Tagli alla spesa pubblica. Congelamento dei salari. Stop alle grandi opere. E niente riduzioni di tasse. È il rigore chiesto da Bruxelles ai paesi del Sud per dare gli aiuti. Con molti rischi

Austerity made in Europe

Rigore per tutti. Tirare la cinghia come reazione ad un attacco speculativo che ha messo in ginocchio l'euro, fino a farlo arretrare. "L'eurozona era minacciata", ammette il ministro spagnolo dell'Economia Elena Salgano, "dovevamo prendere una decisione prima dell'apertura della Borsa di Tokyo". Così è stato. Dopo mille ritardi, in poche ore di tutto: venerdì 7 l'eurogruppo da l'ok ufficiale al piano per la Grecia, domenica notte i ministri delle Finanze dei 27, in collaborazione con la Commissione Ue ed il Fmi, varano un poderoso meccanismo di assistenza da 750 miliardi e quindi, di seguito, la Bce prende la storica decisione di acquistare buoni del Tesoro degli stati a rischio. E mercoledì la Commissione propone una modifica al patto di stabilità che implica una maggiore stretta sul debito, un controllo preventivo sui conti pubblici e sulle leggi finanziarie dei paesi dell'euro, nonchè un inasprimento delle sanzioni. Muta l'intera architettura della moneta unica e nulla sarà più come prima.

Mma basterà tutto ciò ad ammansire gli speculatori, evitare il contagio, a salvare l'euro e le sue economie? L'ultima parola è in mano ai mercati. Si vedrà nelle prossime settimane. In questo quadro che rimane assai incerto, l'unica certezza è che l'Europa è attesa da anni di lacrime e sangue. E da altre piazze calde, quelle della protesta sociale. "L'Euforia....prima dell'Austerità", titolava martedì mattina, con tono più agro che dolce, il belga "Le Soir".

"Ho molti dubbi sull'efficacia delle misure decise dai 27", dice Charles Wyplosz, economista dell'Università di Ginevra: "Non sappiamo ancora bene come funzionerà il meccanismo di salvataggio, chi lo gestirà e come. E in cambio abbiamo chiesto a Grecia, Portogallo e Spagna piani pesanti che creeranno tensioni sociali fortissime. Si calmano i mercati con misure molto rigorose che strozzano l'economia e condannano i paesi ad una recessione profonda, e questo genera una fortissima agitazione sociale e politica che renderà impossibile rispettare gli stessi programmi di stabilità. La Grecia non ce la farà mai a realizzare il suo violento piano di riduzione del deficit, tra sei mesi o un anno Papandreu dirà a Bruxelles che non ce la fa. E non sarà l'unico", conclude Wyplosz. "C'è un rischio di tenuta democratica, difficilmente si può resistere ad una rapida contrazione del Pil, tutto ciò si paga socialmente e politicamente", prevede il portoghese José Reis, direttore della facoltà di Economia di Coimbra.
Domenica 9 maggio, è notte fonda quando si mette a punto tra mille difficoltà il meccanismo di salvataggio, Germania ed Olanda si impuntano, pretendono e ottengono che Lisbona e Madrid taglino ulteriormente il loro deficit da qui al 2011, in modo da accelerare il rientro sotto il 3 per cento del Pil previsto per il 2013. Lisbona dovrà ridurre il deficit di 4,3 punti in un anno e mezzo, Madrid di 5,2. Il tutto senza aver chiesto ancora di accedere al meccanismo di salvataggio: se lo faranno, spinte dalla speculazione, saranno obbligate ad ulteriori misure correttive. "Nelle conclusioni figurano Portogallo e Spagna, ma nella discussione tra ministri", confida una fonte comunitaria, " si è fatto il nome anche di altri paesi, per esempio dell'Italia". Anche l'Italia è sotto stretta osservazione. Dopo viene l'Irlanda.
"Con la Grecia, la Germania ha voluto dare una lezione a tutti gli altri paesi del sud Europa", esordisce Marko Papic, analista per l'Europa di Stratfor, think tank statunitense specializzato in geostrategia. "Berlino ha atteso settimane per intervenire non tanto per le elezioni in Westfalia, che comunque ha perso, ma perché voleva una crisi sociale in Grecia per mostrare agli altri Pigs che devono assolutamente stringere la cinghia e risanare le loro economie. Il dilemma in Germania", continua l'esperto, "non era se salvare la Grecia o no, il dilemma era: prendiamo o non prendiamo ora il controllo dell'Europa? L'ha fatto: in questi giorni la Germania è emersa come l'unico leader. È un cambiamento storico, che segna la definitiva vittoria dei nazionalismi in Europa, del nazionalismo tedesco. Gli altri, dopo aver risanato, saranno satelliti".

