Non chiamatele copie. I DAW® - Digital Art Work sono l’ultima frontiera della tecnologia, tutta italiana, applicata all’arte: versioni digitali dei capolavori custoditi nei musei, realizzati in scala 1:1 e gestiti da una piattaforma che permette di rispettare i vincoli e i requisiti delle opere stesse, a cominciare dall’unicità.
L’idea è di Franco Losi e John Blem, ingegneri informatici che hanno mosso i primi passi nella Silicon Valley anni Novanta, fondatori di Cinello, azienda con sedi a Firenze, Milano e Copenhagen. Per ogni DAW® il mantra è: proprietà, esclusività, incopiabilità.
Il primo a finire sul mercato è stato il “Tondo Doni” di Michelangelo, dipinto tra il 1506 e il 1508 per il banchiere Agnolo Doni, esposto alle Gallerie degli Uffizi. Ad acquistarlo, una collezionista italiana, Eugenia D’Aurelio: «Ho conosciuto Franco Losi durante un week-end in Toscana e mi ha parlato di questa crittografia digitale brevettata. Qualche tempo dopo, agli Uffizi, ho rivisto la splendida Sacra Famiglia cinquecentesca e non ho esitato a ordinare uno dei nove esemplari di DAW® (nove è un numero già testato per i multipli nella scultura, ndr). Anche la cornice in legno intarsiato è stata fedelmente riprodotta da un artigiano toscano durante la pandemia. Il collezionismo è per me condivisione del bello e, in questo caso, la metà del denaro che ho investito finisce nelle casse del museo che detiene i diritti dell’opera».
Attualmente il catalogo di Digital Art Work spazia da Mantegna a Caravaggio, da Botticelli a Raffaello, da Leonardo a Tiziano, da Lippi al Bronzino, da Canaletto e Hayez mentre le istituzioni museali coinvolte comprendono oltre agli Uffizi di Firenze, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, il Museo e Real Bosco di Capodimonte a Napoli, la Pinacoteca di Brera, il Complesso Monumentale della Pilotta di Parma, il Museo di Palazzo Pretorio a Prato, la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano e varie Fondazioni. Tecnicamente, il museo fornisce a Cinello l’immagine dell’opera in alta definizione, scansionata e inserita in un piccolo computer. Il valore reale dell’opera è dunque un file con annesso certificato.
«Per mettere a punto i DAW® mi sono ispirato alle serigrafie di mio padre pittore», racconta Losi, originario di Piacenza che, insieme al socio ha creato anche “Save The Artistic Heritage”, associazione no profit che promuove e valorizza il patrimonio storico-artistico a livello internazionale attraverso mostre, convegni, attività di formazione. «Esportiamo mostre digitali in tutto il mondo, a impatto zero, perché spedire file non implica lo spostamento materiale dell’opera. Abbiamo portato a Londra DAW® di Leonardo Da Vinci e Modigliani, organizzato in collaborazione con il consolato italiano in Arabia Saudita una mostra a Gedda e ne abbiamo in cantiere una a Tokyo. Chi considera il digitale un qualcosa altro da noi forse non ha riflettuto sul fatto che ormai, tra digitale e realtà, non c’è più alcuna differenza», sottolinea Losi.
Ma quanto può costare un DAW®? Si va da un minimo di 50 mila euro per le opere di autori minori a un massimo di 400 mila. I prezzi sono stati stabiliti da uno studio dell’Università Bocconi basato su un algoritmo che ha messo insieme le aggiudicazioni delle aste Old Masters relative agli ultimi cinquant’anni e le valutazioni fatte dai direttori dei musei. Importante: in caso di furto o smarrimento, il file viene automaticamente disattivato da Cinello.