Sembrerebbe quasi eccessivo, se non fosse che nulla che riguardi Madonna può davvero risultare tale, eppure a tenerlo nelle mani un libro di oltre mille e cento pagine che racconta la sua vita fa una certa impressione. Si intitola “Madonna. Una vita ribelle” (Rizzoli), scritto da Mary Gabriel dopo alcuni anni di meticolose ricerche.
Fa impressione, certo, ma alla fine merita attenzione, perché al di là del fatto che ci piaccia o meno la sua musica, ci troviamo per le mani una storia esemplare, un romanzo dei nostri tempi, uno spaccato della cultura pop degli ultimi quarant’anni. A seguirla dall’inizio, in rigoroso e lineare ordine cronologico, è la storia di una ragazza americana con una forte componente italiana derivata dal padre Tony Ciccone, che cerca già nella provincia del Michigan la sua identità, la sua voglia di esprimersi col corpo, con la voce, con le idee e che poi approda a New York nel momento di svolta, alla fine degli anni Settanta, quando sta nascendo una nuova cultura pop che fa dell’edonismo, del ballo, del piacere, del glamour, del narcisismo e soprattutto della liberazione da limiti e tabù sessuali i propri punti fondamentali.
Madonna entra nel gioco come una freccia avvelenata e con la sua determinazione feroce va a centrare il bersaglio dei tempi, diventa nel giro di pochi anni la più controversa, osannata, mitizzata icona pop, il volto femminile, bianco, sfacciato dell’altra parte della medaglia pop incarnata da Michael Jackson. Madonna diventa peccato, inclusione, simbolo di libertà sessuale ed emancipazione, rompe ogni confine e soprattutto manda al mondo femminile un messaggio imperioso: si può, anzi si deve fare.
Contrariamente a tutti i luoghi comuni che vogliono le star del pop prodotti creati a tavolino da chissà quali occulti strateghi, Madonna ha deciso per intero il suo cammino, come viene confermato dal librone che la racconta. Per questo la sua storia non è solo la sua storia, e per questo vale la pena leggerla.