La nuova consigliera nota un eccesso di stranieri in campo musicale. Peccato non si sia accorta che da anni gli artisti italiani occupano stadi e classifiche. E non hanno certo bisogno di essere difesi

Le preoccupazioni autarchiche di Beatrice Venezi

Non certo per caso, di questi tempi risuona spesso il concetto di autarchia. Anche il neonominato consigliere per la musica al ministero della Cultura, Beatrice Venezi, ha espresso preoccupazioni analoghe parlando di un eccesso di esterofilia nel nostro Paese. Lo straniero va fermato, anche in musica, ma si dà il caso che, almeno da questo punto di vista, la destra sia arrivata al governo troppo tardi, nel momento meno propizio della storia. Ci sono stati in passato momenti in cui questo stile di propaganda anti-straniero sarebbe stato più efficace.

In passato la musica italiana è stata talvolta mortificata da un eccesso di offerta anlgosassone. Ma oggi siamo in un’era completamente diversa, la musica italiana domina, è presente ovunque, la televisione utilizza canzoni e canzonette dalla mattina alla sera, le classifiche discografiche, gli streaming, sono strapieni di musica italiana, verrebbe quasi da invocare il contrario: proteggiamo le buone vecchie star inglesi e americane di una volta che oggi fanno fatica a combattere contro Blanco e i Pinguini Tattici Nucleari. Tra un po’ agli stranieri non concederanno neanche più gli stadi, perché già tutti occupati fino al 2025 da artisti italiani.

La musica italiana è florida, il mercato è forte, e in espansione. A dover essere difese sono casomai le musiche più raffinate, meno facili, quelle che generano e definiscono la cultura musicale di un Paese e che oggi sono in difficoltà di fronte a un mercato molto aggressivo. Di questo dovrebbe occuparsi un ministero.

Per ragioni analoghe sarebbe folle anche dare seguito alla corbelleria sulla quota minima radiofonica che di tanto in tanto riappare a destra. Ci si immagina di poter imporre alle radio nazionali di programmare almeno il 40 per cento di canzoni italiane.

Al di là del fatto che ciò renderebbe immediatamente odiose le suddette canzoni perché imposte dalla legge, l’eventuale provvedimento si scontrerebbe con la realtà, con effetti vicini alla comicità. Quelli che invocano la quota minima sono del tutto disinformati, non si sono accorti che la musica italiana è già molto presente nelle radio, per cui potrebbe addirittura diventare un autogol clamoroso. Se si decidesse di imporre il 40 per cento di musica italiana nelle radio, questo porterebbe a ridurne la presenza che invece spontaneamente, e senza imposizioni di legge, arriva anche alla metà.

Basta controllare una piattaforma che si chiama EarOne e scoprire che tra i primi dieci pezzi più trasmessi dalle radio ci sono ben sei pezzi italici. Ma c’è un altro passaggio significativo nelle dichiarazioni del consigliere Beatrice Venezi. Suggerisce la creazione di un albo per critici musicali, misura non solo preoccupante ma anche irrealizzabile per il semplice motivo che i “critici” un albo professionale già ce l’hanno ed è quello dei giornalisti, professione alla quale si onorano di appartenere.

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