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Cultura
febbraio, 2023

Holy Spider, l’Iran di oggi è un thriller

Un serial killer deciso a ripulire le strade dalle prostitute. Una storia vera diventa un noir sconvolgente come il Paese che racconta

Un uomo percorre una strada di notte in motocicletta con una donna seduta dietro. Lo spesso chador che avvolge la donna non nasconde del tutto il suo viso sfigurato. La donna è un cadavere, l’uomo il suo assassino. Finire quella specie di Saraghina irridente, sboccata, più grossa di lui, non è stato facile.

La lotta è stata selvaggia, il lungo primo piano della donna morente ancora più insostenibile degli altri. Eppure quell’uomo, Saeed (fenomenale Mehdi Bajestani, attore di teatro che con questo ruolo rischia non solo la carriera), è un padre di famiglia, volto onesto e mani da operaio. Se uccide le prostitute di Mashhad, città santa dell’Iran, è per “ripulire” le strade, obbedire al Corano, forse riscattare i suoi otto anni di guerra contro l’Iraq. Ecco perché la polizia non si danna per prenderlo. Forse.

Ormai rotti a tutto, sorprende trovare un film ancora capace di turbarci. “Holy Spider” ci riesce non solo in quanto storia vera (su YouTube c’è il docu di Maziar Bahari “And Along Came a Spider”), nonché agghiacciante metafora naturale di quanto avviene oggi in Iran, ma perché infrange molti tabù. Mai si erano viste scene di sesso in un film iraniano (peraltro girato in Giordania e diretto da un regista naturalizzato danese), né corpi di donna. Anziché affidarsi a una violenza estetizzata o codificata dai generi, Abbasi poi alterna la frontalità più brutale a preziosismi orientali (quei piedi femminili ricorrenti). In un alternarsi di quadretti domestici, delitti ripugnanti, dettagli di grande impatto come le case delle prostitute, il consumo d’oppio, l’ampio consenso di cui gode il serial killer perfino in famiglia, che rende il tutto definitivamente perturbante.

Più strumentale, benché efficace, la cornice dell’inchiesta di una giornalista che oltre agli orrori del caso affronta una robusta dose di abusi e molestie. Anche se il gioco di rimandi fra personaggio e interprete (l’affilata Zar Amir Ebrahimi, palma a Cannes come miglior attrice), costretta a fuggire dall’Iran nel 2008 per la diffusione di un sextape, aggiunge forza simbolica a un film che ha il solo limite di dover dire troppe cose insieme. Fino a quell’epilogo giudiziario in cui il messaggio prende un po’ il sopravvento. Il ghiaccio è rotto comunque.

La nostra immagine dell’Iran non sarà mai più la stessa. In bilico tra due mondi, l’autore del già inquietante “Border”, raro esempio di fantastico sociale, lavora come pochi sulle frontiere. Geografiche, biologiche, estetiche, morali.

 

Holy Spider
di Ali Abbasi
Danimarca, Germania, Svezia, Francia, 117

 

AZIONE! E STOP

 

Tra i film-Ufo in tour per l'Italia ce n'è uno davvero bizzarro: “Gigi la legge” di Alessandro Comodin, surreale docu-comedy su un poliziotto friulano di campagna (zio del regista) in cui è tutto vero e tutto inventato. E lo scarto realtà/fantasia è il cuore del film. Un Lynch del Nordest, esilarante e spericolato. Scoperto a Locarno.

 

Dopo Jafar Panahi, le autorità iraniane liberano anche Mohammad Rasoulof, regista di “Il male non esiste”, Orso d'oro a Berlino. Ottima notizia ma non abbassiamo la guardia: la scarcerazione è pro tempore. E per ogni nome illustre dato in pasto ai media, chissà quanti sono gli sconosciuti che restano in prigione.

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