Educazione, garbo, a tratti un po’ di noia. Ma di quella rassicurante, da domenica sera, quel momento placido in cui si preparano gli zaini per la scuola del giorno dopo e si osserva la propria forma impressa sul divano per la giornata che è scivolata via. Fabio Fazio è tornato e mentre sulle altre reti, quelle poche che ancora non hanno ospitato il suo programma, si sbraita per vincere la gara al ribasso, lui con qualche chilo di meno e lo stesso spirito di chi sa abbastanza bene cosa sta facendo, si riaffaccia dopo la bufera.
Stessi pesci, stessa cravatta sottile, stessa altalena di ospiti in grado di accontentare tutti e di scontentare i soliti inutili. “Che tempo che fa” targato Rai Due ricomincia da tre, perché come diceva Massimo Troisi, «tre cose mi sono riuscite nella vita perché devo perdere pure quelle?».
La prima è la potenza della parola quella che non guarda in faccia nessuno perché riguarda ognuno di noi. Quella parola che occupa lo studio e si alza in volo sui grandi temi. Capace di rispondere alle storture impunite che accompagnano ormai lo scorrere quotidiano dello slogan stantio, molesto e monocorde, con un dispendio di umanità che elargisce, quando si affaccia dal piccolo schermo, una boccata d’ossigeno da prendere al volo e trattenere finché dura.
La seconda è il tributo all’eroe. In una tv che osanna generalmente le bolle d’aria, sentir scrosciare l’applauso per giovani di merito puro, che nuotano, cantano o semplicemente sorridono aggrappati a una vita che ha deciso di andare in una salita insensata, fa del bene un po’ a tutti. Infine l’umana resistenza, personale e collettiva, all’odio diffuso. Fabio Fazio è stato e continua a essere una persona capace di scatenare gli istinti più bassi senza un vero perché, neanche fosse uno sport nazionale. Probabilmente il distacco con cui ha tirato dritto negli anni passati ha contribuito a far montare come panna l’indecente onda di furibondi attacchi nei confronti suoi, del suo programma, dei suoi ospiti più cari. Scartabellando l’elenco infinito di porcherie che vanno da “ladro” a “inginocchiatoio” e arrivano alle minacce fisiche, c’è persino chi lo accusa di gioire “per i bambini rubati di Bibbiano”.
Causa ed effetto di tutte le umane colpe, Fazio con la sua non reazione e il cosiddetto olio di gomito sul lavoro, è riuscito invece a costruire una parentesi sostanzialmente sana in cui solidi filtri separano, per dirlo alla Murgia, la bocca dalla pancia. E così è tornato a srotolare il suo contenitore gradevolmente imperfetto, tenendo al riparo chi lo guarda dalle bassezze più spicciole. Una bella risorsa, altro che problema.