Gli inglesi vincono il premio per la trasparenza, i tedeschi quello per l'efficienza, mentre gli italiani si contendono con i cugini spagnoli quello per gli sprechi. È per questo che, alla fine, associarsi a Confindustria costa più che al suo equivalente francese (Medef), tedesco (Bdi) o inglese (Cbi).
Quest'ultima ha 240 mila imprese affiliate, che nel 2010 hanno versato 23 milioni di euro di contributi associativi. L'intero Medef ne ha 700 mila, che sborsano complessivamente 23 milioni e 300 mila euro. Poco più della metà di quanto le 149.288 imprese italiane hanno speso per la sola sede centrale della Confindustria: 39 milioni e 341 mila euro. Il budget romano è alto anche per via di una partita di giro legata all'affitto della sede di viale dell'Astronomia, di proprietà di una società controllata: 9 milioni di euro, che comunque rappresentano quasi il triplo di quanto spendono gli inglesi (3,4 milioni di euro) per gli uffici aperti in tutte le regioni del loro Paese, a Bruxelles, Washington, Beijing e Nuova Delhi.
Nonostante le sedi sparse per il mondo, le spese per viaggi e trasferte della Cbi ammontano a 450 mila euro, un quarto rispetto al milione e 865 mila euro messi in bilancio dalla Confindustria di Roma per le trasferte (cifra a cui va a sommarsi un altro milione per "rappresentanza e missioni estere"). Alla rappresentanza, d'altra parte, gli imprenditori italiani tengono molto. Basta vedere le uniche due iniziative su cui hanno investito tra il 2010 e il 2011: "Progetto 100 giovani per 100 anni" e "Progetto Centenario Confindustria", costati insieme un milione e 700 mila euro.
Più concretamente Medef ha messo in piedi una "Summer School" per dirigenti d'impresa a cui partecipano 6 mila top manager ogni anno. Ospite d'onore dell'edizione 2010: Lapo Elkann, sostituito l'anno dopo da Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo. La Cbi si dedica invece a progetti per promuovere le esportazioni inglesi all'estero, ridurre la disoccupazione e le emissioni da parte delle aziende, investendo 209 mila euro. E i tedeschi della Bdi si concentrano sulla ricerca: solo nel 2010 hanno pubblicato 14 studi, dalla politica fiscale all'ecosostenibilità.
Nello stesso anno il Centro-studi di Confindustria ne ha sfornati tre in tutto. Solo gli spagnoli della Ceoe ci battono in quanto a burocrazia: nel 2010 contavano 21 vicepresidenti, alla guida di 3.729 dipendenti distribuiti tra le 486 sedi. All'estremo opposto c'è la Cbi, che pubblica perfino gli stipendi dei dirigenti: il direttore generale, John Cridland, guadagna 399 mila euro. A Roma invece esiste un misterioso "Fondo del presidente", che vale, si dice, qualche centinaio di migliaia di euro, ma sul quale è davvero tempo perso provare a chiedere informazioni.