Secondo l'ultimo rapporto di Oxfam, la ricchezza di appena 3 mila miliardari è aumentata di 6.500 miliardi di dollari in termini reali dal 2015 e ora equivale al 14,6% del Pil globale. Il documento denuncia il modo preoccupante in cui il potere privato drena e controlla le risorse pubbliche e come il concentrarsi della ricchezza rappresenti un ostacolo nell'affrontare problemi globali come la povertà e la crisi climatica. L'ultimo decennio è stato segnato dalla pandemia da Covid-19, crisi economiche, l'aumento degli eventi climatici estremi, l'espandersi di guerre e conflitti. Eppure, per i miliardari, più che un bagno di sangue, è stato un tuffo in una vasca di monete d'oro. L'1% più ricco del mondo ha aumentato la propria ricchezza di quasi 34 mila miliardi di dollari. Una cifra difficile anche solo da immaginare, ma che sarebbe più che abbastanza per eliminare la povertà globale ben ventidue volte. E ci si accontenterebbe di una. Questo manipolo di uomini, quasi tutti maschi e occidentali, possiede più del 95% più povero della popolazione mondiale messo insieme. Una concentrazione di ricchezza senza precedenti nella storia recente e che supera anche il picco raggiunto durante l'Età dell'oro di fine Ottocento.
Alla radice della crescita delle disuguaglianze c'è quello che il report definisce un "collasso della tassazione sui grandi patrimoni e sulle grandi imprese negli ultimi decenni". Se un lavoratore medio paga in tasse una percentuale del suo patrimonio che va dal 20 al 40%, i super-ricchi pagano aliquote fiscali effettive vicine allo 0,3% del loro patrimonio. Secondo i teorici della trickle-down economics, un maggiore accumulo di ricchezza privata produrrebbe benefici "a cascata" per tutta la popolazione. Eppure, segnala Oxfam, i guadagni spropositati dell'élite finanziaria mondiale sono andati di pari passo con un impoverimento delle risorse pubbliche. In meno di 30 anni, la ricchezza privata globale è aumentata di 342 mila miliardi di dollari, otto volte di più rispetto a quella a disposizione dei governi. "La ricchezza pubblica globale in proporzione alla ricchezza complessiva", si legge nel rapporto, "è in realtà diminuita tra il 1995 e il 2023". I primi a pagare il prezzo di una tale contrazione della finanza pubblica non possono che essere le comunità più fragili e marginalizzate, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. I governi più ricchi stanno operando i tagli più drastici agli aiuti allo sviluppo dall’inizio delle rilevazioni nel 1960. Secondo l’analisi, gli Stati del G7 – responsabili da soli di circa tre quarti degli aiuti ufficiali globali – prevedono di ridurre questi fondi del 28% entro il 2026 rispetto al 2024. I tagli agli aiuti hanno conseguenze concrete e drammatiche: potrebbero causare la morte di altri 2,9 milioni di bambini e adulti entro il 2030 solo a causa del virus dell'Hiv. Mentre si riduce l’aiuto internazionale, la crisi del debito sta mandando in bancarotta molti governi: il 60% dei Paesi a basso reddito è sull’orlo del collasso finanziario. I più poveri si trovano a pagare molto di più ai creditori ricchi di quanto possano spendere in scuole o strutture sanitarie. Nel frattempo, soltanto il 16% degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sdgs) è attualmente sulla buona strada per essere raggiunto entro il 2030.
I soldi ci sarebbero: il costo stimato del raggiungimento di tutti gli Sdgs si aggira attorno ai 4 mila miliardi l'anno. Meno di quanto hanno guadagnato i miliardari nel mondo dal 2015 a oggi. "Ci sono prove lampanti che lo sviluppo globale stia fallendo drammaticamente, perché – come dimostra l’ultimo decennio – gli interessi di una ristretta élite ricchissima vengono sistematicamente anteposti a quelli di tutti gli altri", ha dichiarato Amitabh Behar, direttore esecutivo di Oxfam International. Secondo l'Ong, agire con urgenza tassare per i super-ricchi è fondamentale per affrontare le sfide più urgenti e ricostruire la fiducia sociale. E una cooperazione globale renderebbe il tutto molto più efficace. Una proposta c'è ed è stata avanzata dal Brasile al G20 nel 2024: un accordo mondiale per tassare i grandi patrimoni individuali. Alle Nazioni Unite, sono in corso i negoziati per costruire una convenzione quadro sulla cooperazione fiscale globale. Una strada ambiziosa, difficile da percorrere sia a livello politico che normativo, ma anche estremamente popolare. Un nuovo sondaggio condotto da Oxfam e Greenpeace in 13 Paesi (tra cui Italia, Germania, India, Usa e Sudafrica) mostra un ampio consenso: il 90% delle persone è favorevole a usare le tasse sui super-ricchi per finanziare la risposta ai disastri climatici. L’89% sostiene l’aumento della spesa pubblica in istruzione, coperta con risorse provenienti dalla tassazione dei più ricchi. E l’86% è favorevole a chiudere le scappatoie fiscali che consentono a miliardari e multinazionali di nascondere i propri profitti nei paradisi fiscali.
"Se puoi affittare Venezia per il tuo matrimonio, puoi anche pagare più tasse", recita uno striscione di 400 metri quadrati srotolato in Piazza San Marco dagli attivisti di Greenpeace Italia, che protestavano contro le nozze del fondatore di Amazon. Il suo è un patrimonio fuori scala, difficile anche da visualizzare (ci ha provato questo sito), ma quando gli è stato chiesto il segreto del suo successo ha risposto: "Pensando sul lungo periodo, possiamo realizzare cose che altrimenti non riusciremmo a fare. L’orizzonte temporale conta. Conta moltissimo". Per molti queste citazioni sono ancora fonte di ispirazione, ma altrettanti iniziano a coglierne le contraddizioni. Come dimostra il sondaggio di Oxfam, sempre più persone si stanno rendendo conto che anche seguendo i consigli di Bezos certi livelli di benessere resteranno per loro inaccessibili.