Nucleare di Stato
Le mani dei meloniani sul disastro radioattivo della Sogin
Commissariata nove mesi fa, l’azienda di decommissioning continua ad arrancare fra ritardi e cause giudiziarie. Il ministro Urso vorrebbe un nuovo cda mentre i deputati Fdi intensificano le interpellanze. Con la Cgil come alleato a sorpresa
Per la Sogin è il momento dell’assalto finale. La società pubblica incaricata di smantellare e mettere in sicurezza i materiali nucleari (decommissioning) è stata commissariata a giugno del 2022. Nove mesi dopo le inchieste giudiziarie, i ricorsi dei dirigenti licenziati e l’incertezza del quadro operativo dell’azienda stanno riaccendendo il motore delle interpellanze parlamentari dal fronte Fdi. I meloniani, capitanati dal capogruppo alla Camera Tommaso Foti e dall’ex forzista calabrese Alfredo Antoniozzi, hanno chiesto a gran voce le dimissioni del trio commissariale composto dall’ex prefetto di Genova Fiamma Spena e dai suoi vice Angela Bracco, docente di fisica, e Giuseppe Maresca, ex dirigente del Mef.
Le interpellanze dei parlamentari, che citano le inchieste dell’Espresso su Sogin, hanno trovato un sostegno bipartisan nella Filctem-Cgil che ha accusato i commissari di immobilismo e di gestire la società con gli stessi manager che l’hanno portata al commissariamento. L’indiziato principale è l’ex ad Emanuele Fontani, destituito lo scorso 15 giugno dall’allora ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ma inserito dai commissari nella task force sul decommissioning.
La posizione di Fontani è delicata anche sul piano giudiziario. Una sentenza datata 6 dicembre 2022 e firmata dalla pm romana Giulia Guccione ha archiviato i dirigenti accusati di avere appaltato senza gara la campagna pubblicitaria da 4,6 milioni di euro per il nuovo deposito nazionale dei rifiuti. Soltanto Fontani è stato stralciato, segno che le indagini su di lui proseguono. Proseguono anche altre inchieste. Una riguarda la commessa da 107 milioni di euro per lo smantellamento del Cemex di Saluggia nel vercellese, dove la primavera scorsa il Noe, il nucleo dei carabinieri specializzato in reati ambientali, ha svolto una lunga ispezione. In seguito i commissari hanno recuperato l’anticipazione da 32 milioni al consorzio appaltatore Teorema, che aveva realizzato l’1 per cento dei lavori invece del 50 per cento previsto, e hanno risolto il contratto.
La terza inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore di Roma Claudia Terracina, si occupa dell’appalto da 42 milioni di euro complessivi concesso da Nucleco, controllata da Sogin, alla slovacca Javys per il trattamento dei rifiuti. L’inchiesta sulle attività in Slovacchia ha risvolti politici di peso. Nell’affare è coinvolto il rappresentante di Javys Piersante Morandini, accusato dall’ex ad di Nucleco Luca Cittadini di essere legato a triplo filo con Fontani, con Francesco Troiani, attuale direttore sviluppo business e innovazione tecnologica, e con Luigi Perri, il presidente della gestione Fontani con una lunga esperienza lavorativa in Slovacchia.
Il pressing meloniano su Sogin fa capo al ministro che sull’azienda di Stato ha poteri di indirizzo. Si tratta di Adolfo Urso, responsabile delle imprese e del made in Italy. Negli oltre vent’anni di vita della Sogin, Urso si è già occupato dell’azienda, sia quando era viceministro alle attività produttive e al Mise ma soprattutto quando era alla guida del Copasir. Il comitato parlamentare sui servizi segreti, data la delicatezza della questione nucleare, ha potere di controllo sulla Sogin. E l’avvocato Morandini, con studio a Roma e a Bratislava, è considerato vicino a Urso.
Cittadini, accusatore del gruppo Fontani-Troiani-Morandini, ha fatto saltare il tappo sull’affaire slovacco quando ha espresso parere negativo sul prolungamento della commessa con la Javys. Il manager aveva obiettato i risultati modesti dell’accordo e la necessità di rimettere a gara l’appalto. Sul secondo aspetto anche l’ufficio legale aveva dato ragione al manager.
