Il Pnrr stanzia quasi 54 milioni di euro per dire addio all’accampamento lager dei braccianti nel Foggiano. Fondi finora non spesi per le beghe tra Comuni e governo. In assenza di un vero progetto

Lo scorso 24 gennaio c’è stato l’ultimo incontro istituzionale tra la sindaca di Foggia, Marida Episcopo, e il sindaco di Manfredonia, Domenico La Marca, per trovare la quadratura del cerchio all’impiego dei quasi 54 milioni di euro di fondi Pnrr per il «superamento degli insediamenti abusivi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura». Fondi assegnati, dal 2022, al Comune di Manfredonia per il «ghetto» abitato dai braccianti di Borgo Mezzanone (che sta, appunto, tra le due città). Ancora una volta, però, la soluzione non si è trovata e questi 54 milioni di euro restano a oggi inutilizzati, senza che vi sia una garanzia di progetto per il loro uso a livello locale e di governo. I fondi appartengono alla linea d’intervento del Pnrr volta al superamento degli insediamenti abusivi che conta un complessivo di 200 milioni di euro, la cui metà è destinata alla sola provincia di Foggia. Tuttavia, nel «ghetto» di Borgo Mezzanone, sorto sull’ex pista aeroportuale della Nato, non è ancora stato effettuato un censimento ufficiale e i suoi abitanti, ovvero i beneficiari del progetto Pnrr, non sono mai stati coinvolti nella progettualità da nessun attore istituzionale. Nonostante la scadenza per l’intervento su Borgo Mezzanone sia stata prorogata a giugno 2026 su richiesta degli enti locali, permane l’impasse amministrativa.

 

Sia il Comune di Foggia sia quello di Manfredonia, in tempi diversi tra il 2019 e il 2024, sono stati commissariati per infiltrazioni mafiose e questa «vacanza della politica», come l’ha definita l’assessora foggiana alle Politiche sociali, Simona Mendolicchio, ha intaccato il dialogo tra diversi livelli istituzionali, impedendo l’avanzamento nel progetto Pnrr. Ma i due sindaci parlano di «latitanza del governo» nell’ultimo anno e mezzo, attribuendo all’esecutivo la responsabilità dei ritardi, a causa della scarsa apertura alle loro richieste.

 

I ritardi e il ridimensionamento del Piano d’azione locale (Pal), presentato dai Comuni per l’uso dei fondi, sono dovuti alla scadenza sempre troppo ravvicinata del Pnrr e allo squilibrio tra fondi infrastrutturali (70 per cento) e non infrastrutturali (30 per cento), destinati, secondo Episcopo, a «misure di accompagnamento sociale, pedagogico, anche sanitario, da cui non si può prescindere». La Marca evidenzia che quel 70 per cento di fondi sarebbe ora destinato alla sola realizzazione di prefabbricati a Borgo Mezzanone e Borgo Cervaro, per «bruciare i tempi» del progetto, sottolineando però che le misure sociali devono procedere in parallelo alle infrastrutture per evitare altre «cattedrali nel deserto». «È difficile per noi firmare una convenzione, se non ci assicurano che, una volta edificate le case, che siano prefabbricati collocati sui nostri terreni o edifici rigenerati, vengano finanziate tutte le misure correlate», afferma Episcopo.

 

Un piccolo segnale di ascolto da Roma sembrava essere arrivato a giugno scorso, con la nomina del commissario straordinario per il superamento degli insediamenti abusivi, Maurizio Falco, che ha sollecitato i Comuni a un uso spedito dei fondi, fissando la scadenza di marzo 2025, ma che poi ha assecondato le richieste locali per la proroga a giugno 2026. Prima di Falco, neppure l’istituzione di un tavolo tecnico per lo stato di attuazione del Pal, con il Politecnico di Bari e la Regione Puglia, aveva portato a un progetto definitivo, producendo solo un ulteriore stanziamento regionale di 40 mila euro, in collaborazione con l’Università “Aldo Moro” di Bari. Secondo La Marca, un altro ostacolo alla realizzazione del Pal per il «ghetto» foggiano è l’indisponibilità del governo di prevedere misure di regolarizzazione che permetterebbero, invece, di «facilitare un percorso d’inclusione e creare delle condizioni formative», mentre, aggiunge la sindaca Episcopo, «sono arrivate solo misure estemporanee e si lotta per non farle scadere, come questa del Pnrr».

 

Eppure, per i braccianti di Borgo Mezzanone l’importanza della regolarizzazione per sfuggire al caporalato pare evidente, dato che – in mancanza della stessa – dopo la demolizione del «gran ghetto» di Rignano Garganico nel 2017 solo pochi migranti si sono trasferiti nei prefabbricati della Regione Puglia. L’esodo della maggioranza verso il nuovo ghetto di Torretta Antonacci mostra «come difficilmente le persone possano allontanarsi dalle aree in cui abitano, se prima non vengono offerte alternative concrete», sottolinea il gruppo di ricerca dell’Università e del Politecnico di Torino guidato dal docente Antonio Stopani. Negli ultimi sei mesi, le amministrazioni hanno politicizzato l’implementazione del progetto, invece di affrontarlo tecnicamente, e «sono molto più propense a evocare il tema della sanatoria come unica condizione per poter approcciare la popolazione degli attuali insediamenti informali»: lo evidenzia il gruppo di ricerca sottolineando che chi vive nel «ghetto» si affida ai legami sociali lì creati e che i prefabbricati da soli non possono sostituire. In un contesto segnato dal permanere di ritardi e dall’assenza di garanzie sostanziali sulle richieste dei Comuni, l’intervento pubblico con fondi Pnrr deve assicurare il doppio binario infrastrutturale e sociale perché, come ricorda La Marca citando don Tonino Bello, «non basta il posto letto se non sai dare la buonanotte».