Cultura
9 settembre, 2025Articoli correlati
Seguiremo l’invito del figlio: "Sono sicuro che, da lassù, vedere un esercito di lettori condividere il loro amore per ciò che ha creato gli strapperebbe sicuramente una gran risata”
Il Lupo ci mancherà moltissimo. Che sia vero o meno l’episodio da cui deriva il soprannome di Stefano Benni (lo sorpresero, ragazzo, a ululare alla luna sugli Appennini), è stato un lupo per chi lo ha letto e lo ha conosciuto, e sulle sue pagine si è formato, condividendo ogni parola di Non siamo stato noi o sognando di giocare a pallastrada come i Celestini.
Il Lupo era poesia e rabbia, e quando è discretamente sparito senza che le notizie sulla sua malattia superassero la cerchia più stretta degli amici il suo sguardo è mancato parecchio.
Diversi anni fa, in occasione del trentennale di Bar Sport, Benni scrisse di non avere nostalgia del bar come luogo fisico, quanto delle storie che vi ascoltava. “Inventate, raccontate, esagerate, e soprattutto create personalmente. Cominciavano così: amici cosa mi è successo. Adesso entro in un bar e sento: Sentite amici cosa è successo ieri a Briatore. Sarà anche una bella storia, ma io esco”. Forse è per questo che in alcuni degli ultimi libri si rivolgeva al trascendente. In La grammatica di Dio, per esempio, parla di Frate Zitto che si incanta a guardare la luce azzurrina sui pioppi e decide di tacere per sempre.
Passano gli anni, e il frate tace: anche nel delirio della febbre, anche quando viene allontanato dalla sua biblioteca e, nel nuovo corso instaurato da un priore che molto sa di marketing, deve vendere sorridendo i prodotti del convento ai turisti. Tace come ha taciuto Benni. E c’era un altro racconto, dallo stesso libro, dedicato al fiammorgallo, lo spirito del camino, fatto di fiamma e di accudimento verso gli umani: per secoli aveva riparato spiedi e mescolato la polenta quando le cuoche cedevano al sonno, e soprattutto aveva ascoltato i racconti degli uomini davanti al fuoco. Morti gli ultimi narratori, o trasformati in spettatori televisivi, il fiammorgallo fugge via, in cerca di “anime accese”.
È bello pensare che Benni sia fuggito come il fiammorgallo da un mondo che non ama più le storie. Ma noi amiamo le sue e seguiremo l’invito del figlio: “Una cosa che Stefano mi aveva detto più volte è che gli sarebbe piaciuto che la gente lo ricordasse leggendo ad alta voce i suoi racconti... Quindi, se volete ricordarlo, vi invito in questi giorni a leggere le opere di Stefano che vi stanno più a cuore a chi vi sta vicino, ad amici, figli, amanti e parenti. Sono sicuro che, da lassù, vedere un esercito di lettori condividere il loro amore per ciò che ha creato gli strapperebbe sicuramente una gran risata”.
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