Un'indagine umoristica tra True detective e Saint-Exupéry. Ecco alcuni estratti dal volume di Adelmo Monachese, uno degli autori di Lercio

Antoine de Saint Exupéry è morto da più di 70 anni: i diritti del suo capolavoro, Il Piccolo Principe, sono scaduti e il volume ha invaso le librerie italiane, instupidendo chiunque lo legga.  Un'improbabile coppia di investigatori indaga sul caso. Adelmo Monachese, storico collaboratore di Lercio, al suo secondo libro, riscrive un classico della letteratura mondiale ibridandolo con i dialoghi della celebrata serie poliziesca True Detective. Il risultato è un'indagine umoristica  con molti richiami alla cronaca italiana contemporanea, una parodia «del classico di Antoine de Saint-Ex... Exalabar... Exansabar... Exuzzibur... Exanscamar... una parodia divertentissima!». Ecco alcuni estratti del libro, edito da Les Flaneurs: 

Nota dell'autore. Un apostrofo riso tra le parole Piccolo Principe

In genere quando mi trovo al punto in cui devo dare un titolo ad un mio scritto applico quello che chiamo “metodo Woody Allen”, caratterizzato principalmente dai seguenti quattro punti: 1) estrema sintesi, 2) onesta aderenza tra quanto annunciato dal titolo e il contenuto della lettura e 3) ferma convinzione che è l’opera a rendere importante il titolo e mai viceversa, fermo restando che 4) la scelta deve essere compiuta con molta cura. Esempio pratico del metodo: nel 2008 Allen gira un film in cui ci sono protagonisti due personaggi: le amiche Vicky e Cristina, il film è ambientato nella terza “protagonista” della pellicola, la sua location: Barcellona. E così tutti noi appassionati del genio newyorkese siamo andati a vedere Vicky Cristina Barcelona. Per intederci.
Nel caso specifico del titolo per questo libro mi ci sono dovuto soffermare più di quanto avessi previsto. Non a causa di una nebbiosa vaghezza di partenza, ho sempre lavorato sotto il tetto di un titolo provvisorio ma, a un certo punto, diventavo consapevole che quel titolo non rispettava almeno uno dei punti del metodo. C’era sempre qualcosa che rimaneva fuori, qualcosa che, al momento compressione, schizzava fuori come le salse di un gustoso panino con l’hambuger riccamente condito.
Se vi sembra una narcisistica masturbazione intellettuale vi chiedo di concedermi il beneficio del dubbio per ancora pochi minuti e, intanto, di empatizzare con questa situazione che mi si presentava in testa: immaginando il potenziale lettore con tra le mani il mio libro appena colto dallo scaffale della libreria (reale o virtuale) dovevo riuscire a fargli capire che il libro meritava la sua attenzione – e il suo denaro – perché all’interno ci avrebbe trovato una divertente parodia de Il Piccolo Principe incrociata con quella della prima stagione della serie tv True Detective in cui il personaggio del piccolo principe viene “interpretato” dal personaggio dell’attore realmente esistente Matthew McConaughey che nel corso della narrazione si cala nei panni del personaggio della serie tv Rust Cohle. Il tutto reso realizzando un vero e proprio montaggio tra i dialoghi del libro di Antoine de Saint-Exupéry e le battute pronunciate dal personaggio di Rust Cohle nel corso delle 8 puntate della serie… non tralasciando che in un capitolo si aggiungono le battute del personaggio del boss Don Pietro Savastano direttamente dalle prime due stagioni della serie tv Gomorra e in un altro capitolo le intercettazioni di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati relative all’inchiesta Mafia Capitale. E altre situazioni comiche che mi dispiaceva non far risaltare da subito.
l titolo definitivo probabilmente lo avete già letto. Ovviamente a qualcosa ho dovuto rinunciare, l’unico modo sarebbe stato fare un titolo lungo quando il testo del libro stesso.

