi e nuovi, nel fomentare la fobia del diverso e nel costruire la carriera di politici che invocano il ritorno di un leader forte, ma che lo stesso protagonista nel film sbeffeggia come smidollati di fronte al Male assoluto che lui rappresenta.
Il film dice che Hitler ritornato non si sa come in vita 71 anni dopo la sua morte (l’anniversario cadrà il 30 aprile) otterrebbe un programma televisivo, diventerebbe una star di Youtube, scriverebbe un secondo Mein Kampf, da cui sarebbe tratto un film. In un mondo capace di trasformare chiunque e qualsiasi cosa in un fenomeno pop. E ucciderlo, come suggerisce lui stesso nel film, non sarebbe possibile: “Perché una parte di me è dentro tutti voi”.
Cultura
20 aprile, 2016Dal 26 al 28 aprile in sala la pellicola di David Wnendt tratta dal best seller di Timur Vermes. In cui il "Lui" del titolo se ne va accompagnato da una troupe in giro per la Germania a vedere che effetto farebbe alla gente se il Führer tornasse indietro dall’oblio
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