Incompatibilità politica, un programma informatico già boccciato dal Tribunale amministrativo nel 2016. Documenti corrotti. E codici fiscali dei concorsisti.  Ora si attende la decisione del Tar. E della Procura

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Dal dono dell’ubiquità ai software inefficienti, fino ai casi di incompatibilità politica. Dopo l’inchiesta pubblicata da L’Espresso, il Tribunale Amministrativo potrebbe annullare il corso-concorso per dirigenti scolastici, mentre il pubblico ministero della Procura di Roma Desirée Digeronimo ha aperto un’indagine per fare chiarezza. Le difese ora analizzano verbali e documenti fatti arrivare direttamente nelle caselle di posta elettronica dei candidati. Il dubbio, tutto da chiarire, è che i documenti in formato digitale possano essere stati corrotti e che in alcuni casi sia stato violato l’anonimato di chi ha preso parte alla selezione, nominando le prove direttamente con il codice fiscale e non con il codice alfanumerico, che mette i commissari nella condizione di non conoscere l’identità dei concorsisti.

L’Espresso ha visto in esclusiva i verbali di tutte le sottocommissioni e analizzato i documenti informatici delle prove, inviati in Pdf (un formato di file usato per presentare e scambiare documenti in modo affidabile) nelle caselle di posta elettronica degli aspiranti dirigenti. Ogni pdf ha una sua storia che permette di visualizzare quando un file è stato modificato, nominato o creato. Un insieme di generalità che diventano l’impronta digitale di un documento informatico e per questo utilizzato dalla Pubblica Amministrazione che per legge deve permettere di tracciarne lo storico. Tramite software il file può essere manomesso, nascondendo così tutte le modifiche apportate. Le perizie fatte su alcuni verbali sono chiare: «Il file presenta delle anomalie nella struttura dei metadati, si evidenzia come in alcuni campi risultino vuoti. In particolare sono assenti le informazioni riguardanti la data e il software utilizzato per la creazione, pertanto il file risulta corrotto e manomesso».
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Si potrebbe trattare di un errore informatico, ma il ministero dell’Istruzione (Miur) prima di inviare la prova ai candidati doveva comunque visionare anche questo dettaglio. La legge, infatti, è chiara: i Pdf, qualora si tratti di un atto amministrativo, hanno l’obbligo di contenere tutto lo storico.

Un plico sostanzioso che si accumula sulla scrivania del pubblico ministero Digeronimo, presto arricchito dalle nuove perizie informatiche di parte che hanno il compito di rispondere a una domanda: perché corrompere i file? Al momento si contano settanta verbali sospetti. L’avvocato Nadia Spallitta, denuncia addirittura la violazione più grave: «Alcuni miei assistiti hanno il documento della prova in Pdf nominato direttamente con il codice fiscale, tutto questo prima dello scioglimento dell’anonimato». Un fatto, anche in questo caso, tutto da dimostrare con la perizia informatica, ma che se risultasse vero, potrebbe significare che la correzione di alcune prove è stata effettuata conoscendo l’identità dei candidati. Un dubbio che potrebbe essere facilmente confutabile dal ministero se solo si conoscesse la storia di ogni singola prova Pdf.
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Ma si arriva anche ai paradossi, come quello della sottocommissione n. 31 che, evidentemente in assenza di uno scanner, decide di fotografare con uno smartphone Huawei P20 le schede di valutazione e i verbali, inviandole così a chi ha sostenuto la prova di uno dei concorsi più importanti. Dall’utilizzo del cellulare al dono della preveggenza: tanti i candidati che si sono ritrovati con griglie di valutazione create prima dei verbali. È la commissione presieduta dalla professoressa Angela Maria Volpicella, la stessa che ancora non ha chiarito come potesse verbalizzare esami all’università mentre correggeva le prove del concorso, a sfidare la scienza logica. È il 18 aprile, esattamente 20 giorno dopo lo scioglimento dell’anonimato, che appare il verbale numero 11. Sono 23 le persone alle quali viene revisionato il punteggio della prova scritta. Ventitré “errori materiale di trascrizione” di persone delle quali già si conosceva l’identità.

Se l’anonimato viene messo in dubbio, a sferrare un altro colpo all’operato del ministero di Marco Bussetti è il Tribunale amministrativo. A tradire il Ministero dell’Istruzione sono sempre i software e il Miur sembra esserne consapevole. È il 23 gennaio quando vieta ai candidati di accedere al codice sorgente di Cineca, il quale permetterebbe di dimostrare se il software, bocciato da una sentenza del Tar nel 2016 e comunque utilizzato, abbia realmente dato segni di malfunzionamento, cancellando parti delle domande e costringendo i candidati a consegnare alcune prove in bianco. Il diniego arriva nuovamente l’8 marzo, ma questa volta a intervenire è il Tribunale amministrativo che obbliga il Miur a consegnare il conteso codice sorgente ai candidati, permettendo così l’analisi. Qualora anche questa anomalia venisse accertata, il Tar potrebbe disporre di rivalutare lo scritto, ricorreggendo le prove considerate insufficienti.

