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Economia
gennaio, 2016

Adesso l'Eni rischia grosso in Nigeria

Il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari
Il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari

Il governo di Abuja starebbe pensando di riprendersi il giacimento Opl 245, finito al centro di una inchiesta internazionale per corruzione. Eni e Shell lo pagarono 1,3 miliardi di dollari. Perdita a cui si aggiungerebbe una multa da 6,5 miliardi. E parecchie riserve petrolifere

Il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari
Nella campagna elettorale che lo portò alla vittoria, lo scorso marzo, il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, aveva puntato molto sulla lotta alle ruberie. «Quello che otterremo dal contrasto alla corruzione», era stata la promessa dell'ex militare in uno dei suoi discorsi, «lo investiremo in educazione, infrastrutture, forniture e insegnanti». A quasi un anno di distanza dalla storica elezione – per la prima volta in Nigeria un cambio di governo è avvenuto tramite voto popolare – Buhari sembra pronto a passare all'incasso, puntando su uno dei tesori della giovane democrazia africana.

Lo ha scritto, in un articolo molto dettagliato, il quotidiano locale “Premium Times”, sostenendo che il governo, secondo alcuni documenti citati, potrebbe riappropriarsi di uno dei giacimenti più ricchi del Paese. Si tratta dell'Opl 245, un blocco offshore oggi controllato da due compagnie: l'italiana Eni e l'anglo-olandese Shell. Un tesoro ancora tutto da sfruttare.

GIACIMENTO MALEDETTO

La ricostruzione del giornale nigeriano si basa sulla lettura di un rapporto scritto da Mohammed Diri, il direttore della pubblica accusa (Dpp), e richiesto dalla Procura federale e dal ministro della Giustizia, Abubakar Malami. Quest'ultimo è stato infatti incaricato dal governo di fornire un parere sul caso dell'Opl 245, giacimento finito al centro delle cronache per presunte tangenti.

Sul caso indagano le autorità di tre Paesi: Italia, Regno Unito e Nigeria. In sintesi, gli inquirenti stanno cercando di capire perché gran parte del miliardo e 300 milioni di dollari pagati nel 2011 da Eni e Shell per accaparrarsi il giacimento sia finito, invece che nelle casse del governo nigeriano, in quelle dell'ex ministro del petrolio locale, Dan Etete. Una storia che ha portato il pm milanese Fabio De Pasquale a mettere sotto inchiesta diverse persone, tra cui l'attuale amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e il suo predecessore, Paolo Scaroni.
  
OLTRE ALL'ESPROPRIO LA MULTA

Senza entrare nel merito della vicenda, su cui i magistrati sono ancora al lavoro, resta un fatto. Il documento richiesto dal governo nigeriano, secondo quanto riferisce Premium Times, consiglia a Buhari di annullare l'accordo con cui Eni e Shell sono diventate proprietarie del blocco Opl 245. Per la compagnia italiana, così come per la Shell, sarebbe una pessima notizia, visto che quel giacimento è costato, appunto, oltre 1 miliardo di dollari. Ma c'è di più.

Secondo Premium Times, Diri e la sua squadra di legali hanno consigliato al governo nigeriano di multare Shell ed Eni per almeno 6,5 miliardi di dollari, pari a cinque volte il prezzo pagato per la concessione del blocco. Impossibile dire con certezza se la sanzione verrà effettivamente comminata e come sarà eventualmente divisa fra le due società. Di certo Eni e Shell sono azioniste del blocco alla pari, quindi in teoria l'ammenda dovrebbe essere spartita a metà. E un conto da 3,2 miliardi sarebbe molto salato da pagare per entrambe, soprattutto ora che i prezzi del petrolio sono crollati e insieme a loro anche i profitti di tutte le majors.

RISERVE IN PERICOLO

Il governo nigeriano per ora non ha confermato le notizie pubblicate da Premium Times. Se però il presidente Buhari dovesse davvero decidere per l'esproprio, oltre ai soldi le due compagnie perderebbero anche parecchio petrolio. Si stima infatti che l'Opl 245 contenga 9 miliardi di barili di greggio

Anche qui il totale andrebbe diviso per due, visto che le società europee sono socie paritetiche. Il risultato sarebbe comunque pesante. Tanto per avere un'idea, Eni dice che (l'ultimo dato disponibile è quello del 2014) le sue riserve provate nel mondo sono pari a 6,6 miliardi di barili. Certo, la differenza fra riserve provate e quelle solo stimate può essere molto ampia. E i 4,5 miliardi di barili nascosti sotto i fondali marini nigeriani e appartenenti alla società italiana non sono altrettanto certi. Perderne il possesso, però, risulterebbe comunque molto doloroso per il Cane a sei zampe e per i suoi azionisti.


Aggiornamento del 27 gennaio 2016, ore 11,10:


Dopo l'uscita del nostro articolo, Eni ha voluto specificare di non essere a conoscenza «di alcuna informazione ufficiale in merito a quanto riportato da media nigeriani in relazione alla vicenda dell’OPL245» e di non voler commentare «le indiscrezioni di stampa». La società di Stato italiano ha poi voluto ribadire la sua posizione sulla vicenda del rilascio della licenza Opl 245, su cui, come detto, indagano le autorità di tre Paesi: «Eni - scrive l'azienda - ricorda di aver sottoscritto accordi unicamente con il Governo Federale Nigeriano e di aver versato il corrispettivo per la licenza, di nuova emissione da parte del Governo Federale Nigeriano e libera da qualsiasi onere e disputa, su un conto vincolato intestato al Governo stesso. Eni è estranea ai flussi finanziari successivi alla corresponsione del pagamento fatto al Governo nigeriano in cambio del rilascio della licenza OPL245. Eni non si è avvalsa di alcun intermediario nella transazione e non ha sottoscritto alcun accordo commerciale né effettuato pagamenti nei confronti della società Malabu. Eni ricorda infine che, successivamente all’apertura delle indagini in Italia, il Collegio sindacale e l'Organismo di Vigilanza 231 di Eni hanno affidato a uno studio legale americano indipendente l’incarico di condurre indagini e verifiche interne indipendenti. Tali verifiche non hanno rilevato evidenze di condotte illecite in relazione alla transazione di Eni e Shell con il governo nigeriano del 2011 per l'acquisizione della licenza OPL 245 in Nigeria. Le verifiche hanno preso in esame tutta la documentazione e le informazioni in possesso della società o comunque ricevute o acquisite a seguito dell'avvio delle indagini. La relazione finale di tale report è stata messa a disposizione della magistratura alla quale Eni assicura la doverosa cooperazione».

 

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