Cultura
aprile, 2021

Anche il robot ha un’anima. E ama una stella marina

L’intelligenza artificiale ridefinisce l’identità, il corpo, le relazioni tra specie. Mentre si fa strada un nuovo umanesimo che pone interrogativi inediti. Al Maxxi di Roma, dal 5 al 30 maggio, la mostra collettiva “Re:Humanism – Re: define the Boundaries”, dieci opere di artisti provenienti da ogni parte del mondo

Nella società dominata dalla tecnologia si fa strada un nuovo umanesimo, che sposta confini e pone interrogativi inediti, ancora da definire nei loro risvolti politici, etici, estetici. La tendenza non è nuova, ma ora accelera e contagia i diversi campi del sapere, compresa l’arte contemporanea. Questo il contesto in cui si colloca la mostra collettiva “Re:Humanism – Re:define the Boundaries”, a cura di Daniela Cotimbo, presidente dell’associazione Re:Humanism, dal 5 al 30 maggio al Maxxi, a Roma.


«La mostra si interroga su come l’intelligenza artificiale sia in grado di ridefinire concetti come identità, corpo, relazioni tra specie, tra forme di vita e materia inorganica, tra umano e artificiale», afferma la curatrice. «Rispetto alla prima edizione l’accento si è spostato da una visione critica a una speculativa. Dopo aver decostruito la realtà, gli artisti ci offrono nuove risposte alla complessità del mondo in cui viviamo».


Dieci le opere in mostra, i progetti finalisti della seconda edizione del Re:Humanism Art Prize, che attraverso una call for artists internazionale ha raccolto oltre duecento candidature da tutto il pianeta.


E così, da Berlino, gli Entangled Others (duo composto dal ricercatore e architetto norvegese Feileacan McCormick e dell’artista argentina Sofia Crespo) hanno realizzato un ecosistema acquatico digitale in 3D: “Beneath the Neural Waves 2.0” nasce dallo studio della barriera corallina, esempio perfetto di interconnessione nel mondo naturale dove nessuna creatura è il componente principale. Nei territori della biologia si muove anche l’artista svizzera Johanna Bruckner con l’installazione video “Molecular sex”: protagonista un sex-robot di genere fluido che incarna approcci di sessualità che appartengono a forme di vita differenti, dal batterio alla stella marina.

Molecular Sex di Johanna Bruchner


«Chi si aspetta una mostra solamente hi-tech resterà sorpreso nel vedere la varietà di approcci differenti. Talvolta la tecnologia non è nemmeno visibile ma è il motore della riflessione», aggiunge la curatrice. E così il collettivo Umanesimo Artificiale si è occupato di tradurre in suono le mutazioni del Dna, mentre da Harvard il duo americano-libanese Elizabeth Christoforetti & Romy El Sayah ha immaginato quartieri di corpi-casa. E se dalla New York University Yuguang Zhang indaga il confine fra umano e artificiale, artisti come Irene Fenara, Mariagrazia Pontorno e Egor Kraft con le loro opere stabiliscono una connessione fra tecniche antiche e tecnologie contemporanee.

Three Thousand Tigers, di Irene Fenara


La riflessione, infine, tocca anche la letteratura. Con Carola Bonfili, che entra nell’universo delle “Metamorfosi” di Ovidio. Il testo viene smembrato da un’intelligenza artificiale, che produce una serie infinita di storie nuove e verosimili. Mentre Numero Cromatico, collettivo di artisti visivi e ricercatori nel campo delle neuroscienze, presenta “Epitaphs for the human artist”, opera che riprende la forma letteraria dell’epitaffio per decretare la morte dell’artista umano. Ma forse, sembra suggerire l’opera, non è detta l’ultima parola.

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