In testa alla classifica l’ad di Stellantis, Carlos Tavares. Il suo compenso di 23 milioni di euro ha ricevuto proprio oggi il via libera degli azionisti del gruppo. Sul podio della graduatoria elaborata dell’Espresso, anche Marco Gobbetti di Ferragamo e il banchiere Giovanni Tamburi

È Carlos Tavares il manager più pagato della Borsa italiana. Tra stipendio e bonus vari, l’amministratore delegato di Stellantis l’anno scorso ha ricevuto un compenso di 11,8 milioni di euro, quanto basta per scalare la vetta della classifica elaborata dall’Espresso sulla base dei dati pubblicati in questi giorni dalle società quotate sul listino milanese.

 

La somma attribuita a Tavares, dal 2021 a capo del gruppo nato dalla fusione tra Fca e la francese Psa, non comprende gli incentivi sotto forma di azioni. Se si considerano anche questi premi, maturati ma non ancora incassati, la retribuzione complessiva del numero uno della multinazionale dell’auto arriva a 23,4 milioni di euro, pari a 365 volte lo stipendio medio della forza lavoro del gruppo. Come dire che l’amministratore delegato guadagna in un giorno quello che, in media, i 268 mila dipendenti di Stellantis ricevono in un anno.

 

Proprio oggi, il gruppo presieduto da John Elkann (per lui 2 milioni di compensi più 3,7 milioni di bonus in azioni) ha riunito l’assemblea dei soci per l’approvazione dei conti del 2022. Com’era prevedibile, l’entità della retribuzione di Tavares ha attirato le critiche di numerosi investitori internazionali. L’anno scorso, gli azionisti avevano già bocciato i compensi elargiti al manager (19,1 milioni) con un voto, contrario per il 52 per cento del capitale, che comunque era solo consultivo.

 

Sulla questione era all’epoca intervenuto anche il presidente francese Emmanuel Macron, che aveva definito «scioccante ed eccessivo» lo stipendio di Tavares. Lo Stato francese, tramite la banca pubblica Bpifrance, è azionista di rilievo del gruppo, con una quota del 6 per cento. Stellantis ha chiuso il 2022 con profitti in forte crescita (16,8 miliardi, +26 per cento sul 2021) e si prepara a distribuire ai soci un ricco dividendo. Le buone notizie non sono bastate ad ammorbidire alcuni fondi d’investimento che sono tornati alla carica sui compensi. Al momento del voto, però, una maggioranza schiacciante, pari all’80 per cento del capitale, ha comunque dato via libera alle decisioni del consiglio di amministrazione.

 

Tavares, a lungo a capo di Peugeot prima della fusione con Fca, si conferma quindi al vertice della speciale classifica degli stipendi, una classifica che prende in esame tutte le principali società quotate, a parte alcune, come Enel e Poste Italiane, che ancora devono pubblicare i documenti obbligatori per legge. Staccato da Tavares di poche decine di migliaia di euro, troviamo un nome molto noto dell’industria della moda come Marco Gobbetti, nominato l’anno scorso al vertice di Ferragamo. Nel 2022 Gobbetti ha ricevuto, tra l’altro, 4,4 milioni a titolo di «welcome bonus», un compenso extra legato, secondo quanto si legge nelle carte aziendali, «all’impegno del manager a mantenere il rapporto di lavoro con l’azienda per un periodo di tempo determinato».

 Marco Gobbetti

Il gradino più basso del podio nella classifica dell’Espresso è invece occupato da Giovanni Tamburi, banchiere d’affari di lungo corso molto noto nel mondo della finanza nostrana. Tamburi ha fondato una banca d’affari di cui è presidente e importante azionista, la Tamburi investment partners, e il suo compenso è frutto in gran parte di bonus calcolati in percentuale su due voci di bilancio: il 7 per cento dei ricavi dell’attività di advisory, pari l’anno scorso a 1,8 milioni, e il 6,2 per cento degli utili consolidati della società al lordo delle tasse, 137 milioni nel 2022. Si arriva così a circa 10 milioni di compensi variabili che si sommano allo stipendio fisso di 550 mila euro.

Giovanni Tamburi

Dopo il terzetto di testa, con retribuzioni comprese tra 5 e 10 milioni di euro, troviamo tra gli altri i big delle assicurazioni, con Carlo Cimbri di Unipol davanti a Philippe Donnet di Generali. Del gruppo fa parte anche il capo di Eni, Claudio Descalzi appena riconfermato dal governo. E poi Paolo Rocca di Tenaris e Pietro Salini di Webuild.

 

Premi e incentivi di varia natura valgono quasi sempre ben oltre la metà delle retribuzioni dei top manager e sono calcolati sulla base di complessi parametri che tengono conto dei risultati aziendali e, da qualche anno, anche dei cosiddetti criteri ESG, acronimo di gran moda che sta per environmental, social and governance. Le aziende cercano così di segnalare la loro attenzione alla sostenibilità degli investimenti e al rispetto, per esempio, della parità di genere. Capita sempre più spesso, però, che le valutazioni dei consigli di amministrazione finiscano sotto il fuoco delle critiche degli azionisti, in particolare dei fondi internazionali cosiddetti attivisti.

 

Prima ancora di Tavares, il mese scorso era toccato a Unicredit vincere la resistenza di una pattuglia di investitori contrari all’aumento di stipendio dell’amministratore delegato Andrea Orcel, che è comunque stato approvato il 31 marzo con il voto favorevole del 69 per cento del capitale presente in assemblea. In Telecom Italia, alle critiche di una parte degli investitori istituzionali si è aggiunto anche il gruppo francese Vivendi, primo azionista da tempo su posizioni critiche nel merito della gestione e delle prospettive dell’azienda di tlc. La resa dei conti è prevista per il prossimo 20 aprile, quando è in programma l’assemblea dei soci chiamata ad approvare i conti del 2022 in perdita per 2,93 miliardi e a esprimere un parere sui compensi dei manager.

Tra questi, anche quello dell’amministratore delegato Pietro Labriola a cui sono state assegnate, sulla base dei risultati di bilancio, azioni Telecom Italia per un valore massimo di 25,8 milioni di euro.