Cultura
3 novembre, 2025Con "30 Blizzards" l’artista britannica intreccia linguaggio, corpo e materia in una coreografia dell’instabilità. Un progetto sostenuto da Miu Miu che riflette sull’identità come fenomeno in continuo mutamento
Nella sala ipostila del Palais d’Iéna, l’architettura di Auguste Perret si è trasformata in un organismo vivente. Fra colonne e luci lattiginose abbiamo visto muoversi trenta figure, ciascuna portatrice di un proprio clima interiore. Si chiama 30 Blizzards. la nuova opera di Helen Marten, presentata durante Art Basel Paris e sostenuta da Miu Miu, che ancora una volta ha scelto di intrecciare la riflessione sulla moda con quella sull’arte e sull’identità contemporanea.
Marten, una delle voci più lucide dell’arte britannica, costruisce da anni un lessico che mescola linguaggio, scultura e scrittura. Nei suoi lavori il pensiero prende forma come oggetto e l’oggetto come pensiero incarnato. In 30 Blizzards. questa dialettica raggiunge un equilibrio complesso con cinque piattaforme scultoree, cinque video e trenta performer che incarnano una diversa “temperatura emotiva”, creando una partitura fisica, più che teatrale, una coreografia dell’instabilità. Il titolo evoca la tempesta non come evento catastrofico, ma come condizione costitutiva dell’esistenza. Le “trenta tempeste” di Marten sono i gradi di una vita, gli stati in cui l’essere si disperde e si ricompone. Niente narrazione e nessuna cronologia lineare, dunque, per questa performance che si muove per simultaneità e sovrapposizioni.
Ogni gesto è eco di un altro, ogni parola nasce e si dissolve come vapore. Marten sembra costruire non tanto un racconto, quanto una meteorologia del sé, un atlante di pressioni, venti e variazioni interne. Nel rigore geometrico del Palais d’Iéna, lo spazio diventa un flusso con un nastro meccanico che percorre la sala trasportando oggetti e contenitori, delle reliquie di un mondo in continuo montaggio. Il pubblico, dislocato fra le piattaforme, diventa parte del sistema, circolando, attraversando ed osservando da dentro. Il risultato è una visione lenta e concentrata dove il gesto umano e il ritmo industriale si sono confondono fino a diventare la stessa cosa. Come spesso accade nel lavoro di Marten, il linguaggio è al tempo stesso protagonista e prigioniero. Le parole si scompongono in suoni, in respiri e in articolazioni del corpo. Il significato non è mai stabile: si accumula, si erode e si sposta di continuo.
La performance diventa così una grammatica dell’indecidibile, un esercizio di lettura in cui ogni segno rinvia a un altro senza mai chiudersi. In questo contesto, la presenza di Miu Miu non appare accessoria, ma perfettamente coerente. Da anni il marchio di Prada Group si muove su una linea culturale che esplora la femminilità come costruzione e linguaggio, non come dato. 30 Blizzards. si colloca dentro questa riflessione, proponendo un’idea di identità non come nucleo fisso ma come fenomeno atmosferico, mutevole e collettivo. La moda, qui, non è cornice ma interlocutrice, uno spazio di pensiero sulla superficie e sul corpo, sulla visibilità e sul potere dei segni.
Dal punto di vista formale, l’opera di Marten dialoga con la tradizione post-minimalista e concettuale, ma la piega verso un territorio più intimo, quasi letterario. La scultura si apre al tempo, la performance alla scrittura. Ogni oggetto – che sia un attrezzo, un pannello o una figura in resina - funziona come lemma di un dizionario materiale in cui l’esperienza prende il posto della definizione. L’artista sembra dire che l’unico modo per comprendere la realtà è abitarla nella sua instabilità. L’effetto è ipnotico, un clima più che uno spettacolo. Le “trenta tempeste” di Marten non chiedono di essere capite, ma attraversate. L’opera è un esercizio di attenzione, un invito a percepire il tempo nella sua densità fisica, come materia ed è così che l’artista restituisce alla visione la sua lentezza, la sua fatica e la sua grazia.
Al termine della visita, ciò che resta è la sensazione di essere entrati in una mente al lavoro o forse in un sistema naturale che ci contiene. Marten non offre soluzioni, ma un modello di pensiero: la tempesta come forma della conoscenza e la turbolenza come spazio di libertà. In fondo, ogni vita è un insieme di blizzard, di raffiche che scompongono e ridefiniscono la forma delle cose. Helen Marten ci ricorda che, nella loro apparente disgregazione, si nasconde la più alta forma di ordine: quella del divenire.
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