Dai verbali inediti del consiglio del 3 e dell’11 novembre, emerge la spaccatura tra Luigi Abete e Nicolò Dubini sull’indagine interna che dovrebbe fare chiarezza sulle 109.500 copie del quotidiano confindustriale destinate ai grandi clienti

Gli investitori attendono di conoscere l’esito dell’indagine interna sulle copie digitali multiple del Sole 24 Ore commissionata dal consiglio d’amministrazione del gruppo, il 30 settembre scorso, alla società di consulenza direzionale Protiviti. Come mai l’indagine non è ancora stata comunicata al mercato? Cosa si aspetta a renderla nota? La risposta a questa domanda ce la offrono i verbali del consiglio d’amministrazione pro-tempore, rimasto in carica fino al 14 novembre scorso quando l’assemblea degli azionisti ha eletto il nuovo Cda, di cui oggi sono presidente Giorgio Fossa e amministratore delegato Franco Moscetti.

I documenti che L’Espresso è riuscito a consultare danno conto di una frattura insanabile all’interno del consiglio, culminata nelle riunioni del 3 e dell’11 novembre 2016, proprio a causa all’internal audit di Protiviti. Lo scontro ha contrapposto il vicepresidente pro-tempore Luigi Abete, amministratore da oltre quindici anni del Sole 24 Ore, e il consigliere indipendente Nicolò Dubini, ex top manager di Pirelli, rimasto escluso dal nuovo Cda pur avendo (o proprio per avere) contribuito a fare chiarezza sulla pesante situazione economico-patrimoniale del gruppo.

Da una parte ritroviamo l’elemento di continuità con la vecchia gestione aziendale che ha cumulato perdite a centinaia di milioni; dall’altra, il sostenitore della trasparenza e del ricambio, che dal giugno 2016 ha accompagnato l’opera di pulizia dei bilanci attuata dall’amministratore delegato Gabriele Del Torchio (anche lui, guarda caso, escluso per volontà di Confindustria dalla lista per il rinnovo del consiglio votata a maggioranza dall’assemblea).

Luigi Abete

Ma perché questo audit è così decisivo? Perché deve fare chiarezza su 109.500 copie del Sole 24 Ore o meglio su contratti di abbonamento con cui le grandi banche, le grandi imprese e i grandi enti acquistano una copia del giornale cartaceo replicata in formato elettronico per poi metterla in rete a disposizione dei propri dipendenti e dei propri clienti di fascia alta. La somma di coloro che la leggono, che possono essere centinaia, ma anche migliaia o decine di migliaia, è entrata fino a sette mesi fa nel calcolo della diffusione. Nell’aprile scorso è però accaduto l’imprevedibile: Ads (la società che certifica le vendite dei giornali), accogliendo il ricorso di un editore, ha deciso di sospendere la rilevazione delle copie digitali multiple. Da quel momento Il Sole 24 Ore, di cui è socio di maggioranza assoluta Confindustria, ha dovuto registrare un tracollo della propria diffusione, con grave danno d’immagine e di reputazione. L’obiettivo di Ads è di stabilire se le copie multiple on line siano vendute a prezzi promozionali per gonfiare la diffusione o se siano effettivamente “aperte”, “scaricate” e lette dal numero di utenti dichiarato dall’editore.

Il 3 novembre 2016, dunque, i rappresentanti di Protivi vanno per consegnare ed esporre al consiglio la loro relazione. Al Cda partecipano anche le prime linee manageriali del Gruppo 24 Ore e la società di revisione Kpmg, incaricata di certificare la diffusione del quotidiano per l’intero 2015 e pertanto interessata ai dati e alle conclusioni finali dell’indagine di Protiviti. Il presidente pro-tempore, Carlo Robiglio, cede la parola ad Anna Matteo, direttore dell’area publishing, che raggruppa Il Sole 24 Ore, Radio 24, l’agenzia di stampa Radiocor, i periodici, i libri, le banche dati, la pubblicità. La Matteo informa «che vi sono due regolamenti Ads rilevanti; il primo è stato approvato ad aprile 2016, con l’anomalia quindi di un’applicazione retroattiva; sulla base di questo regolamento Kpmg dovrebbe effettuare la certificazione delle copie vendute nel 2015. Il secondo regolamento, che riguarda in particolare le copie multiple, è in corso di valutazione». Spiega, inoltre, che Ads certifica le vendite digitali multiple a condizione che risultino fatturate e pagate, che l’utilizzatore finale abbia attivato l’utenza e che la singola copia non sia venduta ad un prezzo inferiore al 30 per cento di quello di copertina, ovvero che gli eventuali sconti non superino il 70 per cento del prezzo della copia cartacea. Il Sole 24 Ore ha rispettato queste regole?

Qui entra in scena Abete, con una serie di proposte. La sostanza del suo ragionamento è che «…andrebbe valutato il peso delle copie eventualmente non certificabili, sul totale delle copie vendute» e «l’incidenza delle copie omaggio» e che bisogna capire se le vendite multiple ricadono «semplicemente nell’ambito di una politica commerciale molto aggressiva o piuttosto nell’ambito di azioni suscettibili… di dare luogo a responsabilità per i soggetti che hanno gestito a vario titolo le operazioni concernenti la diffusione delle copie». Abete riterrebbe opportuno disporre di un parere tecnico e «ipotizza che potrebbero essere chiamati a far parte del team di legali professionisti di valore, quali ad esempio il professor Enrico Laghi (ordinario di economia aziendale e di ragioneria generale dell’università di Roma, ndr) e il prof. Francesco Mucciarelli», un penalista che ha fama di essere in buoni rapporti con la Procura di Milano, che sul Sole 24 Ore indaga per falso in bilancio. Il consiglio, a questo punto, «esaminati i documenti prodotti da Protiviti…decide di richiedere un approfondimento dei dati…per la prossima riunione…che si terrà l’11 novembre».