La pazzia di Roberto Saviano

La quarta stanza era occupata dal paziente più giovane. Era un giornalista che aveva riscontrato un enorme successo, pagato al caro prezzo della libertà. Divinizzato da una parte e deriso dall’altra, venne etichettato come “quello che ha scritto quel libro, da cui poi hanno fatto il film al cinema e la serie TV”. Isolato, scortato, vessato, nella speranza di recuperare la gioia di scrivere che aveva un tempo, cercò di lavorare a uno scritto critico dedicato al libro che fa rincoglionire gli adulti. Il suo equilibrio emotivo già molto delicato non resistette. I tranquillanti lo tenevano protetto e recluso in una stanza sprangata di ricordi. Passava le giornate identificandosi di volta in volta con alcuni dei personaggi a cui aveva dato vita per la fiction TV tratta dal suo clamoroso esordio editoriale. Tra i pazienti era quello che più poteva essere d’aiuto, dato il suo lungo periodo di studi sul libro.
«Buongiorno» disse Rust.
«Tre più due cinque. Cinque più sette dodici. Dodici più tre quindici. Buongiorno. Quindici più sette ventidue. Ventidue più sei ventotto. De Ro’ miett stu cazz e parametr che t dice o geometr e statt tranquill che l’appalt o vinc tu. Ventisei più cinque trentuno. Uff! Quindi fanno cinquecento uno milioni seicento ventiduemila settecentotrentuno».
«Cinquecento milioni di cosa?».
«Gennà chist nun è u mument ‘e fa e quiz. Ho tanto di quel lavoro! Sono una persona seria, io, mica perdo tempo con le stupidaggini! Due più cinque sette…».
«Cinquecento milioni di cosa?» ripeté il piccolo Poirot, che nel corso della sua indagine non aveva mai rinunciato a una domanda dopo che l’aveva fatta. Solo che erano domande sbagliate.
Il giovane paziente alzò la testa.
«Abito in questo pianeta da cinquantaquattro anni. Chesta è a casa mia. E sono stato disturbato solo tre volte. Ci poteva stare uno qualunque di noi, e no l’Immortale che non l’uccide nisciùn. Uno qualunque di noi. E mo stemm ca a chiagner nu muort. So venut a sparà a casa nostr, di domenica. Ce putevan stà ‘e creatur. Chist non è nu fatt che s’po accuncià. Dicevo cinquecento milioni…».
«Milioni di cosa?».
Con un cenno da associazione a delinquere, il paziente gli indicò una parete su cui erano appesi un foglio con la cartina geografica dell’Italia e un maxi poster dell’universo. C’era cerchiato Nettuno.
«Perché Nettuno? È il più lontano dal Sole nel sistema solare».
Nel fare la domanda comprese da solo la risposta, capì: l’uomo voleva appropriarsi indebitamente dei pianeti e delle stelle che li attiravano o li respingevano... voleva l’universo. Ecco uno degli effetti scaturiti dalla lettura di quel libro così disastroso per le menti umane, si tende a un infinito che la capacità percettiva di una singola persona non può tollerare e allora un meccanismo spontaneo di autodifesa ti fa regredire alla preadolescenza. Quel libro, all’apparenza piccolo e innocuo, da collana tascabile, fa venire voglia di afferrare spazi e comprensioni troppo grandi, si perdono le briglie.

La Volpe di Mafia Capitale

Fu allora che scese in campo La Volpe.
«Buongiorno» disse La Volpe che aveva riconosciuto “er famoso attore americano” che giaceva in solitudine e sembrava avesse bisogno d’aiuto.

«Buongiorno» rispose gentilmente Rustin, che si voltò ma non vide nulla.
«Sono qui» disse la voce «sotto lo stand del patrocinio…».
«Chi sei?» disse Rust.

«Sono La Volpe, piacere» disse lui con una mimica talmente tanto collaudata da sembrare una gif.
«Cazzo, non mi piace questo posto. Niente va nella direzione giusta».
«Non posso aiutarti» disse La Volpe. «Non sono addomesticato».
«Cosa significa “addomesticare”?».

«Tu non sei di qui, eh?» intuì La Volpe. «Cosa stai cercando?» chiese con l’ammiccare tipico di chi è cresciuto alla scuola di formazione politica “Avvocato Covelli” che si teneva storicamente ogni Natale a Cortina.
«Cerco una donna, una dottoressa. Ha un tatuaggio di una rosa e un altro di una frase, presi entrambi da questo libro che potrebbe essere la sua rovina. Cosa significa “addomesticare”?».

«Che progetti c’hai? Tienimi presente per i progetti che c’hai, che te serve? Che cosa posso fare? Come posso guadagnare, che te serve il movimento terra? Che t’attacco i manifesti co’ sti disegni che c’hai? Che ti pulisco il culo? Ecco te lo faccio io se tu m’ “addomestichi”. Perché se poi quelli vengono a sape’ che te lo fa un altro, è ‘na cosa sgradevole».

«Cerco degli uomini. Come si fa per addomesticare?».
«Te dico, è una cosa troppo demonizzata» disse La Volpe. «Significa semplicemente creare legami».
«Creare dei legami?».

«Certo» disse La Volpe. «Per me ora sei solo uno come tanti e non ho bisogno di te né tu hai bisogno di me. Per te sono soltanto La Volpe, un umile consigliere comunale uguale a centomila altri La Volpe consiglieri comunali, semo ‘na famiglia grossa assai. Ma si te decidi e m’ “addomestichi”, avremo bisogno uno dell’altro. Per me tu sarai unico al mondo, per te io sarò l’unico al municipio…».

«Comincio a capire» disse Rust. «C’è questa donna… credo mi abbia addomesticato…».

«È possibile, se hai detto che sta nella sanità…» disse La Volpe. «Sulla Terra capita di tutto… to ‘o spiego come m’hanno spiegato a me, così famo a capisse. È la teoria del mondo di mezzo, compà. Ci stanno, come se dice, i vivi sopra e li morti sotto e noi stiamo nel mezzo… ce sta un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano e dici “cazzo, come è possibile che… io posso stare a cena con Berlusconi (senza esse ‘na figa)?” Il mondo di mezzo è quello invece dove tutto si incontra. Tu stai lì, ma non per una questione di ceto: per una questione di merito, no? Allora nel mezzo anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno nel sottomondo gli faccia delle cose che non può fare nessuno, è il tempo che hai perso per fare queste cose che le fa importanti. E tutto si mischia. Capito?».

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