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Economia
febbraio, 2025

Più Spazio per proteggere la Terra

I programmi di osservazione satellitare del nostro Pianeta sono una risorsa chiave per avere dati sul cambiamento climatico e gestire le emergenze. E l’Italia è all’avanguardia

Il cambiamento climatico, a quanto pare, non esiste, tanto che l’America si è ritirata dall’accordo di Parigi. Eppure era stato proprio un satellite europeo, Sentinel-2 del programma Copernicus, a fornire le prime immagini degli incendi che hanno devastato Los Angeles a inizio 2025. «Il disimpegno della nuova amministrazione Usa rispetto alla convenzione del clima può consentire all’Europa di rinforzare il suo ruolo», spiega Simonetta Cheli, direttrice dei programmi di osservazione della Terra di Esa-Esrin. Dal suo punto di vista, il bicchiere è mezzo pieno e si deve guardare ai vantaggi che derivano da quelle scelte, che sembrano scellerate. «Abbiamo il più grande numero di satelliti sia in operazione che in costruzione, che sono proprio a supporto di temi come il clima e l’ambiente». 

 

Questa leadership europea non è solo tecnologica, ma è anche fatta di expertise e qualità dei dati prodotti. Cheli aggiunge: «L’Europa può rinforzare questo suo ruolo a livello internazionale, anche con collaborazioni come nel caso di Los Angeles, dove c’è stato l’utilizzo di dati di satelliti europei. Ma questo lo si fa sempre, a supporto della gestione delle emergenze quando ci sono disastri naturali in tutto il Mondo». Nel caso in questione, le immagini satellitari sono servite per vedere l’estensione degli incendi, la direzione dei venti e l’impatto in termini di zone bruciate, e stimare la correlazione economica.

 

Lo stesso lavoro era stato svolto dal Copernicus Emergency Service, con la Commissione europea di supporto, nel caso degli eventi di Valencia o delle inondazioni in Emilia-Romagna. «A Frascati, in Esrin, gestiamo la Carta internazionale dei disastri, con un segretariato operativo che coordina il lavoro di 17 agenzie spaziali mondiali, che viene attivato quando c’è un disastro ambientale, un’emergenza».

 

L’Italia ha infatti una lunga tradizione nell’osservazione della Terra, più che ventennale, come conferma la stessa direttrice dell’Esrin: «Il contributo italiano all’Esa è importantissimo, parliamo di uno dei fondatori dell’Agenzia spaziale europea che ha investito oltre tre miliardi di euro nell’ultima ministeriale Esa. Inoltre ospita il centro Esa per l’osservazione della Terra, non solo nell’ambito Copernicus ma anche delle missioni scientifiche, dove il Paese ha una competenza industriale importante: sa fare strumenti, sa fare piattaforme». Senza dimenticare la nascente costellazione Iride, «il programma di costellazione che noi di Esa gestiamo per conto del governo italiano. Il primo satellite di Iride è stato lanciato proprio qualche giorno fa con successo da Argotec».

 

Delle attività Esa nell’ambito dell’Hearth Observation Cheli ha anche parlato in occasione dell’European Space Conference di Bruxelles, l’evento che da 17 anni a gennaio apre le danze del mondo Space. L’attenzione, in questo caso, si è concentrata sul programma Esa Copernicus e sull’accesso autonomo dell’Europa allo Spazio. E quando le chiediamo di raccontarci le sfide che attendono l’Europa nel prossimo futuro, Cheli va dritta al punto: «Sicuramente una delle sfide del programma Copernicus è garantire continuità al programma». Si chiamano Sentinel i satelliti che fanno parte di questa costellazione, e l’esperta ci spiega: «Ce ne sono già diversi operativi. Quest’anno ne lanceremo altre quattro, di sentinelle, e questo fa parte dei challenge, ma anche delle opportunità». Come la possibilità di fornire agli utenti dati di qualità, «che siano robusti, in termini di potenziale contesto geopolitico. Dati che siano fruibili dagli utenti in maniera facile, con delle piattaforme accessibili, e che supportino i servizi operativi di Copernicus, gestiti dalla Commissione europea come il servizio marino, clima o quello dei disastri». I dati prodotti da Copernicus sono pari a circa 300 terabyte al giorno, e il volume è in aumento. Eccoli, i Big Data, che sono al tempo stesso sfida e opportunità: rappresentano una challenge – perché vanno gestiti e analizzati, e la grande mole prodotta richiede l’utilizzo di intelligenza artificiale, che oggi viene integrata nel contesto Copernicus – ma possiamo anche parlare di Big Data Opportunities, perché la comunità scientifica internazionale può avere accesso a informazioni sempre più precise e diffuse.

 

«Parliamo di dati radar ottici, o che ci danno anche informazioni sul biossido di azoto, sul metano – spiega Cheli – Dati che hanno una varietà di strumenti collegati ai prodotti». Un’altra sfida? La chiama in causa la direttrice di Esrin, quando parla della necessità di garantire i finanziamenti collegati al futuro del programma, e quindi anche alla ministeriale Esa che si terrà a novembre 2025, in cui si parlerà di Copernicus Sentinel-2 e 3 Next Generation, con le stime di budget al 2028 per questo programma.

 

«Ultima sfida, direi quella importante, è capire come Copernicus possa evolvere in termini di ottimizzazione dell’architettura di sistema spaziale» laddove i Sentinel rappresentano il backbone, la spina dorsale, su cui si reggono le missioni nazionali che si integrano con i programmi internazionali e, negli ultimi anni, fanno anche i conti con i dati prodotti dalle sempre più numerose missioni spaziali commerciali. I data diventeranno sempre più big e, mentre il futuro dell’osservazione della Terra parla italiano, l’Europa si prepara a diventare leader spaziale, almeno nel campo dell’earth observation.

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