Prende la parola Dubini. Il suo ragionamento è agli antipodi: «L’analisi campione condotta da Protiviti sugli abbonamenti digitali multipli da 100 in su…consegna già un dato molto attendibile». Come dire, la relazione per come ci è stata presentata è già abbondantemente esaustiva: per me è tutto chiaro. E aggiunge, calcando la mano: «…possiamo prendere atto che c’è un grandissimo scostamento tra il numero di copie dichiarate (dal Sole 24 Ore, ndr) a Ads mediante autocertificazione e quelle che rispondono ai requisiti del regolamento (di Ads, ndr). Tutto questo senza contare il numero delle copie da dedurre in quanto vendute sotto la soglia del 30 per cento del valore facciale che, nel caso di vendite verso intermediari (Di Source, ecc.), hanno in aggiunta generato significative perdite».

Sono affermazioni pesati per una società quotata: in pratica scopriamo che gli abbonamenti venduti tramite Di Source, società-paravento inglese, hanno prodotto solo perdite e che esistono “significativi scostamenti” di copie che possono avere, evidentemente, ripercussioni sui conti.

Dubini continua ad alzare il tiro: «…appare del tutto evidente che nel passato venivano assunte decisioni atte a far crescere, con questa metodologia, la diffusione delle copie digitali multiple in funzione di obiettivi che il vertice aziendale di volta in volta voleva raggiungere …Come e da chi queste decisioni venivano assunte?». Gli risponde Anna Matteo: «…oltre all’amministratore delegato (Donatella Treu, ndr) alle riunioni partecipava anche il direttore il quale si interfacciava nel merito anche con le direzioni competenti».

D’altro canto, che Napoletano fosse molto ascoltato, in azienda e in Confindustria, è provato anche dalla sua assidua partecipazione alle riunioni di Cda: un’anomalia che qualcuno, durante il consiglio generale di Confindustria del 12 ottobre scorso, ha polemicamente rimarcato. E non interveniva solo ai consigli in cui si discuteva di prodotti editoriali. Un esempio per tutti è la sua partecipazione al Cda del 30 luglio 2014, presieduto da Benito Benedini, che deliberò di trasformare «le retribuzioni incentivate» dei manager considerati strategici, tra cui il direttore, «in retribuzioni fisse»: una decisione che superava ogni limite alla decenza. Se ne rese perfettamente conto il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci, tuttora amministratore del Sole 24 Ore, che invitò «il consiglio…a considerare l’impatto mediatico negativo» di quella proposta, salvo poi non dissociarsene al momento del voto.

Ma torniamo al novembre 2016. L’11 del mese il senior manager di Protiviti Giuseppe Blasi riconsegna e illustra, all’ultima riunione di consiglio prima dell’assemblea, la relazione sulle copie digitali multiple aggiornata con i suggerimenti emersi nella seduta del 3 novembre. E subito fioccano le osservazioni di Luigi Abete. Il verbalizzante le elenca: «Il dott. Abete evidenzia che sarebbe necessario un dettaglio del campione suddiviso per classi omogenee di clienti. Il dott. Abete raccomanda di valutare anche quanto incida la diffusione tramite internet del cliente delle copie digitali…, nonché quanto abbia inciso l’evoluzione con effetto retroattivo della normativa Ads…Il dott. Abete prosegue segnalando la necessità di stabilire con precisione quali sono i tipi di abbonamento…non…soggetti alla verifica di attivazione…Segnala inoltre l’opportunità di non effettuare solo una valutazione complessiva delle atipicità», ma di distinguere «le copie promozionali, le copie multiple e le altre categorie di contratto. Raccomanda quindi un’analisi delle diverse tipologie di contratto…Infine segnala l’esigenza di tenere non solo conto dei nuovi abbonamenti che vengono attivati, ma anche dell’effetto di trascinamento generato dai vecchi». Risponde Blasi: «…è stato analizzato un campione di 86 clienti cui corrispondono circa 56.000 utenze su base annua, pari all’86 per cento del totale delle utenze».

Abete apprezza i passi avanti «nell’…indagine svolta da Protiviti rispetto al documento presentato nella antecedente riunione», ma insiste sulla necessità di andare più a fondo nella lettura dei dati. Ribatte Dubini: «…l’approfondimento [di cui già disponiamo] conferma i significativi scostamenti evidenziati durante il consiglio del 3 novembre…Il rispetto del limite della soglia rilevante per le certificazioni Ads (cioè il fatto che la copia digitale multipla non sia venduta ad un prezzo inferiore al 30 per cento di quello della copia cartacea, ndr) non elimina il rischio che il costo connesso delle attività di marketing porti questo tipo di operazioni di vendita ad essere in perdita». Come dire, è inutile temporeggiare, attaccarsi ai cavilli: bisogna uscire quanto prima con questa benedetta relazione e spiegare tutto agli investitori di Borsa e alla Consob.

Le stesse domande sono state rivolte da alcuni dipendenti-azionisti ad Abete durante l’assemblea del 14 novembre, da lui presieduta. E la risposta è sempre stata la stessa: l’audit non è ancora pronto, è in corso un approfondimento. Siamo quasi alla fine dell’anno, il Gruppo 24 Ore ha un nuovo consiglio, un nuovo capoazienda, nuovi amministratori indipendenti, ma del rapporto di Protiviti abbiamo perso le tracce. Il mercato è ancora lì, in attesa di notizie.

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