L’aveva voluta, lei poco più che trentenne, tra le firme di punta dell’“Europeo”. E poi l’aveva seguita, curata, coccolata. Scrittura brillante, ironia, sensibilità per tutto ciò che si muoveva nella società, Camilla Cederna sembrava possedere la qualità che più affascinava Arrigo Benedetti, artigiano della parola e dell’immagine, inventore del settimanale moderno: la capacità di saltare dalla cronaca alla moda, dal salotto al teatro, di mescolare - come si sarebbe detto più tardi - l’alto e il basso, la cultura e il pop.
Fu del tutto naturale quindi che nel 1955, chiusa l’esperienza dell’“Europeo”, Benedetti la chiamasse accanto a sé anche per la nuova avventura dell’“Espresso”, affidandole pure una rubrica studiata su misura per lei: “La Milanese”. Aveva visto giusto. Per i due si sarebbe aperta una grande stagione, nasceva un connubio intellettuale e giornalistico che avrebbe caratterizzato la vita del nuovo settimanale. E portato alla ribalta sogni, virtù e segreti della capitale morale di un Paese appena uscito dalla guerra e desideroso di tornare a vivere e a sperare: Milano.
Perché questo ricordo? Perché quando abbiamo deciso, dopo il successo al Vittoriano di Roma, di portare anche a Milano la mostra “La nostra storia - Ieri e oggi attraverso le fotografie dell’Espresso” (Palazzo Reale, inaugurazione l’11 luglio, apertura al pubblico dal 12 luglio all’11 settembre), ci siamo resi conto che era opportuno allargare lo spazio dedicato a una città che ha segnato la vicenda politica, economica e culturale del Paese e che questo settimanale ha sempre raccontato con grande attenzione, fin dal debutto. E così, alle nove stanze che contrappuntano il percorso espositivo - C’era una volta il boom; Cadono i muri; Per più diritti; Scandali e misteri d’Italia; La rabbia, la rivolta, il piombo; L’Italia delle mafie; Da Mani pulite all’antipolitica; Il terrore cambia il mondo; Salvare l’ambiente – ne abbiamo aggiunta una decima tutta dedicata a “Milano Capitale”, dal boom all’Expo.
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E ci siamo accorti, selezionando quasi 500 immagini, molte originali ed esclusive, scattate da maestri della fotografia e notissimi reporter - da Nick Ut a Dana Stone, da Mauro Vallinotto a Gilles Caron, da Letizia Battaglia a Uliano Lucas, Massimo Vergari, Angelo Palma, Franco Zecchin, fino ai più giovani Paolo Pellegrin, Fabio Bucciarelli, Simone Donati, Gianni Cipriano, il premio Pulitzer Manu Brabo… - che non stavamo allestendo una retrospettiva né festeggiando i sessant’anni di un combattivo settimanale (debutto in edicola, il 2 ottobre 1955). Piuttosto stavamo rileggendo sessanta e più anni di storia del Paese e del Mondo e celebrando, questo sì, le radici e i valori tuttora intatti di un modo di essere e di fare giornalismo. Con le parole e le immagini.
In questa storia, Milano svolge un ruolo decisivo. Da subito. L’Italia svelata dal giornale è quella spaccata in due di un sud fermo a un secolo prima (memorabili le foto per la grande inchiesta “L’Africa in casa”) e di un nord che corre verso la rinascita, il boom, la libertà di pensiero, il radicale mutamento dei costumi. E “l’Espresso” è lì a registrare ogni novità, soprattutto a Milano, certo la capitale più brillante e reattiva in economia, nella cultura, nell’imprenditoria. Spicca la firma di Camilla Cederna, ma via via a lei si affiancheranno sulle pagine altri milanesi doc o intellettuali che hanno eletto Milano a patria di adozione: Arbasino, Fortini, Oreste del Buono, Umberto Eco, Tullio Pericoli, Giorgio Bocca, Enzo Biagi… E non sono tutti.
Basta sfogliare il giornale e scorrere le immagini per vedere il susseguirsi di tante stagioni e di altrettante Milano: il Piccolo Teatro di Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Valentina Cortese; l’altro teatro di Fo & Rame; la Scala di Callas e Carla Fracci; il “Giorno” e il “Corriere della Sera”; i libri di Mondadori, Rizzoli, Bompiani, Feltrinelli; le grandi case discografiche di Milva, Celentano e Gaber; la Borsa, la finanza e l’impresa in guerra con la razza padrona vivisezionata da Eugenio Scalfari e Peppino Turani; le radio private e poi le prime tv, protagonista indiscusso Silvio Berlusconi, che agli esordi si fa fotografare da Alberto Roveri con una pistola posata sul tavolo... Poi la Milano da bere, le scorribande di Silvio e Bettino, la ferita di Mani Pulite. Fino alla rinascita politica (Giuliano Pisapia, Beppe Sala) e alla riconquista di un posto centrale nell’Italia e nel mondo: oggi qui hanno sede i grandi della moda e del design, i protagonisti della finanza, gli chef stellati, le università di eccellenza. Intanto, con l’occasione dell’Expo, gran parte della città è stata ridisegnata e rivitalizzata. Un’altra Milano.
Oggi il Mezzogiorno d’Italia non è più “l’Africa in casa” della fine degli anni Cinquanta, ma certo il divario con il resto del Paese, con le capitali del nord, non è stato affatto sanato e nuove criticità sono emerse. Anzi, nel ripercorrere le stanze della mostra, fortissimo appare il divario tra i sogni, i progetti, gli impegni di sessant’anni fa e le realizzazioni concrete che ne sono seguite. Resta la speranza che, rileggendo la storia di ciò che è stato fatto e di ciò che è stato disatteso, si abbia la forza di ricominciare.