La buona amministrazione, la rinascita urbanistica, il successo di Expo. Grandi imprese pubbliche e private trasferiscono da Roma uffici e dirigenti. Il potere si sposta sotto il Duomo. Ritratto del capoluogo lombardo in piena rinascita

No, non è solo l'Expo il volano, l’algoritmo, la soluzione della metamorfosi. C’è pure Porta Nuova e il Bosco Verticale, ne vogliono uno identico anche in Cina. E l’Hangar Bicocca, Citylife, la Torre Isozaki di Allianz e la Fondazione Prada, ex distilleria recuperata ad arte, il bar serve unicamente panini gran gourmet, la Miuccia dice che il genere socializza. Poi la darsena, da non credere, ora finalmente è riempita d’acqua. Milano, città nuova dove tutto succede.

Dopo anni grigi, di colpo, ha cambiato pelle. E si è rinnamorata di se stessa. Sono apparsi gli alberi e i piccoli giardini, il rilancio delle aree verdi lo varò il sindaco Albertini, con quel nome, per forza. Passano in fila indiana ricche cinesi vestite gran moda con il naso in su ad ammirare i grattacieli. Cerca casa Fabio Gallia, nuovo ad di Cassa Depositi e Prestiti, la cassaforte piena di dobloni pubblici. Il suo presidente Claudio Costamagna, avuto da Cesare-Matteo quel che aspettava da Cesare-Matteo, lascia malvolentieri il suolo meneghino, e se la Cassa dev’essere più di mercato, lui e la chiave del tesoro stanno il più possibile a Palazzo Litta, Corso Magenta. Torna a casa Corrado Passera, la Capitale è stata assai amara, Milano, come già in passato, forse potrebbe dare di più. A maggio si libera il Comune e lui ha parlato con Paolo Glisenti che al fianco di Letizia Moratti sognò l’Expo, vedi mai, si può provare.

Il sindaco, Giuliano Pisapia, gran borghese rosso che non vuole ricandidarsi nonostante le suppliche romane è venerato come Padre Pio. Non è sovrannaturale la trasformazione di Milano in brulicante città turistica? Il traffico è spesso infernale. Le corsie sono ristrette in nome del ciclismo cittadino e Pisapia e cinque assessori danno il buon esempio, tanto non si spalancano i buchi e i crateri di Roma. Si fa lo slalom nelle strade invase dai viaggiatori, la città è al secondo posto tra le più visitate d’Italia, Firenze si piazza dopo di lei e sembra uno scherzo. Il dato non dipende dall’effetto Expo applaudito dalla stampa di mezzo mondo, dopo mesi di apocalittici anatemi e scandali nostrani. L’ascesa inizia ben prima. Ecco, il miracolo a Milano. Se questo non è miracolo, allora cos’è?

A Milano, a Milano, persino per un week end, per famiglie e sublimi snob, la città è nel grand tour. Un grand tour in un crocevia più che mai politico, economico, internazionale, bancario esteticamente rivoluzionato e frutto di una ritrovata passione civile e del rigore calvinista della città. È bastato che saltasse il tappo del berlusconismo e nella Milano dalle mille anime - culturali, etniche, di censo - e dalle quattro linee della metropolitana, è tornato di botto il senso e l’orgoglio della comunità.
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Sette università, un quarto di milione di studenti da tutto il mondo, due orchestre sinfoniche, la Scala e va bene, ma anche la Verdi che è privata e un po’ arranca un po’ no, ma sopravvive. Intanto Etihad per togliersi dai pasticci romani valuta la possibilità di potenziare gli uffici milanesi e di incrementare il cargo su Malpensa sottraendolo al disastrato Fiumicino ancora in attesa del restyling. Che schiaffo per Roma! C’è chiasso allegro e tanti giovani, e persino la musica vicino alla Triennale completata e bellissima, accanto alla Galleria Vittorio Emanuele restaurata, e sulle rive dei Navigli. Anche le file all’Expo, nonostante ora siano esagerate, da class action come si è visto, sprigionano energia, elettricità. Nuovi bar ovunque, mentre il Comune è preso d’assalto dalle richieste di dehors, come a Parigi come a Londra. Chi se ne importa se il clima è quello che è. I romani che provengono da una Capitale diseredata, abbandonata a se stessa, ammutoliscono e commentano: «Prima Milano non era così».

