Un libro che è anche un disco. Un disco che è il risultato di un progetto lungo trent’anni. Un progetto che ha perso per strada uno dei protagonisti – il chitarrista Domenico Ascione – ma che ha imbarcato in questa avventura nuove voci, come la cantante canadese Loreena McKennit, l’arabista Francesca Corrao, la scrittrice Edith Bruck e il cardinale Matteo Maria Zuppi: che al disco/libro (edizioni Finisterre) ha dato il titolo: “E così tutto canta”.
Un progetto scritto, suonato e cantato dai MishMash, gruppo nato a Roma intorno a una chiave multiculturale, multi-musicale e multi-religiosa. Intorno al cattolico Ascione si sono riuniti il musulmano Mohssen Kasirossafar, percussionista persiano e culture di musica araba, l’ebreo Marco Valabrega, violinista e ricercatore di canzoni klezmer, e il buddista Bruno Zoia, contrabbassista di formazione jazz. Che in questa intervista ci racconta la storia di questo lungo e affascinante viaggio musicale
Come sono nati i MishMash?
«Prima si sono incontrati Mimmo Ascione e Marco Valabrega: hanno unito le loro tradizioni, il repertorio classico di Mimmo, che insegnava chitarra a Santa Cecilia, e quello ebraico di Valabrega. Poi hanno conosciuto Kasirossafar e hanno formato un trio. Un giorno ci siamo incontrati al Museo Pigorini: io ero lì per un’attività buddista, loro suonavano per Amnesty. Valabrega mi ha invitato a sentire le loro prove. E fin dal primo momento, mentre mi avvicinavo alla liuteria di Kasirossafar in via del Cedro, sono stato rapito dalla loro musica. E sono entrato nel loro repertorio, che non conoscevo affatto, con la mia esperienza di jazzista, più portato all’improvvisazione».
E il nome da dove arriva? È un termine che capiscono tutti, ma in che lingua è?
«Quando abbiamo iniziato a mischiare i nostri modi di fare musica, Valabrega e io ci siamo ricordati di una cosa che diceva il maestro Daniel Oren, con cui avevamo lavorato entrambi: ogni tanto diceva “ecco, ora dovete mischiare i suoni, dovete fare un mishmash: e questo termine onomatopeico, che viene dall’ebraico ma è capito in tutto il mondo, ci è sembrato il nome giusto per noi».
Come è nato “E così tutto canta”?
«È un omaggio ad Ascione. È mancato nel 2017 e la sua perdita per noi è stata un colpo molto forte. Siamo cresciuti insieme, abbiamo cresciuto insieme i nostri figli, abbiamo suonato per trent’anni… Stavamo tutti male, non riuscivamo più a suonare. Finché un giorno mi hanno invitato al concerto al Quirinale per la Giornata ebraica: era da tempo un nostro sogno, di Mimmo e di tutti noi, suonare lì, ma per un motivo o per l’altro non eravamo mai riusciti a partecipare. Ci avevano anche invitati a Salonicco, a suonare per l’istituto di cultura italiano. Allora ci siamo decisi: abbiamo chiamato l’allievo migliore di Mimmo, Nicola Pignatiello, e siamo ripartiti».
Sarà stata dura per Pignatiello inserirsi in un gruppo così affiatato!
«La cosa bella è che, quando parla di Mimmo, lui lo chiama Maestro: si sente che lo dice con la maiuscola… Ci trasmette un rispetto che per noi è una bella sorpresa: per noi era un grande amico, per lui era il maestro, e questo affetto profondo ma diverso ci unisce. Nicola ci ha dato una vitalità nuova. E in mezzo a questa nuova vitalità, io una notte ho sognato Mimmo. E al risveglio ho pensato che avevamo tante canzoni che non avevamo mai inciso nei nostri tre dischi precedenti. Quando l’ho proposto al nostro produttore, che è sempre molto severo, mi aspettavo che facesse difficoltà: invece ha rilanciato dicendo “Non fate solo un disco, facciamo anche un libro”. A cantare, dopo vent’anni nei nostri spettacoli, è Yasemin Sannino, che è turca ed italiana: il pubblico la conosce bene perché ha cantato fra l’altro la canzone principale della colonna sonora delle “Fate ignoranti” di Ferzan Ozpetek».
Ed eccolo qua: con i testi e gli spartiti di alcune canzoni, e scritti ì di collaboratori e sostenitori su temi di pace e dialogo…
«I contributi li abbiamo raccolti con mia moglie, Emanuela Vecchio. Abbiamo iniziato contattando persone con cui avevamo lavorato negli anni, e abbiamo trovato grande entusiasmo. Ci ha commosso in modo particolare Edith Bruck che ci ha regalato due brani: sarà con noi il 25 gennaio in occasione di un concerto che faremo all’Accademia d’Ungheria. Solo il cardinale Zuppi ci ha fatto penare: il suo testo non arrivava mai e noi non volevamo insistere troppo, era appena stato nominato presidente della Cei… E poi ci ha mandato questo scritto meraviglioso, che descrive perfettamente quello che sono i MishMash e ci ha anche dato il titolo…».
Ci sono spesso iniziative per il dialogo tra le tre “Religioni del libro”. Nel vostro caso però c’è lei, che è buddista, quasi a far da paciere tra tre fedi che in diverse parti del mondo sono in contrasto feroce: sembra il cugino invitato alle cene di famiglia per evitare litigi! Come dice Corrao in una pagina del libro, citando il Sutra del Loto, la legge del Budda è come una pioggia «di un solo aroma» che «bagna i fiori umani in modo che ciascuno possa dare il suo frutto».
«Purtroppo anche i buddisti stanno facendo cose bruttissime contro i musulmani: l'uomo è uomo ovunque, manifesta ovunque i suoi limiti… Noi però discutiamo anche con durezza, litighiamo ma torniamo sempre al punto comune. Ho visto tanti gruppi musicali formarsi ma un’evoluzione come la nostra, emotiva e creativa, non si trova facilmente».
Quali sono nel disco le canzoni più “mishmash” in termini di religioni e culture?
«In realtà quello che mi sembra più vicino allo spirito del gruppo è “Galani galaziani”, una danza greca che non ha nulla a che fare con la religione. È nata da una jam session in cui avevamo invitato a cantare Lucilla Galeazzi. Ognuno di noi doveva fare la sua parte, e poi lei avrebbe chiuso, invece lei ha iniziato a cantare subito, interagendo con noi in una improvvisazione collettiva in stile molto New Orleans. E poi c’è “Un peu de bossa”, di Ascione. L’ha scritta per sfidare un suo allievo che gli aveva detto “la musica classica non mi piace, mi piace solo la bossa nova”. È nata così, e l’abbiamo suonata mille volta ma è la prima volta che la incidiamo: Ascione non c’è più, ma Pignatiello lo sostituisce egregiamente».