Fenomeni

I lavoratori che vivono in case condivise ora sono più degli studenti

di Maurizio Di Fazio   13 novembre 2023

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Per la prima volta, secondo la ricerca di una società immobiliare, i lavoratori che affittano una camera superano per numero gli studenti. E i prezzi continuano a salire. Oggi l’abitazione è un’autentica emergenza sociale

La crisi preme, si riverbera dappertutto e poi «non è mai troppo tardi»? Decrescono le tanto propagandate «famiglie tradizionali», si fanno meno figli e il panorama economico e geopolitico globale è quello che è? Risultato: per la prima volta il numero dei lavoratori italiani che si rivolge al mondo delle camere in condivisione, storico e proverbiale appannaggio degli studenti, supera questi ultimi. Il 36% contro il 35%. E il mattone in esclusiva può attendere, per non parlare della casa di proprietà. Lo rivela una ricerca condotta dall’ufficio studi del portale immobiliare Idealista. Nessun rigurgito collettivo fricchettone e fuori tempo massimo, all’orizzonte; ma una tendenza significativa, un cambio capillare di paradigma. Vedremo quanto persisterà nel tempo.

 

Solo il 30% degli annunci di appartamenti condivisi specifica la preferenza per una convivenza tra universitari. Il 28% delle inserzioni si appella ai soli studenti, la stessa identica cifra indirizzata alla working class. Nelle grandi città, la propensione per i primi si riduce ulteriormente: il 26% a Roma e il 24% a Milano. Resistono invece incrollabili agorà accademiche come Bologna (44%), Genova (42%), Torino (40%) e Napoli (38%). Cagliari è, d’inverso, il centro con la predilezione più spiccata per le stanze a uso e consumo dei lavoratori: su di loro si concentra il 46% della proposta; a seguire Firenze (38%), Bologna (37%), Roma (37%), Bari (35%) e Palermo (30%). Venezia è un caso limite: lì non esiste, di fatto, un mercato del genere per chi non abbia un percorso di studi (più o meno avanzato) in corso d’opera. In quest’ultima prospettiva, la domanda si staglia su standard schiaccianti: il 57% degli input promana da matricole e dintorni. Anche se la Serenissima, si sa, pensa al succulento turismo internazionale. Ma questa è un’altra storia. Su scala nazionale predomina la composizione mista dei coinquilini (il 44%), mentre l’età media di chi accetta di socializzare un’abitazione è lievitata a 34 anni. Nel 2022 era di 32,29, nell’era pre-Covid meno di 30.

 

«I dati confermano una realtà che osserviamo da un pezzo, la complessità dell’accesso all’abitazione da parte di molti lavoratori che li spinge verso appartamenti condivisi – spiega Vincenzo De Tommaso, responsabile dell’ufficio studi Idealista – allo stesso modo, in un contesto di tassi in aumento che rendono difficile l’acquisto, è molto probabile che questa tendenza aumenti nel medio termine, generando ulteriori tensioni sui prezzi». Allo stato dell’arte, per una stanza, sono mediamente questi: 380 euro al mese per i titolari di un libretto universitario, 370 euro per operai, impiegati, autonomi e via dicendo. La differenza di canone, insomma, è minima, a meno che non si viva in particolare a Bologna (550 euro per gli studenti e 470 per i lavoratori). Quella relativa agli alloggi dei fuorisede, il 40% degli iscritti nei nostri atenei, resta una questione irrisolta e bruciante, tornata alla ribalta dopo le recenti proteste in tenda.

 

Oltre ai prezzi, sovente esorbitanti, un report dell’istituto di ricerche Scenari Immobiliari sottolinea come manchino 130 mila posti letto. La copertura è pari appena al 10,5%. Servirebbe quindi realizzare circa 80 mila nuovi posti letto in studentati e collegi, per gli aspiranti al titolo di dottore provenienti da altri punti della cartina geografica. Una soluzione potrebbe giungere dalle residenze universitarie, complice il Pnrr: nel 2022 vi sono stati investiti 200 milioni di euro nella penisola, 12,4 miliardi in Europa. Anche per porre un argine alle prepotenze del mercato libero o, meglio, deregolato: a Milano sono state registrate punte di 1.200 euro per camera al mese, poco meno a Bologna e Roma. L’escalation dei fuorisede è incessante dal 2015: oggi sono un esercito di più di 660 mila ragazzi, +8,3% rispetto al 2010. Restando nella capitale, dopo Milano è la seconda città più cara d’Italia per studenti e occupati “migranti interni”: 463 euro per una camera mensile singola. A snocciolare i numeri aggiornati è, in questo caso, il portale Immobiliare.it, che passa in rassegna anche i diversi quartieri. In vetta i Parioli, con quasi 600 euro (e un rincaro annuale del 5%). Seguono Prati e Salario. Se volete risparmiare, bisogna guardare alla periferia, in primis Ponte di Nona e Torre Angela (307 euro) e poi Alessandrino, Tor Sapienza e Torre Maura (330 euro). Il Pigneto è invece la zona che si è rivalutata maggiormente: qui l’aumento è stato del 14% negli ultimi dodici mesi, ora mettete in conto 462 euro per una singola.

 

Sconfiniamo adesso un momento nel campo del costume, uscendo dal perimetro patrio. Anche per chi potrebbe permetterselo, l’acquisto di una casa di proprietà non è più una priorità assoluta per i giovani adulti del Terzo Millennio. Parafrasando Plinio il Vecchio, la «casa non sarebbe più dove si trova il cuore». Fa testo una ricerca ripresa da Business Insider, in base alla quale nel Regno Unito il 42% degli under 40 non solo non possiede un tetto stabile, ma non contempla nemmeno l’ipotesi di comprarsene uno nei prossimi dieci anni. Nonostante il 38% del campione guadagni più di 60 mila sterline l’anno. E così da quelle parti è stato coniato un neologismo ad hoc: i guppies (given up on property), una categoria socio-antropologica di segno uguale e contrario ai mitologici yuppies degli anni Ottanta. Tempi di sconfinata liquidità pro-capite. E non che negli Usa le cose vadano diversamente: prestando fede a un’indagine della National Association of Realtors, l’associazione nazionale degli agenti immobiliari americani, l’età media degli acquirenti di una prima casa è arrivata a 36 anni. Poi c’è il nostro Paese, zavorrato dal precariato e da stipendi troppo bassi, dove ben il 71% dei 18-34enni vive con i genitori. L’istantanea è ferma al 2021, scaturiva dai dati Eurostat e preoccupa. In fondo, sosteneva Le Corbusier, «una casa è una macchina per abitare» e l’alloggio «lo specchio della coscienza di un popolo».