È però sullo scioglimento dell’anonimato, procedura che permette di ricondurre ogni prova al nome e cognome del candidato, che si insinuano ulteriori dubbi. È il 26 marzo quando le sottocommissioni, terminate le correzioni, come da procedura abbinano il codice alfanumerico al codice fiscale dai concorsisti. Da questo momento è riconoscibile l’identità di chi ha realizzato la prova. Una procedura delicata e che viene infatti riportata minuto per minuto in un verbale di dieci pagine. Nei sotterranei del palazzo di via Morosini, nella stanza 521, sono custoditi in 35 scatoloni i codici alfanumerici che indicano l’identità di ogni candidato. Le commissioni hanno il compito, come si legge nel verbale, di «abbinare in modalità telematica il codice fiscale di ogni concorsista al corrispondente codice identificativo anonimo». Prima di essere prelevate le buste vengono analizzate una a una, ma non ci sono “segni di infrazione”. I 35 scatoloni con i codici, dopo essere stati utilizzati dagli esaminatori, vengono riportati nell’aula alle 12.35 del 26 aprile. Da questo momento in poi nessuno ha più accesso ai codici alfanumerici dei candidati. L’abbinamento è stato completato e il concorso è definitivamente concluso. Analizzando i file Pdf delle prove scritte, creati dalle sottocommissioni al momento dell’abbinamento, salta all’occhio l’anomalia: alcuni documenti informatici, come dimostra L’Espresso, risultano essere stati abbinati in un orario posteriore quando nessuno aveva più accesso alla stanza e ogni procedura doveva essere stata terminata...
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Ma viale Trastevere appare sempre più isolato con Daniele Bertoluzzi, presidente della Commissione madre di tutte le 37 sottocommissioni, che evita di esporsi: «Non posso rispondere a domande riguardanti un procedimento amministrativo in corso in cui sono interessati persone, atti, soggetti e tutele in giudizi amministrativi, specificando che la mia responsabilità è prevista dalla normativa di legge ed esercitata sulla base del Bando di Concorso Lex specialis».

Ed è proprio nelle lex specialis, redatte dallo stesso presidente Bertoluzzi, che appare inequivocabile la spartizione delle responsabilità: vigilare sul regolare svolgimento delle prove spettava al ministero. Così come spettava a viale Trastevere nominare i componenti delle 37 sottocommissioni. Dal sindaco di Alvignano Angelo Francesco Marcucci, che dopo essere stato improvvisamente colto da dono dell’ubiquità, era presente in commissione e in giunta e si è giustificato con un «errore materiale», non poteva comunque prendere parte al concorso per incompatibilità politica, caso diverso per la collega Adalgisa Maurizio che l’11 marzo, mentre correggeva le prove scritte dalle 9 alle 20.20, è riuscita a firmare una determina dirigenziale alle 14.31, senza che nel verbale ci sia un accenno al suo improvviso allontanamento.

A chiarire le modalità di selezione delle sottocommissioni è il professore Giuseppe Spadafora che ammette: «Mi sono autosospeso perché ho scoperto che a sostenere il concorso c’era una mia cugina di primo grado». Tutto lasciato alla buona fede dei commissari, senza una supervisione del Ministero, con oltre il 60 per cento dei membri che hanno abbandonato il concorso senza l’obbligo di motivare la scelta. Per scoprirlo basta andare nel sito del Miur e aprire uno per uno i decreti di sostituzione.

Il caso più eclatante è quello dello sottocommissione 20, corregge per cinque giorni le prove scritte poi si dimettono tutti i membri e rimane in carica solo il presidente Francesco Giulio Beltrame. Vengono nominati nuovi componenti che dal 18 al 24 marzo, visionano le prove, lavorando ininterrottamente per riuscire a consegnare la lista degli ammessi. Ma è il 25 gennaio quando le 37 sottocommissioni si riuniscono per dare il via ai lavori e decidere in quale sede iniziare la correzione e il modus operandi uguale per tutti. Nel verbale mancano all’appello le firme di tre presidenti: Francesco Tufarelli, Direttore Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Carlo Bottari e Carla Xobo. Le correzioni iniziano comunque e le prove vengono corrette. Alcune sottocommissioni impiegano una media di nove minuti a compito altre fino a trenta senza una regola precisa. A viale Trastevere nel frattempo si lavora per trovare una soluzione, qualora il Tar decidesse di annullare la prova scritta, mentre il ministero annuncia un nuovo concorso per insegnanti. A quel punto più di tremila scuole rimarrebbero senza una reggenza e chi ha sostenuto la prova correttamente, rischierebbe di iniziare l’iter di selezione dall’inizio per colpa di un ministero che aveva un unico compito: quello di vigilare sul corretto svolgimento del concorso. E pensare che Marco Bussetti aveva puntato la sua politica scolastica sui reclutamenti.

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