Una grande casa immersa nelle campagne dell'Isère, a sud di Grenoble: un posto così bello che meriterebbe una visita di per sé. L'edificio restaurato, il parco ben curato, riportato per quanto possibile a com'era all'inizio dell'Ottocento, quando accoglieva per lunghi soggiorni di studio e villeggiatura due fratelli colti e illuminati. Sono loro i protagonisti del luogo, è la ricostruzione della loro vita, delle loro ricerche, del loro rapporto familiare e intellettuale ad attirare i visitatori.
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Da pochi giorni è aperto al pubblico il museo dedicato a “Les Champollions”, il primo in Francia dedicato all'egittologia attraverso quello che è considerato il suo iniziatore, Jean-Francois Champollion (1790-1832), colui che decifrò i geroglifici. E che insieme al fratello Jacques-Joseph abitò in questa casa di Vif, una dimora conservata dagli eredi come se fosse un museo e ora diventata davvero un museo aperto al pubblico.
L'egittologia non è solo l'archeologia dell'antico Egitto: è anche un passaggio fondamentale del rapporto tra Europa e Oriente, e una fase basilare della nascita di quell'orientalismo che ancora sostiene e allo stesso tempo offusca la nostra visione del mondo arabo. Champollion è stato uno dei protagonisti della “scoperta dell'Egitto” che seguì la campagna di Napoleone (1799-1801): una scoperta che secondo gli storici francesi ha travolto, nel corso dell'Ottocento, il mito dell'arte greco-romana. E che in effetti ricorda l'effetto che, nelle parole di Orazio, ebbe su Roma la Grecia che, «conquistata dai Romani, conquistò a sua volta il selvaggio vincitore e portò l'arte nel Lazio contadino».
I francesi non conquistarono l'Egitto, ma il fascino dell'era dei faraoni, riportato in patria dai 150 studiosi che accompagnavano la sfortunata campagna napoleonica, abbagliò la cultura francese. E parte di quell'abbaglio funziona ancora su tutti gli occidentali: a partire dall'illusione di poter guardare all'Egitto dei faraoni saltando a piè pari la cultura islamica che da secoli si è insediata in quei luoghi.
Champollion con i suoi studi contribuì da una parte ad ancorare questa fascinazione alla realtà storica – prima di lui la scrittura egizia era completamente incomprensibile – , dall'altra a renderla ancora più potente. Fin da giovanissimo aveva studiato arabo, siriaco, caldeo e copto, che considerò diretto discendente della lingua dei faraoni. Nominato professore di storia a Grenoble a 18 anni, dopo 15 anni di studio – in particolare su riproduzioni della “Stele di Rosetta” - espose nel 1822 il suo metodo di decifrazione dei geroglifici, che nella pietra oggi conservata al British Museum sono accostati alla traduzione in greco antico e in demotico, il “corsivo” usato dagli egizi del secondo secolo avanti Cristo.
Dopo la teoria, la pratica: nel 1828 Champollion dirige una spedizione di studio sul Nilo, finanziata dal re di Francia e da granduca Leopoldo II di Toscana. Accanto a lui, l'altro direttore era giovane collega italiano Francesco Rossellini. Il rapporto con l'Italia fu del resto fondamentale per lo studioso francese: in particolare per la vicinanza di Grenoble al museo di Torino, che è ancora oggi la più grande raccolta di opere egizie dopo quella del Cairo.
Tutto questo è il cuore del nuovo museo, che però ricostruisce anche la vita familiare dei due Champollion in un un ambiente che pur essendo lontano da Parigi era particolarmente vivace intellettualmente. Il filo che guida l'esposizione segue non solo il contributo dei due fratelli alla nascita della nuova scienza, ma anche il loro rapporto di collaborazione e complicità, che continuò anche dopo la scomparsa improvvisa e prematura di Jean-Francois: dopo la sua morte, il fratello si dedicò a tenere vivo il ricordo dei suoi studi, facendo pubblicare a proprie spese le sue opere.
Tra gli oggetti esposti, particolarmente interessanti diverse riproduzione a stampa della “Stele di Rosetta” coperte di appunti, ma anche il vestito egiziano indossato durante la spedizione sul Nilo. Sarà a disposizione degli studiosi la biblioteca, ricchissima di opere sull'Egitto e sulle lingue antiche, con 60 faldoni contenenti la corrispondenza ancora inedita dei due fratelli. La testimonianza più curiosa sono però i tre cartigli disegnati dall'egittologo sulle travi del suo studio al secondo piano dell'edificio. In mostra anche diversi oggetti provenienti da musei vari, in particolare il Louvre, che ha prestato alcuni reperti studiati da Champollion nel periodo in cui fu conservatore del dipartimento di antichità egiziane.
Un padiglione della villa ospita mostre temporanee. Si comincia con 42 acquarelli di Jean-Claude Golvin: architetto e archeologo, è considerato uno dei massimi esperti della riproduzione di città del mondo antico. Per dieci anni direttore del Centre franco-égyptien d’étude des temples de Karnak, Golvin oggi si dedica ai cartoon e collabora con Ubisoft: in particolare, si deve a lui l'immagine dell'Egitto nella serie di videogame “Assassin's Creed”.