Profughi, nel 2015 121mila arrivi in Italia Ma solo in 25mila hanno chiesto asilo qui

Il nostro paese di conferma un ponte, non un approdo. I dati del rapporto Sprar appena presentato mostrano un'Europa sempre più fragile. Dove i "no" alla protezione aumentano. E dove le strutture sono piene. Ma perché non riescono a dare un futuro alle persone: soltanto in 5mila hanno lasciato i centri nel 2014

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Passano. Scampati dal Mediterraneo. Scivolati fra i centri d'accoglienza provvisori istituiti dalle prefetture litigando con i governatori padani. E poi di nuovo in fuga verso il Nord Europa. La trama si ripete. L'Italia si conferma ponte, e non approdo, per i profughi delle guerre civili in Medio Oriente e della fame africana. Nel 2014, raccontò l'Espresso, in centomila scomparvero dai registri del nostro paese: sbarcati e scappati in Germania senza lasciare traccia nei nostri sistemi.

Nel 2015 i numeri sono praticamente gli stessi: nei primi nove mesi dell'anno sono arrivati via mare in Italia 121.500 migranti. Di questi, solo 25mila hanno presentato qui domanda d'asilo. La beffa al sistema di Dublino che fa tanto infuriare i ministri degli Interni europei è chiara: i profughi dovrebbero chiedere protezione nel primo paese d'approdo. Ma non vogliono farlo in Italia (o in Grecia). Così altri 100mila migranti hanno attraversato lo stivale solo come ponte di passaggio. La grande fuga continua.

Ora la stretta sancita dall'Agenda Europea per le Migrazioni promette di cambiare tutto, partendo dalle identificazioni obbligatorie nei famosi "hotspot". Il primo, a Lampedusa, è stato avviato: 250 eritrei schedati, trattenuti per un giorno. Loro dovranno aspettare qui l'esito della domanda d'asilo, a meno che non vengano "redistribuiti" in un altro Stato secondo il sistema vacillante delle quote, accettato dalla maggioranza della Ue ma rifiutato da tutto il blocco dei paesi dell'Est.

Il rapporto sulla Protezione internazionale dello Sprar presentato ieri a Milano raccoglie tutto questo. I migranti arrivati sulle nostre coste, spiega, sono soprattutto eritrei, nigeriani, somali, sudanesi e siriani. Le domande d'asilo, nei primi 9 mesi del 2015, sono state 25mila. A presentarle soprattutto uomini (il 90 per cento) che arrivano da Nigeria, Gambia e Senegal. L'Ucraina è fra le prime dieci nazionalità.

Nel 2014 le commissioni territoriali italiane sono riuscite a esaminare 36.330 domande, sulle 64.886 presentate. Poco più della metà. Al 60 per cento di chi ne ha fatto richiesta è stata riconosciuta una qualche forma di protezione. In Europa gli esiti positivi sono invece solo il 37 per cento.

E ora il vento è cambiato anche da noi. Perché nei primi mesi del 2015 i dinieghi, in Italia, sono aumentati: arrivando al 47 per cento. Un netto cambio di rotta nell'arco di pochi mesi.
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La fotografia del Rapporto riguarda anche l'accoglienza. Sia nel 2014 che nel 2015 la regione più coinvolta si conferma la Puglia, dopo la Sicilia. A fine giugno 2015, i richiedenti asilo e migranti presenti risultavano circa 82mila. I nuovi sono andati a sovrapporsi a quanti, in più di un anno dallo sbarco, non sono riusciti a trovare una strada fuori dai centri che li ospitavano.

Nel 2014, infatti, spiega il rapporto, solo 5.855 migranti sono usciti dalle strutture d'accoglienza: il 31,9 per cento perché è riuscito a inserirsi nella società. Il 32,8 per cento perché è scappato. Il 30 per cento perché non poteva più restare per regolamento. Per questo nella relazione si dà spazio a ciò che l'emergenza fa dimenticare: la necessità di trasformare l'accoglienza non in un pit-stop dentro mura spesso indegne, ma in un primo passo verso l'integrazione.

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