Cosa c'è di nuovo

Il cerotto adesso si fa con la frutta e il mais

di Emanuela Cavallo   9 maggio 2024

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Soia e scarti di marmellate diventano un’alternativa alle solite bende a base di plastica. E curano bruciature e altre piaghe

Chi da bambino non ha usato una foglia di parietaria come cerotto? I pochi che non lo hanno fatto hanno avuto un’infanzia rigidamente cittadina o ne sono stati lontani in quanto allergici. Quasi tutti ci siamo attaccati su braccia e gambe quei piccoli petali verdi appiccicosi. Ora un cerotto vegetale esiste e ha proprietà speciali. A realizzarlo è il gruppo di ricerca Smart Materials dell’Istituto Italiano di Tecnologia: ha sviluppato una benda costituita da materiali vegetali in grado di velocizzare la guarigione delle ferite causate da bruciature.

Il materiale biodegradabile della benda è composto da zeina, una proteina derivante dal mais, pectina, uno zucchero presente nella buccia di numerosi frutti, e lecitina di soia, una sostanza contenuta nell’omonima pianta. A causa di una bruciatura la zona lesionata inizia ad arrossarsi e gonfiarsi. L’infiammazione è la risposta naturale dell’organismo ma può produrre dannosi radicali liberi che rallentano la stessa guarigione.

Mais, scarto di frutta e soia generano un cerotto spugnoso impregnato di vitamina C, con naturali proprietà antinfiammatorie e antiossidanti, che riduce la formazione di radicali liberi. Grazie alla fasciatura vegetale nata in laboratorio, i livelli di tre molecole chiave legate all’infiammazione diminuiscono del 50%. Nelle cellule implicate nel processo di riparazione delle ferite i primi test hanno riscontrato un aumento nella produzione di collagene, molecola fondamentale per la guarigione della pelle.

«Per questa benda siamo partiti dall’idea di impiegare solo materiali di origine naturale, ma ora vorremmo andare oltre – spiega Fabrizio Fiorentini, ricercatore del laboratorio Smart Materials – utilizzando prodotti derivanti da scarti alimentari per inserirci in un contesto di economia circolare». «E questa è solo una delle applicazioni possibili – aggiunge la responsabile dell’unità Smart Materials, Athanassia Athanassiou –. Stiamo lavorando su altri dispositivi in grado di velocizzare la guarigione anche di altri tipi di ferite come lacerazioni o ulcere cutanee, che in Italia interessano oltre mezzo milione di persone e spesso provocano riduzione dell’autonomia individuale».