Un’autrice riscoperta. E una storia cucita con eleganza. La nostra rubrica dedicata ai libri da non perdere

Le signore in nero, quando un romanzo è ricamato con stile

In principio fu Émile Zola: “Il paradiso delle signore” (1883) lanciava tra i topos letterari l’attrazione irresistibile per gli abiti: simboli del capitalismo, nel racconto della formidabile ascesa dei grandi magazzini parigini. Ma la narrazione di donne e vestiti, o meglio dello spazio di intersezione tra ciò che siamo e ciò che sembriamo, tra identità e modo in cui ci definiamo nel mondo, sta diventando un sottogenere narrativo. Ha (ri)aperto la strada Elvira Seminara in “Atlante degli abiti smessi” (Einaudi), trasformando un armadio di gonne volubili, allegre camicette, capi che vogliono brillare come bombe e altri che indovinano il futuro, nella strada per rimettere in comunicazione una madre e una figlia. Con “Guardaroba” (La Nuova Frontiera) Jane Sautière viaggia tra le sensazioni tattili che i vestiti ci danno. Stefania Bertola in “Divino amore” (Einaudi) mette in copertina le sagome delle paper doll di una volta.

Da Les Magasins Printemps che Zola aveva visto nascere su boulevard Haussmann a Goode’s, magazzini del lusso nella Sydney anni ’50, il salto non è poi così lontano. Merito di Madeleine St John, nata in Australia, vissuta a Londra in una deliberata solitudine, barcamenandosi tra le chincaglierie di Notting Hill, e morta nel 2006.

“Le signore in nero”, uscito nel 1993 ma pubblicato in Italia solo ora, è una commedia con le commesse del grande magazzino per protagoniste: metro e spilli a portata di mano, e dosi antiche di psicologia e savoir-faire, consigliano abiti alle clienti. Intrecciando le loro biografie con quelle di una società che affronta l’immigrazione, il rapporto col denaro, l’idea stessa dell’indipendenza femminile. I vestiti, da esercizi di vanità o stratagemmi conquista-uomini, diventano strada di emancipazione: come per la sartina di Bianca Pitzorno ne “Il sogno della macchina da cucire” (Bompiani). Tra l’apocalisse del retail decretato da e-commerce e centri commerciali, e una fast-fashion che da moda democratica si è rivelata uno dei peggiori ambiti di sfruttamento di esseri umani, un romanzo fresco, arguto. Ricamato con stile.


“Le signore in nero”
di Madeleine St John (traduzione Mariagiulia Castagnone)
Garzanti, pp. 197, € 16 (prefazione Helena Janeczek)

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