I pupazzoni multicolore del programma di Rai Uno sono l'ultima frontiera dell'umiliazione definitiva del famoso in tv

«Quando il mio corpo sarà cenere, il mio nome sarà leggenda», diceva Jim Morrison. Che tradotto in soldoni potrebbe essere: puta caso che tu sia riuscito in qualche modo a diventare famoso, in qualche modo te la faranno scontare. E forse, alla fine della fiera, una volta umiliato il tuo corpo più o meno celebre, il tuo nome verrà ricordato. Forse. È questa la giostra perversa sulla quale la nostra tv fa salire le Very Important Person in percorsi sempre più arditi. Che mirano a stravolgere il personaggio, sottoponendolo a prove ai limiti del degrado, modificandone i lineamenti, ridicolizzandone voce, carriera e portamento sino a lasciarlo lì, come un mucchietto confuso che alla fine deve portare a caso il risultato. Ovvero quello di vedere consolidato il suo nome nell’universo dei famosi.

Sbattuti su isole deserte, traditi sulle spiagge della tentazione, costretti a sedute di trucco estenuanti per cercare di assomigliare a suon di protesi gommose a famosi un po’ più famosi, fatti entrare dall’occhio acuto del grande fratello in ginocchio, sporcati dalla vernice, ridotti a baciare vetrate di plexiglass, i vip perdono pezzi a ogni passaggio televisivo. Ultimo estremo capitolo della destrutturazione definitiva è il format di importazione sudcoreana “Il cantante mascherato”.

Lasciando correre l’oscuro motivo secondo il quale la Corea del Sud sia diventato un modello televisivo da emulare, roba che neanche i momenti più alti di “Boris” avrebbero osato tanto, il programma di Rai Uno ha individuato otto malcapitati che nella vita avrebbero anche fatto qualcosina (tipo complessivamente partecipato per 46 volte a Sanremo, 250 milioni di dischi venduti, condotto 70 programmi, interpretato 25 film, tenuto concerti in oltre 30 paesi, pubblicato 10 libri, 88 album discografici e fatto milioni di ore televisive) e li ha invitati alla pubblica quanto definitiva umiliazione.

Nascosti in costumi a mo’ di impalcature, si trasformano giganteschi pupazzoni multicolore, L’Angelo, Il Barboncino, Il Mostro, Il Mastino napoletano con la pizza disegnata sulla pettorina. Cantano cover, col microfono ad archetto incastrato sotto la faccia di cartapesta piumata.

E sudano, sudano parecchio come si affretta a sottolineare lady Carlucci, che ostenta la sua innata eleganza davanti a un campionario di surrealtà rosa confetto. La giuria scruta i campioni occultati, li ascolta e infine li giudica in base a una performance a ostacoli da giochi senza frontiere.

Alla fine, se perdono, rivelano la loro identità. Cioè recuperano il loro essere vip solo nella cacciata. Una storia triste. In cui resta solo il nome di questi poveri Romeo. In attesa prima o poi che arrivi una temuta Giulietta che gli chiederà di rinunciare anche a quello.

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