Regole digitali

Perché l'Europa vuole bloccare TikTok

di Alessandro Longo   14 maggio 2024

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Se l’algoritmo è così potente, potrebbe influenzare non solo persone vulnerabili, ma anche le masse. Così dopo gli Usa anche la Ue pensa di limitare la piattaforma cinese. Ma scrivere nuove leggi non sarà facile, tra pressioni di Pechino e rischi di favorire i concorrenti

Cindy White ha 60 anni, è in pensione, e nel mezzo del Covid-19 aveva trovato un inatteso rifugio alla solitudine: TikTok. Ma ciò che era un conforto si è tramutato presto in disperazione. Sul social network ha speso 25 mila euro della buona uscita in regali ai suoi influencer preferiti, da cui TikTok prende una percentuale. Eppure Cindy, americana e con un passato da esperta di assicurazioni, non è il classico esempio di persona vulnerabile. Il punto è che può capitare a tutti di cedere, in un momento di debolezza, a un algoritmo potentissimo: pensato, con miliardi di dollari di investimento in ricerca e sviluppo, per catturare la nostra attenzione e soldi.

 

Un tema personale e sociale, certo. Ma anche politico. «Non è escluso» il blocco di TikTok in Europa, ha detto qualche giorno fa la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Lo spunto viene dall’aut aut dato dal governo americano: entro sei mesi TikTok deve essere venduto a un’azienda Usa dalla sua casa madre, la cinese Bytedance, o chiudere in quel Paese.

 

L’accusa: se l’algoritmo è così potente, potrebbe influenzare non solo persone vulnerabili, ma anche le masse. Essere cavallo di Troia per la propaganda di Pechino: per promuovere, di nascosto, video favorevoli agli interessi della Cina; diffondere contenuti di disinformazione che minano la coesione sociale o la fiducia nelle istituzioni. Il timore è fortissimo durante queste campagne elettorali, Usa e Ue. Su tutti i social continuano a proliferare fake news, ma su TikTok ci sarebbe l’aggravante della proprietà cinese. «La Commissione ha appena aperto un’indagine su Meta per valutare se stia facendo abbastanza per bloccare le fake news elettorali; e si appresta a fare lo stesso per TikTok», spiega Massimo Donna, avvocato esperto di politiche digitali.

 

Sposare a occhi chiusi la linea americana su TikTok sarebbe però troppo. Anche quella è in fondo propaganda, come notano vari  costituzionalisti americani e associazioni per i diritti civili (Human Rights Watch, Amnesty International). Primo perché attaccare TikTok fa bene alla campagna elettorale del presidente Usa Joe Biden. Secondo, il social ha forse solo la sfortuna di essere capro espiatorio di un conflitto geopolitico più ampio. Gli Usa continuano a emanare leggi per limitare gli scambi commerciali con la Cina; la Cina ricambia e da ultimo ha ordinato il blocco delle app WhatsApp e Threads, di Meta.

 

La verità su TikTok si nasconde bene. «Nel 2022 l’intelligence americana e quella australiana hanno condotto due indagini alla ricerca di prove dell’influenza cinese sull’algoritmo», dice Donna. «I risultati sono stati opposti: prove di colpevolezza per gli Usa, assoluzione per gli australiani», aggiunge. Attenzione, anche l’Australia è parte interessata: la Cina è il suo principale partner commerciale. E l’Europa, su quel piano, ha certo più da perdere da una rottura con la Cina, rispetto agli Usa.

 

Sull’altro piatto della bilancia c’è la libertà di espressione. I legislatori statunitensi hanno notato che su TikTok abbondano i video pro-Palestina e l’hanno considerato prova dell’influenza cinese. Ma TikTok è la piattaforma più usata dai giovani, i quali supportano, almeno negli Usa, per la maggior parte la causa palestinese. Come notano diversi sondaggi e confermato dalle recenti proteste nelle università americane. Per di più, il blocco di TikTok certo favorirebbe Meta e YouTube (Google), aumentando il loro strapotere economico e sociale, già guardato con preoccupazione da molte autorità Usa e Ue.

 

In questo complicato garbuglio di interessi da tutelare – economici e costituzionali – l’Europa deve muoversi con cautela. Per ora, la Commissione si è limitata a vietare TikTok ai propri funzionari.

 

Per ora certo spingerà sulla tutela ai soggetti vulnerabili. Tramite la recente normativa Digital Services Act (Dsa) l’Europa ha ottenuto ad aprile il blocco di TikTok Lite, una versione semplificata che dava agli utenti piccole somme di denaro in cambio della visualizzazione di video. Il timore è che avrebbe acuito il rapporto già ora a tratti morboso tra i teenager e il social. Uno studio dell’americano Centro per il Contrasto all’Odio digitale ha rilevato che basta poco a un minore, appena iscritto al social, per essere inondato di video su disturbi alimentari e autolesionismo. Sul tema sono intervenute anche le autorità italiane: l’Antitrust, Garante della Privacy e (a febbraio) l’Autorità Garante delle Comunicazioni.

 

«Per i minori è alto il rischio di essere suggestionati da influencer, in un ambiente così divertente e creativo, com’è TikTok», spiega lo psicanalista Roberto Pozzetti. Dalla suggestione a danni, psichici e fisici, il passo può essere breve. Gli influencer pubblicizzano e, persino, vendono i nuovi farmaci per dimagrire tipo Ozempic. «C’è una lacuna normativa in Italia: gli influencer con meno di un milione di follower possono parlare senza la responsabilità editoriale a cui sono tenuti tv e giornali», spiega l’avvocato Antonino Polimeni.

 

Al tempo stesso, però, «studi notano che i social favoriscono l’incontro e l’espressione dei giovani, soprattutto di chi appartiene a minoranze», dice Pete Etchells, psicologo all’Università di Bath.

 

Tutto sommato, il Dsa è ora lo strumento migliore per affrontare il caso TikTok in Europa, in equilibrio tra le diverse istanze. Ma sarà abbastanza efficace? Il primo banco di prova saranno le elezioni europee, nella partita contro la disinformazione.