Il 25 febbraio del 2022 Cittadini è stato licenziato nell’operazione “self cleaning” lanciata da Fontani e dal suo braccio destro Luigi Cerciello Renna, arrivato in Sogin su suggerimento di Luigi Di Maio. Insieme a Fontani sono stati estromessi altri tre dirigenti: Mariano Scocco, responsabile del legale e autore del parere anti-Javys, Federico Colosi, direttore delle relazioni esterne, e Fabio Chiaravalli, direttore del Dnpt (deposito nazionale e parco tecnologico) che è il maggiore impegno di scopo della Sogin.
Il 7 gennaio 2023 il giudice del lavoro del tribunale di Roma, Valentina Cacace, ha riconosciuto che il licenziamento di Cittadini è ingiustificato. Il verdetto nega che Fontani abbia voluto operare una ritorsione contro di lui ma ha comunque riconosciuto a Cittadini danni per 627 mila euro. I commissari della Sogin hanno presentato ricorso e non hanno voluto versato la somma indicata dal tribunale. In questo modo, gli interessi hanno portato la cifra totale a 707 mila euro a fine gennaio e a oltre 730 mila euro in marzo. Secondo quanto risulta all’Espresso, gli altri tre manager licenziati hanno depositato la sentenza Cittadini nelle loro cause. C’è la possibilità concreta che l’operazione “self cleaning” aggravi di qualche milione il bilancio già poco salubre della Sogin. Il consolidato 2021, che è il documento contabile più recente, fa segnare oltre 7 milioni di perdite, in linea con il rosso del 2020.
Com’è nella tradizione ventennale della Sogin, anche i commissari hanno però dichiarato che l’azienda procede verso gli obiettivi in modo spedito o, quanto meno, più rapido rispetto alle gestioni precedenti, con 235 milioni di risorse allocate contro i 200 in media degli esercizi precedenti.
Il 16 settembre 2022, esattamente nove giorni prima delle elezioni politiche vinte da Giorgia Meloni, i commissari hanno presentato al Mef e al Mite un «piano di accelerazione» finalizzato all’individuazione del deposito nazionale, in enorme ritardo sul cronoprogramma e spostato al 2031.
Oltre alle percentuali strabilianti sull’avanzamento lavori, si segnala anche l’organizzazione di un workshop internazionale a Roma, il 20 e il 21 gennaio scorsi, dedicato al parco tecnologico che sorgerà a fianco del deposito nazionale delle scorie nucleari. Peccato che l’individuazione dell’area del deposito, di cui è responsabile Annafrancesca Mariani, sia molto di là da venire dopo il dibattito pubblico tenuto durante il 2021 e conclusosi con il più classico dei nimby (not in my backyard) da parte di tutti i comuni proposti da Sogin.
In quanto al whistleblower Cittadini, l’organo commissariale ha puntato l’indice su un appalto da 66 mila euro che l’ad licenziato di Nucleco ha concesso alla Oplos nel luglio 2021 a titolo di consulenza «per l’implementazione degli obiettivi della strategia aziendale in un’ottica di consolidamento del valore della società mediante il supporto al business con nuove strategie aziendali sia in Italia che all’estero». Dietro questa intestazione degna del conte Mascetti di Amici miei, i commissari hanno ricostruito una catena di nomi e partecipazioni societarie che porta a Enrico Zio, membro del cda Sogin nel triennio 2019-2021 e grande sponsor di Cittadini per la poltrona di ad in Nucleco, sancita nella riunione del 12 dicembre 2019.
Che il centrodestra, con il gruppo di Fdi in capo a Urso, voglia mettere le mani sul cda della Sogin è nella logica di una partita sulle nomine molto più ampia dove qualche poltrona in più può servire come merce di scambio per le frange di scontenti.
Ma la Sogin è un problema sul piano degli approvvigionamenti finanziari da quando il governo Meloni ha eliminato il prelievo dalla componente A2 della bolletta elettrica che serviva a finanziare i circa 400 milioni di euro all’anno di oneri nucleari. Alleggerite le bollette, oggi Sogin grava sulla fiscalità generale con risorse impiegate male e, secondo molti, ancora insufficienti a completare il programma di decommissioning. Così, mentre il nucleare sta tornando di moda con le nuove tecnologie, i vecchi rifiuti radioattivi sono ancora in giro qui e là per l’Italia.
Aggiornamento del 4 maggio 2023