Ci mancavano solo i report di Equalize a rattristare il 2025 di Corrado Passera. Anche il nome del fondatore di banca Illimity figurava nei dossier commissionati agli spioni del fu Carmine Gallo. In attesa di conoscere il mandante, Passera ha il suo da fare con i conti della fintech bank interessata da un’offerta pubblica di acquisto e scambio lanciata l’8 gennaio scorso da parte di Ifis, l’istituto guidato da Ernesto Fürstenberg Fassio.
Il bilancio 2024 di Illimity, valutata circa 300 milioni di euro dai candidati all’acquisto, è passato nel giro di poche settimane da un utile di qualche decina di milioni a un sostanziale pareggio a +300 mila euro e infine a una perdita effettiva di 38,4 milioni di euro, nonostante l’azzeramento del bonus variabile sulle retribuzioni per 15 milioni. Il mancato incasso è dovuto, secondo il comunicato della banca, «a elementi nuovi riguardanti il potenziale esito di un contenzioso», da 53 milioni di euro. Illimity, contattata dall’Espresso, ha opposto un no comment. Da altre fonti emerge che la causa è stata intentata ad Anas da Fincosit Grandi lavori della famiglia Mazzi per «andamento anomalo dell’appalto» sul macrolotto 3 della Salerno-Reggio Calabria nella zona di Lauria. Fincosit è finita in concordato dopo lo scandalo del Mose e la prossima udienza della lite Anas è a settembre.

La causa legale che ha provocato la rettifica dei conti preliminari di Illimity è in qualche modo collegata a uno dei tanti mestieri svolti dal settantenne Passera, ministro delle infrastrutture dal novembre 2011 all’aprile 2013 per l’esecutivo dei tecnici guidato da Mario Monti.
Nel suo ruolo governativo Passera ha avuto modo di confrontarsi con uno dei vizi strutturali dell’economia nazionale: il contenzioso fra committenza pubblica e imprese edili nella realizzazione delle grandi opere. Ogni grande appalto, senza eccezione, comporta extracosti per l’impresa che lo realizza. Queste spese maggiorate, reali o ipotetiche che siano, vengono iscritte nelle cosiddette riserve tecniche. Per anni, fino all’arrivo di Antonio Di Pietro al ministero (2006-2008), la gran parte di queste liti era gestita attraverso arbitrati che tendenzialmente favorivano le imprese e regolarmente arricchivano gli arbitri, pagati a percentuale su opere del valore di decine o centinaia di milioni di euro. Con l’ex pm di Mani pulite il contenzioso è stato trasferito nelle aule dei tribunali ordinari con notevole risparmio per l’erario.
A gennaio del 2022 Illimity, quotata in borsa tre anni prima con un titolo che viaggia intorno ai massimi poco sotto i 14 euro, ha annunciato l’acquisto di un portafoglio di cause fra imprese ed enti pubblici del valore di 1,8 miliardi di euro. A spiegare la bontà dell’operazione è stato il cofondatore di Illimity, Andrea Clamer, responsabile dell’area Npl (non performing loan), i prestiti difficilmente esigibili sui quali ha puntato molto Illimity.
Il quadro finanziario di tre anni fa racconta che il mercato degli Npl, acquistati a sconto dalle banche da venditori che devono monetizzare in fretta, stava arrancando per eccesso di concorrenti e, di conseguenza, presentava margini in calo. Le riserve tecniche per le grandi infrastrutture sono apparse al management di Illimity come l’Eldorado prossimo venturo, anche perché le altre banche non lo prendono in considerazione. Troppo rischioso. Una causa civile può trascinarsi molto a lungo e una sentenza favorevole in primo grado può ribaltarsi in appello. È vero che una banca ha più capacità di resistere al braccio di ferro rispetto alla media delle società di costruzione italiane, costantemente affamate di contante. Ma arrivare a una transazione con lo Stato non è sempre semplice e, in ogni caso, la percentuale riconosciuta sulla richiesta dell’impresa edile viaggia ben al di sotto del 20 per cento del petitum.
