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In giro per Roma con Plautilla, la prima Architettrice di cui si è persa la memoria

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«È lei stessa a definirsi con il termine al femminile, nel contratto per la costruzione della Villa del Vascello. È una parola bellissima, spero che entri in circolo», dice Melania Mazzucco. Che ci guida per la Capitale del '600 alla sua riscoperta

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Ha incrociato Borromini, Bernini, Pietro da Cortona, Artemisia Gentileschi. Ha frequentato uomini potenti, papi e cardinali, e di uno specialmente, l’agente e consigliere del temibile cardinale Mazzarino, è stata amica d’una vita. Ha coltivato sogni ambiziosi, lasciando tracce di sé in alcuni dei luoghi più amati e simbolici di Roma, da Piazza del Popolo alla Chiesa di San Luigi dei Francesi. Prima donna architetto, ha disegnato, progettato e costruito una villa storica, che si è intrecciata con l’assedio di Roma del 1849. Ma di lei si è perso ogni ricordo.

Almeno fino a quando una scrittrice dalla grandissima capacità di esplorare la storia non si è munita di vanga e di piccone e, dissodando terreni, scavando e rastrellando per lunghi anni, ha risvegliato il Seicento, secolo di fasti e intrighi, bigottismo e libertinaggio. Restituendo a quel nome dimenticato - Plautilla Bricci - una vita, una voce, una storia: “L’Architettrice”, ultimo romanzo di Melania Mazzucco (Einaudi).
«Biografia ed eredità artistica sono impresse in modo straordinario nella topografia di questa città», ribadisce la scrittrice. Che seguiamo per le vie della Capitale sulle orme di un mistero, «una donna che ha praticato con somma abilità l’arte del suo secolo, la dissimulazione».

Per trovarla, si può partire da Piazza del Popolo. E dalla chiesa di Santa Maria in Montesanto, la cosiddetta “chiesa degli artisti” (la più vicina a via del Babuino): è lì che qualche anno fa è riemerso il nome della pittrice, dopo un restauro della pala dell’altare maggiore voluto da Lucia Magni, vedova del regista Luigi.
«Questa piazza è la chiave della storia di Plautilla, l’inizio e la fine di tutto», spiega Mazzucco: «Qui nasce il padre, Giovanni Briccio, da una famiglia di artigiani immigrati dalla Liguria. Lo chiamavano materassaio, per disprezzo. In realtà, era un pittore e uno scrittore popolare, che scriveva opuscoli su carta scadente e storie e barzellette che circolavano per la città, sui carretti o sui ventagli. Viveva al Babuino, ed è inimmaginabile oggi che in quella zona ci fossero i bassifondi: alla fine del Cinquecento c’era il borgo degli zingari, con i ragazzini che vivevano per le strade sterminati da febbri ed epidemie. Qui cominciava anche la zona degli artisti, in questa terra di frontiera dove si trovavano sia i palazzi dei pittori famosi che di quelli meno noti o di passaggio a Roma: fra via del Corso, via del Babuino e l’attuale via Margutta abitavano quel Cavalier d’Arpino, che era stato maestro di Briccio e di Artemisia Gentileschi, ma anche le comunità dei fiamminghi, i più trasgressivi, tutte le sere ubriachi per le taverne. Qui germinavano i sogni d’arte di tutti». E se Piazza del Popolo non aveva certo la forma attuale, con le sue chiese gemelle, «c’era già una piccola chiesa che apparteneva ai frati carmelitani. A loro il padre di Plautilla regala un pala d’altare, dipinta dalla figlia. Raccontando che in realtà la bambina, in difficoltà nel tratteggiare il volto di Maria, si era addormentata. Al risveglio il dipinto era finito: era stata la Madonna a completarla. Si grida al miracolo. E quando la pala esposta nella chiesina comincia incredibilmente a fare grazie, diventa un oggetto di culto».

È la Madonna col bambino che rifulge da lontano ancora oggi. «Per il padre, malato e con poco da vivere, è una scelta fatta per orientare il destino della figlia: aprirle il mercato devozionale», prosegue Mazzucco: « Ma ciò si trasforma in un’enorme trappola, perché l’opera diventa più famosa di lei: fino al Settecento si ricorda l’autrice, una vergine bambina, poi l’origine si perde le rimane solo un’icona, come le tante Madonne senza autore sparse per le chiese».
Cappella di San Luigi a San Luigi dei Francesi a Roma

Immoto, però, inscalfibile, il dipinto resta lì anche quando, a fine Seicento, si edifica la nuova chiesa su progetto del Bernini. Della fanciulla prodigio non si sa più nulla.
«Questa è anche la piazza con la porta fatta costruire da papa Alessandro VII per Cristina di Svezia: un “fausto ingresso” le augurava nell’anno domini 1655, quando la regina che aveva abdicato al regno per la libertà sceglie di vivere a Roma. Figura femminile mitica, la sua, che incredibilmente trovò, in una Roma non certo facile per le donne, la libertà di essere se stessa. Mi piace accostare questa vicenda a quella di Plautilla, che sfiorò la regina in varie occasioni, ma che probabilmente non incontrò mai. L’arrivo in città di questa donna, che portò una corte, che si intendeva di pittura, di architettura, e di scultura, e che parlava da pari a pari con gli uomini, sarà stato un enorme modello per Plautilla e per le donne romane, costrette a stare in casa». Uomini che schiacciano. Uomini che ignorano. Uomini che cancellano la creatività femminile. C’è anche tutto questo nel riscatto che il romanzo di Mazzucco concede a Plautilla. A partire da quel nome al femminile, “architettrice”. «È un termine che usa lei stessa, nel contratto per la costruzione della Villa del Vascello. È lei che si definisce “Architetrice”, una bellissima parola che spero possa entrare in circolo».

