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Cultura
agosto, 2021

Guardare il calcio in tv è diventato lo sport più faticoso

Partite spalmate in vari giorni e orari, diritti divisi tra satellite e streaming, campionato su un sito e coppe europee su un altro. E poi il buffering, i disservizi, le proteste...

L’Italia, si sa, è un paese di santi, navigatori e tifosi. Sin da piccoli ti insegnano ad accarezzare il pallone, ti portano in cortile, quattro calci e via. Poi c’è l’inno nazionale, che si canta solo in campo, e se qualcuno tentenna sull’elmo di Scipio sai che figura. Le parole crociate ci campano di rendita da quel dì, con definizioni sul fuorigioco, la traversa e il goleador. I calciatori si sono evoluti da appiccicose figurine bidimensionali a modelli ambiti, fidanzati da rivista, ospiti televisivi illustri. E l’eroe non è più solitario bensì si muove con altri dieci per sgambettare orgogliosamente in mutande seguito in ogni angolo da una folla adorante. Insomma, una passione che viene da lontano, nutrita come il lievito madre.

 

Poi, all’improvviso, come quei fidanzati che ti dicono mi dispiace ma ti vedo più come un’amicizia, il gioco è finito, come la messa. Riuscire a vedere una partita è diventato esso stesso uno sport per pochi, allenati e facoltosi. E molto spesso neppure per quelli. Si è cominciato con lo spacchettamento, un po’ da una parte, un po’ dall’altra, si è proseguito con il satellite, chiama il tecnico, installa la parabola, scegli il pacchetto, fai l’abbonamento, e si è terminato con lo streaming, compra il televisore, metti la fibra, scarica la app, connettiti, cerca, inserisci la password, al punto che dopo aver completato tutte le operazioni i novanta minuti sono finiti da un pezzo.

 

E mentre in sogno ci si culla con la voce di Ameri, sperando che al risveglio domenicale ci attenda una radio da guardare in santa pace, ci si ritrova a confrontarsi con la dura realtà, ovvero che quella che era stata definita come la grande rivoluzione dell’Italia calcistica si è rivelata essere più che altro una cattiveria. Così lo spettatore medio, cresciuto a pane e calcio, si sveglia ogni mattina sapendo che deve in primo luogo capire dove trasmetteranno la partita, visto che la serie A si vede su Dazn, meglio su Tim Vision ma tre partite su Sky e che la Champions è un po’ su Canale 5, in streaming su Infinity, un po’ su Sky ma le migliori del mercoledì su Amazon Prime Video mentre l’Europa League e Conference League sono sia su Dazn che su Sky, la Serie B su Sky, Dazn ed Helbiz, la Liga su Dazn e Premier League, Bundesliga e Ligue 1 su Sky.

 

Una volta capito questo e comprati i pop corn, deve affrontare la questione buffering. Ovvero quella rotella che si piazza al centro dello schermo che spesso è l’unica cosa da guardare mentre in campo qualcuno fa gol. Poi deve protestare sui social per i ritardi, la bassa definizione e il segnale debole; attendere il carteggio tra Lega e Dazn e auspicare l’intervento del Codacons appena si libera un attimo dalla guerra contro Fedez. Insomma alla fine, considerando i soldi spesi, lo stress e i muscoli da telecomando viene da chiedersi se non valeva la pena appassionarsi al curling. Che alla fine una pietra di granito levigata rotola che è una bellezza.

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