La compilazione è stata curata da una avvocato cassazionista siciliano, Giuseppe D'Alessandro, che in ogni voce ha precisato le motivazioni delle Corti nelle proprie decisioni. Si tratta di un libro prezioso, perché di fronte ad un giudice anche una parola detta fuori luogo diventa un affare serio.
Però oltre all'aspetto giudiziario, la raccolta è utile per capire come è cambiato il Paese e il suo senso del limite negli ultimi cento anni. Perché le offese sono la dimostrazione più lampante di come il linguaggio cambi con il mutare dei tempi, proprio come le mode e le automobili. Basti pensare a come i nostri nonni arrossivano molto più facilmente di noi di fronte a certe espressioni colorite, quando l'espressione "senso del decoro" aveva ancora un senso.

Sempre a Berlusconi e alle sue giovani frequentazioni dobbiamo l'entrata nell'uso comune di espressioni come "Papi girls" per indicare le donne che fanno carriera grazie alle frequentazioni politiche. Modo di dire che ha spodestato dal podio "Monica Lewinsky" la famosa stagista di Bill Clinton in voga qualche anno prima.
L'Italia si divide anche in questo campo. Paese che vai, insulto che trovi. Il Dizionario è ricco di espressioni puramente dialettali, che rendono ancora più settario l'insulto perchè riconoscibile solo da alcune comunità. Scorrendo l'elenco è evidente come la Campania si aggiudichi un posto d'onore per la fantasia. Non a caso il dizionario si apre e si chiude con due espressioni napoletane.
Scorrendo le pagine ci si rende conto che non tutte le parole sono insulti. Questo perchè a contare non è tanto il verbo quanto l'intenzionalità comunicativa.
Così "questo" se nella lingua italiana appare un pronome inoffensivo, se pronunciato per omettere il nome in senso dispregiativo diventa un'offesa. Dare della "pecorella" ad un pubblico ufficiale oltre che essere da scemi, può causare una condanna per oltraggio. Allo stesso modo "boy scout" se rivolto ad un sindaco costiuisce diffamazione, perché espressione di persona immatura. Buono a sapersi oggi che la politica è piena di ex lupetti.
Così anche un complimento può camuffare un'offesa. "Onesto" se usato con ironia costituisce diffamazione, così come dare dello smilzo ad un obeso è denigratorio o del "giocoliere" ad un politico equivale a dirgli voltagabbana. La spiegazione del perché parole apparentemente neutre si trasformino così facilmente in insulti, la dà Ugo Ojetti in uno dei suoi aforismi: "se vuoi offendere un avversario lodalo a gran voce per le qualità che gli mancano”.
Nel vademecum degli insulti, c'è una parola che torna utile ai politici di oggi avvezzi alle liste di proscrizione e agli attacchi alla libertà di stampa. "Pennivendoli" rivolto ai giornalisti "non solo è offensivo, ma trasborda dal diritto di critica, stante la connotazione inutilmente denigratoria e la sovrabbondanza rispetto al concetto da esprimere". Quindi è punibile. Parola di dizionario.