Titolo geniale, impresa gigantesca e un po’ folle, come tutte le vere imprese: separarsi restando uniti. Non solo “amici”, che vuol dir poco, ma proprio uniti. Una post-coppia, che vive vite (beh, più o meno) indipendenti in due appartamenti adiacenti ma comunicanti attraverso la stanza dei bambini. A dirla così sembra uno di quegli esperimenti sociali scandinavi un po’ tetri e sotto sotto ideologici.
Invece “L’amour flou” sprizza vita e immaginazione ma non contiene un grammo di ideologia né, cosa più importante, di risentimento. Anche perché gli irresistibili Romane Bohringer e Philippe Rebbot, attori anche nella vita ma qui protagonisti e autori “totali”, raccontano e reinventano con molta grazia e umorismo la loro storia con i loro veri figli (e fratelli, sorelle, genitori), nei veri luoghi che l’hanno vista prodursi e in certo modo l’hanno ispirata.
Si potrebbe perfino dire che il film è stato la loro terapia (post) coniugale. Ma un film è sempre anche un dono, per chi lo fa e per chi lo vede. Così “L’amour flou”, che di certo esalta i lati più divertenti dell’impresa minimizzando quelli più dolorosi, diventa una piccola, tenera, esilarante utopia realizzata. Che nella ricerca acrobatica quanto generosa di uno spazio comune “postumo”, concepito per risparmiare a genitori e figli traumi e tristezze di un amore al capolinea, tratteggia anche un indovinatissimo campionario umano “post” dei nostri giorni (post-ideologico, post-permissivo, post-politico, post-femminista, etc.).
Dal maestro che insiste istericamente sull’importanza di tagliare i capelli al bambino, all’amico che dopo il divorzio pensa solo al suo cagnetto, passando per la ragazza rimorchiata al volo perché esilarata alla vista di quell’ultracinquantenne agile e rugoso che volteggia sullo skateboard. Senza dimenticare le paure e le fantasticherie, così diverse e insieme così simili, dei due divorziandi. Terrorizzati all’idea di invecchiare, e di ferire il partner o i figli, ma decisi a battersi con ogni mezzo per minimizzare i danni.
Si esce pensando un po’ malinconicamente che solo nella Francia libertina e libertaria era possibile realizzare un’impresa (umana e cinematografica) di questo tipo. Romane e Philippe comunque vivono ancora nella loro casa bifronte. In sala dal 29. E chissà se un giorno ci sarà un “Amour flou" numero due.
Cultura
27 agosto, 2019Una storia un po’ folle di post-amore che è quasi una terapia di coppia. Il racconto di un'esilarante utopia realizzata
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