Microsoft, Yahoo, Google, Murdoch: i soliti noti. Da un paio d'anni, mentre l'economia di Internet cresce, sono sempre loro al centro di ogni trattativa. Il Web sembra diventato un loro affare personale. Molti blogger scrivono con pesante ironia che quella in corso è una guerra tra monopolisti che vogliono rendere sempre più inattaccabile la loro posizione all'interno della Rete. È diventata quasi una frase fatta dire che chi controlla i motori di ricerca ha in mano le chiavi dell'economia di Internet. Ma quanto vale questa economia?
Per Ballmer si tratta di una domanda cruciale. Il capo di Microsoft si domanda se vale la pena di svuotare le casse di Microsoft - e indebitarsi per la prima volta nella storia aziendale - per mettere le mani su un motore di ricerca come Yahoo, che molti esperti giudicano in declino.
Il gigante di Redmond deve la sua immensa ricchezza a un altro monopolio, quello sui pc. Microsoft controlla l'85 per cento dei computer esistenti nel mondo grazie al suo sistema operativo Windows. Ma teme che l'ascesa di Google possa mettere in crisi il suo business. Negli ultimi due anni infatti il predominio di Google è diventato quasi una dittatura. Ormai 62 ricerche su cento a livello mondiale (47 su cento negli Stati Uniti) vengono effettuate utilizzando il sito di Google. E questi numeri crescono ogni mese.
Paul Budde, presidente della Paul Budde Communication, dice che nei paesi più avanzati, cioè quelli dove Internet ha una penetrazione superiore al 75 per cento delle famiglie, nel 90 per cento dei casi i consumatori fanno una ricerca su Internet per confrontare qualità e costi: "Ormai Internet si è integrata così a fondo nell'economia reale da giocare un ruolo centrale nella formazione dell'opinione dei consumatori". E questo, naturalmente, ha creato un mercato pubblicitario sempre più importante: oggi la pubblicità su Internet nel mondo vale 40 miliardi di dollari all'anno, circa l'8 per cento dell'intera torta pubblicitaria globale, che è stimata intorno ai 500 miliardi. Da sola Google si prende 16.6 miliardi, mentre a Yahoo ne restano 6,9 e a Microsoft 3,6. Facendo i conti si vede che i tre colossi messi insieme si mangiano più della metà degli investimenti pubblicitari planetari online, Google da sola oltre un terzo. La crisi dei giornali cartacei dipende anche da questo: stiamo assistendo a un enorme trasferimento di risorse da alcuni settori tradizionali ai nuovi protagonisti di Internet.
Questo dovrebbe consentire un ulteriore balzo in avanti dei colossi della ricerca (sempre che gli utenti non si ribellino rivendicando la propria privacy). Soprattutto, questa strategia dovrebbe giocare un ruolo chiave nel nascente business dei telefonini. Pochi giorni fa Google ha rivelato che l'iPhone di Apple, uscito da pochi mesi, ha prodotto un boom inatteso dell'attività di ricerca on line: gli utenti del nuovo telefonino Apple fanno 50 volte più ricerche online rispetto agli utenti degli altri cellulari collegati a Internet. Vin Guntroda, responsabile del settore cellulari per Google, racconta che gli ingegneri dell'azienda pensavano che ci fosse un errore nelle statistiche tanto erano elevate. Poi è emersa la ragione del boom: l'iPhone è il primo telefonino che consente di navigare su Internet abbastanza agevolmente, e avendo a disposizione questo nuovo strumento gli utenti hanno cominciato a usare le ricerche in modo compulsivo come fanno davanti al pc: per cercare un indirizzo, un numero di telefono, un prodotto...
"I motori di ricerca sono le piazze del futuro, il punto di incontro tra venditori e compratori", dice Andrew Frank, analista della Gartner Research. Ma mentre nel mondo reale ogni paese ha la sua piazza, su Internet le piazze si vanno riducendo di numero, e quelle veramente importanti sono oggi due o tre.
