Gioia Salvatori: “È sempre una questione di Cuoro" - L'intervista alla stand up comedian

Mescola lo stand up con la poesia, le filastrocche con le improvvisazioni jazz. L'attrice recita e scrive: "Puoi essere brutto, bello, alto, basso. Il teatro è un luogo che ha bisogno di umanità"

Dietro l’aria stralunata e due teneri occhioni si nasconde un vulcano di simpatia. E quando esplode non si sa mai cosa può accadere. Tutto normale, è Gioia Salvatori – autrice, attrice, conduttrice romana – che in pochi istanti è capace di stenderti a colpi di battute spiazzanti e affilate. D’altra parte, come dice lei, «il teatro è una casa per tutti gli stranissimi». Insomma, più sei strano, più la scena è casa tua, «puoi essere brutto, bello, alto, basso il teatro è un luogo che ha bisogno di umanità e quindi anche le mie inquietudini adolescenziali hanno trovato casa lì. Poi però è arrivata la parte difficile: salire sul palco non per farti guardare ma per lasciar vedere. E con un po’ di tecnica e di lavoro su me stessa, eccomi qua». Nei suoi lavori mescola lo stand up con la poesia, le filastrocche, le improvvisazioni jazz. «Io sono per il varietà e la comicità performativa alta. Si può far ridere anche riscrivendo “La pioggia nel pineto” di D’Annunzio. In questo caso mi piace il gioco forte: il poker piuttosto che il rubamazzo», dice. In questi giorni è in scena al Teatro Basilica di Roma con “Totale” (regia di Pier Lorenzo Pisani, fino al 9, e poi a novembre al Bellini di Napoli), e il 10 luglio debutterà, sempre a Roma, nel nuovo spettacolo diretto da Fabiana Iacozzilli “Avere una brutta natura” (produzione Cranpi e La Corte Ospitale), tratto dal suo omonimo romanzo d’esordio edito da Baldini + Castoldi.

Il progetto che le ha cambiato la vita è “Cuoro”, nato nel 2012 e oggi seguito da 18mila followers. Cosa cercava, Gioia? 

«Avevo bisogno di esprimermi, ma non avevo uno spazio, così ho aperto un blog. Mi incuriosiva moltissimo internet, che mi ha dato la possibilità di farmi ascoltare degli altri. Questa cosa io l’ho capita velocemente e l’ho cavalcata. La velocità dei nuovi media incontrava anche la mia natura, la velocità del mio carattere. Poi credo che Instagram sia una cosa, il profilo Facebook un’altra, il teatro un’altra ancora e giocare con questa varietà di stili lo trovo divertente. Io mi annoio molto facilmente, per questo saltello qua e là. Ma non racconto mai il mio quotidiano, il mio è un profilo artistico. Il reale non mi interessa. Se solo potessi non sapere di me e degli altri starei molto meglio».

Le interessa però molto la scrittura, più del recitare?

«Sì, mi piace molto scrivere e credo che l’autorialità sia la mia vocazione più identitaria. L’ho capito seguendo un laboratorio di drammaturgia al Teatro Due di Parma. Ma sia la scrittura, che ha a che fare con l’intelletto, sia la recitazione, una questione più di cuore, sono necessarie per la buona qualità della mia esistenza». 

Relazioni uomo/donna, mode linguiste, consumi e ossessioni del nostro tempo: dove prende spunto per affrontare tutti questi temi?

«Sono un grande osservatrice e frequentatrice di bar. Sai quando devi ripassare la pasta? Ecco do una bella ripassata! A volte comincio da uno sguardo sull’oggetto o da una frase che ho sentito al bar che poi però attribuisco a un altro. Per me l’osservazione del mondo e la manipolazione del testo sono un gioco. La realtà la trovo deprimente, mi piace fantasticare cretinamente, rielaborare i dati in modo poetico».

Lo fa anche nel suo romanzo, “Avere una brutta natura”, con una bizzarra protagonista che non paga le multe prese nel quartiere per andare a cercare un “Carlo qualunque”.

«Ah ma lei non si ricorda neanche come si chiama. Però la sua svagatezza la paga. Una che si prende il lusso di mettere la macchina dove le pare la deve pagare. Ma poi non ha mai un soldo, va in vacanza a Focene e ha come progetto quello di diventare la bambolotta del quartiere, un progetto cretino come lei. Ma perché nei maschi è possibile la cretineria e noi invece dobbiamo sempre avere uno scopo etico, un’esistenza che glorifichi la nostra maturità? Se non voglio fare niente sono libera di farlo e ne pago le conseguenze».

La protagonista del romanzo paga le multe, mente in “Totale”, spettacolo che racconta la fine di una storia d’amore, tutto finisce su un lungo scontrino degli acquisti.

«È un modo per ricordare alla coppia le spese fatte insieme, una lettera d’addio scritta su uno scontrino. Tra l’altro sono in scena con Andrea Cosentino, attore che stimo molto, con un testo di Pier Lorenzo Pisano prodotto da Cranpi. È un po’ una sperimentazione delle parti, come quella che fa Lucia Calamaro quando mi coinvolge nei suoi spettacoli».

Ma quindi cos’è l’amore?

«L’amore è una giostra, si sale e si scende, prima c’era e poi non c’è, s’illumina e si spegne, è qualcosa che sta sempre in movimento. Mi piace osservarlo come una forma giocosa delle parti. È come avere 10 tomi di settimane enigmistiche, non ci si annoia mai». 

Quali sono i suoi punti di riferimento?

«I corpi magici dei cartoni animati, Anna Marchesini con le sue mille voci, Franca Valeri con la sua solitudine feroce, e poi Guzzanti e Dandini».

E la letteratura?

«Per me la letteratura è sempre stata fondamentale. Nella vita spesso non sapevo come comportarmi e quando leggevo un romanzo pensavo: “Vorrei essere come lei”. A volte però facevo fatica ad identificarmi, quindi ho preso un pezzo di qua e uno di là per capire come essere più libera possibile. L’unica cosa con cui cambierei la letteratura è la natura: mi leggo un bel libro o faccio il bagno nelle acque fredde delle cascate?».

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