Da via del Corso raggiungiamo Piazza di Spagna. «La scalinata è la grande ferita di Elpidio Benedetti, il protettore, l’amico, il complice, l’amante di Plautilla», spiega Mazzucco: «Quest’uomo coltivò il sogno di costruire, al posto della rupe scoscesa di allora, una scalinata. In realtà, era il desiderio di tutti gli architetti. Ma l’impresa era complessa, servivano grandi finanziamenti. Elpidio, che lavorava per Giulio Mazzarino e poi per il re di Francia, pensò di farsi finanziare dai francesi. E presentò un disegno, come suo, che in realtà aveva fatto con Plautilla».

Come sarebbero andate le cose se quel progetto fosse stato realizzato? Quanto la storia dell’arte sarebbe cambiata per le donne, da quel via? «C’erano nella metà del Seicento a Roma molte artiste. Plautilla apparteneva alla generazione successiva a quella di Artemisia Gentileschi: aveva più o meno l’età della figlia. Ma a frugare nei cataloghi si ritrovano figure anche molto apprezzate: Caterina Ginnasi, Virginia Vezzi, Laura Bernasconi, Giovanna Garzoni... Però se ne è persa memoria, solo una lettura della pittura femminile le riporta in vita. Perché le donne non hanno mai fatto canone. Riescono, nel loro tempo, a farsi apprezzare, ma la loro memoria non entra nella storia collettiva». Condizionata da un padre che la voleva santa, negata dall’uomo col quale aveva concepito i suoi progetti, Plautilla ha in più scontato la sorte delle donne sole: «senza discendenza, vissuta così a lungo da sopravvivere alle persone più vicine, e senza qualcuno che ne difendesse la memoria. Ed è stata dimenticata».

L’oblio inizia quando è rasa al suolo la sua costruzione più importante, la Villa del Vascello. «Elpidio abitava in un palazzetto di via Monserrato. Era abate senza abbazia, e nei carteggi dell’epoca viene stigmatizzato come uno che aveva il dono di dispiacere a tutti. Di certo pesava essere l’ombra dell’uomo più detestato del secolo, Mazzarino. A lui Elpidio dedica la vita. Presenza forte anche nella relazione con Plautilla». È a lei che il religioso chiede il progetto di una villa presso porta san Pancrazio, sul colle del Gianicolo. È il 1663. La Villa del Vascello viene costruita, ma subito circola l’idea che siano stati “i fratelli Bricci” a realizzarla. È riprodotta nelle guide della città, diventa motivo d’attrazione, ma il nome di lei si perde. Nel giugno 1849 la villa è protagonista della difesa della Repubblica Romana dai francesi. Vi si asserragliano i giovanissimi volontari: i francesi la demoliscono pezzo per pezzo. «Mi è piaciuto mescolare questa vicenda, la distruzione dell’edificio, perché il romanzo è in fondo la storia della costruzione di un sogno». L’attuale villa, acquistata dalla famiglia Pamphilj, ma riedificata sulla base di un altro progetto, è stata ceduta e rivenduta diverse volte; dagli anni Ottanta è sede del Grande Oriente d’Italia. E solo in anni recenti è stato rintracciato quel contratto iniziale dal quale si evince, più chiaramente che mai, che la villa l’aveva costruita proprio lei, Plautilla. «La storia poteva andare diversamente: se quei ragazzi valorosi avessero vinto, e se a Plautilla fosse stato riconosciuto un palazzo così prestigioso, bello come quelli progettati da Bernini o da Pietro da Cortona».

Silenzio, invece. E la prova è nella Chiesa di San Luigi dei Francesi, la stessa dove ogni giorno migliaia di persone si incolonnano per ammirare Caravaggio, ignorando lei. Fu ancora una volta Elpidio a chiederle di realizzare una cappella in onore di San Luigi.
Villa del Vascello al Gianicolo, edificata su progetto della Bricci

Entriamo nella chiesa nazionale dei francesi dal 1589. Arriviamo alla terza cappella a sinistra, “Cappella San Luigi Re di Francia”, di poco precedente alla Contarelli con i capolavori di Caravaggio. Ci facciamo spazio tra due ragazze che danno le spalle al santo in drappi azzurri e rossi. “Questa cappella è l’opera di una donna pittrice, scultrice e architetto, Plautilla Bricci, che vi ha lavorato dal 1644 al 1680”, leggiamo. Lo spazio è sontuoso: tra le pareti ricoperte di due tele, “Caterina dei Medici presenta a San Luigi la pianta della chiesa” di Nicola Pinson e “San Luigi porta a Parigi la corona di spine” di Luigi Giminiani, un tabernacolo di bronzo dorato e quattro statuette che rappresentano gli evangelisti, è un tripudio di decoro barocco. «Elpidio è seppellito qui, anche se non sappiamo esattamente dove», sussurra Mazzucco. In qualche imprecisato punto, l’abate si specchia ancora in lei. Che, anziana e stanca, si trasferì a Trastevere, in uno di quei conventi più adeguati alle donne sole. Tagliando i ponti con la gloria. E forse sognando la carcassa di una balena che il padre le aveva mostrato da bambina, sulla spiaggia di Santa Severa, l’unica volta in cui era uscita da Roma. Extraterrestre emerso dal mare, femmina sfinita, arenata nel posto e nel tempo sbagliato.

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