Per capire la centralità dei motori di ricerca e l'importanza della pubblicità on line basta pensare che solo negli Stati Uniti nel 2007 le vendite di viaggi online hanno raggiunto gli 86 miliardi di dollari, mentre le altre merci messe insieme hanno toccato i 175 miliardi. Se si eccettuano il cibo e le automobili, la cui vendita on line non è mai decollata, le vendite su Internet rappresentano il 13 per cento delle vendite al dettaglio totali: "Questo significa che negli Stati Uniti un dollaro su sette viene speso su Internet", chiarisce Sucharuita Mulpuro, analista di Forrester Reasearch.
Ci sono settori importanti, come la musica e i video, il software e i libri, l'elettronica e i biglietti per gli spettacoli, che realizzano su Internet più del 20 per cento del loro business. Leggendo le previsioni di Forrester ci si domanda quanti negozi saranno destinati a chiudere, almeno negli Stati Uniti, nei prossimi anni: nel 2012 saranno venduti su Internet il 55 per cento dei computer, il 43 per cento dei biglietti degli spettacoli, il 35 per cento della musica e dei video, il 29 per cento delle tv e degli apparecchi hi-fi, il 28 per cento dei libri e così via.
Con queste previsioni davanti agli occhi si capisce perché Steve Ballmer voglia investire così tanti soldi in Yahoo. Andrew Frank, analista di Gartner Research, dice che in termini tradizionali, valutando il rapporto costo-dividendo, l'offerta di Microsoft non ha senso: "Ma se si guarda al mercato dei prossimi dieci anni, allora si capisce che si tratta di investimenti appropriati".
Acquistando Yahoo, Microsoft creerebbe anche un semi monopolio nella posta elettronica. Nel mondo circa 250 milioni persone hanno un indirizzo di posta elettronica targato Yahoo, e altri 230 milioni sono legati a Microsoft (con Hotmail). In totale fa quasi mezzo miliardo di persone: in questo Google, con appena 51 milioni di caselle di posta, appare un nano.
La posta elettronica non è ancora diventata una fonte primaria di profitti, ma presto potrebbe diventarlo perché consente ai tre giganti di conservare un rapporto privilegiato con centinaia di milioni di persone. Google ha da tempo cominciato ad analizzare automaticamente il contenuto delle e mail identificando gusti e bisogni di ciascuno di noi. Se scrivete che state ristrutturando il vostro appartamento, presto in cima a un'e mail - in uno spazio discreto ma ben visibile - troverete l'indirizzo di un venditore di ceramiche nella vostra città. Se siete un appassionato di musica riceverete il link a un cd appena lanciato. È l'economia di Internet che rapidamente penetra in tutti gli interstizi della nostra vita.
Google, Yahoo e Microsoft sono intenzionati a fare evolvere i loro servizi di posta elettronica in 'social networks', per fare concorrenza ai due giganti del settore, MySpace e Facebook, che hanno ciascuno centinaia di milioni di utenti nel mondo, e potrebbero diventare punti privilegiati per gli inserzionisti pubblicitari e i venditori. Ma anche questi due nuovi giganti della comunicazione hanno avuto solo una stagione di libertà e autonomia. MySpace è stato comprato dall'editore Murdoch nel 2005 per 580 milioni di dollari (oggi vale trenta volte di più) e ha un accordo con Google per la pubblicità. A mettere le mani su Facebook hanno provato sia Yahoo sia Google: poi a ottobre Microsoft è riuscita ad acquisirne l'1,6 per cento per 246 milioni, attribuendogli quindi una valutazione globale di 15,3 miliardi.
C'è un'altra ragione che spinge Microsoft a giocare il tutto per tutto. Google sta investendo miliardi di dollari in ricerca per rendere obsoleto il sistema operativo Windows. La nuova strategia prevede che i programmi non siano più installati sul pc, ma diffusi in Rete (cloud computing). Google ha già cominciato a mettere gratis on line leggeri software che consentono agli utenti di fare alcune cose (per esempio scrivere) che fino a ieri si potevano fare solo acquistando i pesanti e costosi programmi di Bill Gates. Microsoft sa che alla lunga questa rivoluzione sarà inevitabile, ma vuole essere lei a condurre il gioco, trasportando il suo monopolio dai pc all'economia di Internet. Vuole che sia un suo portale, magari Yahoo, a ricevere gli utenti, assisterli nelle ricerche, fornire le news, mettere a disposizione i software. Vincerà Microsoft o Google? Se sarà solo una gara a due, saranno i cittadini a perdere.