No, non era così. E ora che il restauro delle facciate, i virtuosismi architettonici, i segni dei mecenati mostrano l’inaspettata grande bellezza, è in arrivo un’altra svolta sostanziale, profonda, forse chirurgica: il cambio degli uomini, si aspettano nuovi venuti. C’è l’attesa del dopo. Il dopo Expo, il 31 ottobre si chiude. Il dopo Pisapia, a primavera tutti a casa. Il dopo Edmondo Bruti Liberati, il procuratore generale è già scaduto: sarà Francesco Greco o Ilda Boccassini che ha presentato la richiesta o magari la poltrona toccherà invece all’ex marito di lei, Alberto Nobili? Attendendo l’Antitrust, ecco anche il dopo “Mondazzoli”, la fusione Mondadori-Rizzoli: quali saranno i prossimi capitani delle letture? Si profila forse il dopo Angelo Scola viste le voci insistenti su un ritiro anticipato dell’arcivescovo di Milano, uno dei tredici disobbedienti firmatari della lettera al Papa contro il metodo del Sinodo (lui ha smentito).

Molti metri sopra al cielo, in due delle torri simbolo della città si scruta l’avvenire. Cambierà qualcosa al vertice della Torre Unicredit, 239 metri zona Porta Nuova, a ridosso di Corso Como, (acquisti proibitivi, effetto assicurato da naufraga depressa), sopra piazza Gae Aulenti (altro luogo di turismo cult) dove Fabrizio Palenzona, vice presidente dai mille incarichi, anche presidente degli Aeroporti di Roma, è indagato dalla Direzione Antimafia di Firenze? Il cda della banca ha confermato la fiducia. Ma fino a poco fa, lui sembrava un intoccabile totem. Da una torre all’altra, a quella del Pirellone, sede del Consiglio regionale lombardo dove il vice presidente Mario Mantovani è stato arrestato per corruzione e la vicenda ha aperto una crisi negli equilibri politici già traballanti del Consiglio.

A palazzo Marino, l’eredità Pisapia peserà come un macigno. Per la valenza politica a livello nazionale del risultato locale e per il ruolo della città nelle comunità economiche finanziarie del nuovo mondo: «i giovani del Far East», ha raccontato l’ad Expo Giuseppe Sala, «considerano Milano una delle mete più desiderate d’Europa». Meglio non farlo sapere a Parigi. A differenza di altre città italiane - si stenda un velo pietoso sulla Capitale - c’è ancora una società civile pronta a mettersi al servizio del bene comune.
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L’ha fatto l’avvocato Umberto Ambrosoli, sconfitto da Roberto Maroni. Sollecitato da Palazzo Chigi, proverà anche Sala, ex dirigente Pirelli, presentato a Letizia Moratti da Bruno Ermolli, ora diventato ardente renziano. C’è il tormentone Ferruccio de Bortoli, a sinistra, al centro, con una lista civica, non si sa! L’ex direttore del “Corriere della Sera” non è tipo da primarie. Nicchia, si favoleggia di un incontro con Renzi definito da lui in un editoriale «maleducato di talento». Ma le settimane passate nella Capitale come presidente della Commissione per il concorso Rai non saranno certo trascorse invano. La nebbia che non c’è più a Milano, è fitta invece intorno al nome del prescelto sull’altare berlusconian-leghista.

Il potere si sposta e così anche Roma. L’hotel più alla moda è il nuovo Mandarin Oriental, ex Goldman Sachs, ex Cariplo. Chi c’è dietro? Giuseppe Statuto, l’immobiliarista saltato agli onori delle cronache con «i furbetti del quartierino» (anche l’albergo Four Seasons è suo). L’archistar Massimiliano Fuksas viene e va, racconta che la figlia Lavinia, designer di gioielli cresciuta tra Parigi e Roma, preferisce di gran lunga Milano.

Si corre di qua e di là, c’è tanto da vedere, i lavori della Fondazione Feltrinelli, 2700 metri quadrati su cinque piani, il restauro della casa di Alessandro Manzoni, ossessione del banchiere Giovanni Bazoli, per decenni gran capo della finanza cattolica e di Banca Intesa-Sanpaolo, appena entrato nell’affollato club italiano dei presidenti emeriti. Comincia anche Bookcity, si parla del fatto che primo in Italia, il liceo classico Tito Livio sia diventato bilingue, anche il latino è spiegato in inglese. Pochi mesi prima di morire, il finanziere Robert de Balkany ha comprato uno stabile in via Bagutta, diventerà un luxury shop. A due passi, dal grande antiquario Carlo Orsi c’è un via vai di tycoon. Poi si attraversa la strada e su via Monte Napoleone appare la coda davanti alla nuova pasticceria Marchesi, storico marchio meneghino, panettoni indimenticabili, comprata da Miuccia Prada. Ora i petit choux e i bignè sono da passerella.

Naturalmente i milanesi si lamentano un po’, elencano i difetti comuni a tante amministrazioni mentre Pisapia inaugura con il sindaco di Mosca Serghei Sobyanin una «diplomazia economica parallela delle città», canale complementare a quello fra Russia e Italia. A Mosca a Mosca! A Milano, a Milano!, ci sta tutta.

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