L'impennata dei bot
Titoli di stato in scadenza nei Paesi dell'Eurozona
dati in miliardi di euro; emissioni con durata superiore a 12 mesi


Quella tedesca è una leadership che paga (quasi) per tutti, ma poi presenta il conto. Il premier portoghese José Socrates, che governa in minoranza, ha già annunciato la sua ricetta: blocco della opere pubbliche, privatizzazione di 17 imprese statali, congelamento dei salari del pubblico impiego per almeno 3 anni e taglio del sussidio di disoccupazione. A queste si somma la fine delle misure sociali transitorie lanciate due anni fa allo scoccare della crisi finanziaria. "La situazione è molto difficile", osserva Reis. Per Luis Campos e Cunha, ex ministro delle Finanze con Socrates, "il recupero sarà lento, ma il Portogallo non ha una conflittualità paragonabile a quella greca". La Cgtp, principale confederazione sindacale portoghese, ha promesso un maggio caldo.
Tempi duri anche per Zapatero. Da qui al 2011 dovrà tagliare il deficit di 15 miliardi di euro, dopo aver varato una manovra da 5 miliardi a febbraio. Allora pagò soprattutto il ministero allo sviluppo, ora sarà la volta dei dipendenti pubblici (con un taglio del 5 per cento dei salari e il congelamento fino al 2011)e delle regioni, il che vuol dire ridurre le spese in sanità ed educazione, come spiega Susana Borraz, economista specializzata in conti pubblici. Ma Bruxelles chiede anche una riforma del mercato del lavoro, aborrita dai sindacati, e non si esclude una crescita dell'Iva e dell'età pensionabile e la riduzione dell'assegno di disoccupazione, altri temi sensibili in un Paese che conta quasi il 20 per cento di senza lavoro. "La situazione non è ancora critica, ma potrebbe diventarlo tra 6 mesi. Se la cura si dimostra inefficace e non ci sarà ripresa dell'occupazione, la conflittualità crescerà", prevede José Ignacio Torreblanca, dell'European Council on Foreign Relations.
Situazione molto difficile anche in Irlanda, con un deficit oltre il 14 per cento, recessione e un debito in rapida crescita. Gli irlandesi hanno ripreso a emigrare. Il Regno unito ha la fortuna di essere fuori dall'euro, il che gli permette molta libertà, compresa quella di negarsi a finanziare il fondo europeo di salvataggio. Ma anche così il neo premier David Cameron e l'alleato Nick Clegg dovranno varare pesanti tagli del deficit, mentre il debito cresce a vista d'occhio.
Tornando nell'eurozona, la dieta tocca anche Francia e Germania. Il premier Fillon ha annunciato il congelamento di tre anni per i salari, tagli al pubblico impiego e agli assegni sociali. Infine anche Berlino decide di imbracciare la via dell'austerità. Niente riduzione delle tasse, e nuove misure di risparmio, l'ha annunciato la Merkel martedì 11, quando il suo governo approvava lo stanziamento di 123 miliardi di euro al fondo di stabilizzazione.
Quanto all'Italia, "ha dei problemi economici", è l'analisi di Papic, "ma il suo più grande problema è politico: reggerà la coalizione di Berlusconi? E avrà la forza di imporre tagli al deficit e di ridurre il debito?". Al momento Tremonti prepara un intervento da 26 miliardi in due anni, di cui 14 da realizzare subito. "La sola certezza", sospira un sottosegretario vicino al ministro, " è che non verranno toccati i salari dei dipendenti pubblici, le pensioni e gli interessi sul debito pubblico, mentre stiamo lavorando sui beni e servizi e sui trasferimenti a fondo perduto. È lì che colpiremo". A partire dalla sanità. Si preparano tagli alla spesa farmaceutica, ai ricoveri, al personale ausiliario, e sanzioni alle Regioni che spendono troppo. Poi, tagli alle spese per i ministeri: missioni, gettoni di presenza nei cda, straordinari, autisti, consulenze. Altro fronte aperto è quello del patrimonio immobiliare. Si prepara una maxi-operazione di cessioni sul mercato dai quali ricavare 3,5 miliardi.
C'è poi il capitolo entrate. Dopo il secco no a Berlusconi sulla riduzione delle tasse, Tremonti progetta una più stretta collaborazione fisco-previdenza in chiave di lotta all'evasione fiscale. All'Agenzia delle entrate, che ha incassato dagli accertamenti 9 miliardi nel 2009, chiederà di arrivare a 14. Come? Fari puntati sui residenti all'estero con rapporti commerciali con l'Italia. Ma per incassare subito, Tremonti non dimentica la sua natura condonista. Potrebbe prorogare a fine 2010 lo scudo bis e concedere una nuova formula di rivalutazione dei beni aziendali. Lunedì 17 e martedì 18 le misure addizionali di Portogallo, Spagna e Italia verranno analizzate da Eurogruppo ed Ecofin, un esame che si presenta duro, quasi quanto quello dei mercati.

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