Non a caso Illimity ha rilevato il pacchetto stimato 1,8 miliardi dai fondi Apollo, ossia da un colosso del private equity con quartier generale a New York che vive e prospera su livelli di rischio ben superiori a quelli di una banca, per fintech che sia.
In un’intervista al Sole 24 ore all’inizio del 2022 Clamer aveva illustrato le vaste potenzialità del mercato delle riserve tecniche, che in Italia valgono fra i 40 e i 50 miliardi di euro. «Per noi si tratta di un settore nuovo, un business non inizialmente previsto nel piano industriale», aveva dichiarato Clamer al quotidiano di Confindustria. «Va ad ampliare il nostro raggio d’azione e a integrare e rafforzare il piano stesso».
Quando si è conclusa l’operazione con Apollo, il titolo Illimity stava viaggiando ai suoi massimi, poco sotto i 14 euro, dopo avere raccolto 600 milioni di euro al momento dell’arrivo in borsa, il doppio di quanto offre oggi Ifis. Spingere il prezzo del titolo con nuovi affari era un legittimo obiettivo del management, e di Passera in particolare. Nel portafoglio del fondatore, che oggi vale il 4 per cento del capitale e al tempo il 5,9 per cento, c’erano azioni speciali che potevano essere convertite con una ratio di otto a uno rispetto alle azioni ordinarie, se il titolo restava sopra i 15 euro di quotazione per 22 giorni consecutivi.
Si chiama prezzo trigger, o grilletto in inglese, e avrebbe sparato l’investimento di Passera di 17,8 milioni di euro a quota 203 milioni di euro, con un profitto netto di 185 milioni. Con la conversione delle azioni speciali a prezzi correnti, l’ex ministro porterebbe comunque a casa un utile di 30 milioni, dopo avere diluito la sua partecipazione per consentire l’ingresso nel capitale di Illimity di Banca Sella e di Andrea Pignataro. L’istituto piemontese è azionista di riferimento con il 10 per cento e l’imprenditore bolognese di base a Londra segue con il 7,2 per cento, comprato a giugno del 2021. Entrambi hanno pagato oltre 10 euro per azione, il triplo dei corsi attuali.
Pignataro, secondo italiano più ricco del globo con un patrimonio di 27,5 miliardi di dollari, qualche mese fa si sarebbe sottratto alle richieste di Passera di sostenere la fintech bank con ulteriori investimenti. Da parte sua, l’ex ministro non ha nascosto la sua scontentezza rispetto all’offerta di Ifis dichiarando in febbraio che il lancio dell’Opas avrebbe ostacolato il risanamento di Illimity e il rilancio del titolo, crollato dopo l’ispezione e le rettifiche contabili imposte da Bankitalia l’anno scorso.
Ma l’intervento di Ifis è gradito, oltre che alla stessa Bankitalia, anche all’Antitrust e al comitato sul golden power di palazzo Chigi, che hanno dato il via libera pochi giorni fa, nonché ai principali azionisti Sella e Pignataro. Sul fronte del management l’ad Passera è stato sostanzialmente commissariato dalla nomina di due vice ceo e Clamer si è dimesso a fine gennaio.
Il cronoprogramma, per usare la terminologia delle grandi opere, prevede che il 17 aprile l’assemblea di Ifis autorizzi l’aumento di capitale destinato all’acquisto. Da lì a un mese ci sarà la decisione di Illimity che definirà la natura dell’Opas: ostile o amichevole. Una controfferta, l’arrivo di un nuovo partner industriale o la cessione di asset per fare cassa non sono da escludere. Passera sembra intenzionato a tenere duro fino alla fine o, quanto meno, a scegliersi i partner come ha fatto con Ca’ Zampa, il network di cliniche veterinarie della moglie Giovanna Salza, appena ceduto al finanziere Francesco Canzonieri.