L'avanzata su Mosul che mette spalle al muro il Califfo non significa che sia cessata la minaccia delle bandiere nere. Parla il generale curdo Sarhad Qadi, che gestisce la regione con la prigione di Kirkuk

Generale Sarhad Qadir, lei è il capo della polizia del distretto di Kirkuk, nella caserma dove ci riceve ci sono 130 miliziani dell’Isis, 60 già condannati a morte e tutti gli altri in attesa di giudizio. Chi sono gli uomini del Califfo che catturate?
«Quando li arrestiamo vogliono dimostrarsi tutti pentiti e manipolati ?dai capi di Daesh. Ma la verità è che ?un attacco come quello del 21 ottobre scorso, qui a Kirkuk, dimostra che il consenso dell’Isis è molto più radicato di quanto immaginiamo. E dimostra anche che la percezione comune di un movimento creato da giovani analfabeti e poveri racconta solo una parte del problema. Tra loro ci sono tanti ragazzi disoccupati, certo, ma i vertici di queste cellule sono uomini ben addestrati ?e molto istruiti. Non solo, ci sono personaggi noti legati al vecchio regime di Saddam Hussein. Solo pochi giorni ?fa abbiamo catturato Nazar Hammoud Ghany, un cugino di Saddam che ha partecipato all’attacco e ha ammesso ?di essersi affiliato all’Isis. È evidente che un commando di 130 persone per muoversi verso una città come questa deve avere quanto meno certezza dell’appoggio, seppur parziale, della cittadinanza e anche di una protezione ?a livelli più alti. Alcuni prigionieri ?hanno anche confessato che i miliziani sarebbero riusciti ad arrivare in città grazie a civili che hanno corrotto ?i poliziotti ai check point».
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Può descrivere com’era lo stato ?della città durante l’attacco?
«C’erano cecchini ovunque, nelle scuole, nell’ospedale, nelle caserme, negli hotel. Ovunque. Erano armati di fucili ?e granate, qualcuno di loro si era travestito da poliziotto per evitare ?i controlli lungo la strada. In questo modo si sono garantiti l’accesso in città da diverse direzioni. Hanno attaccato gli edifici istituzionali, la sede del governo, della polizia, riuscendo a controllare parte della zona sud della città. ?Da quando è iniziata l’offensiva su Mosul abbiamo messo in campo molte più forze tra polizia e antiterrorismo, perché è evidente che l’Isis vuole destabilizzare altre aree del paese, come è successo ?qui a Kirkuk. È stata una controffensiva ?in piena regola. Una dimostrazione ?di forza. Ed è stato anche il loro modo ?di rivendicare presenza. Sapevano ?che sarebbe stato un assalto suicida e avrebbero perso decine di uomini, tuttavia a pochi giorni dall’inizio delle operazioni militari volevano dimostrare di poter organizzare un commando per assaltare ?la principale città petrolifera del nord ?del paese».

Crede che la strategia militare delle forze anti Isis su Mosul non si stia dimostrando efficace?
«La mia opinione è che l’offensiva sarebbe stata più efficace se fosse iniziata dalle sacche di consenso dell’Isis in altre aree del paese. Prendiamo Hawija: è una solida roccaforte dell’Isis, il commando che ha attaccato Kirkuk veniva da lì. Da lì provenivano le menti dell’attacco, da lì partono i jihadisti per reclutare altri giovani e creare cellule dormienti nelle altre città. L’offensiva avrebbe dovuto cominciare da questi luoghi, dalle città più piccole, e solo poi concentrarsi su Mosul. Ora il rischio è che l’Isis concentri parte dei suoi miliziani in altre zone dell’Iraq per creare ulteriore disordine e paura tra la cittadinanza. ?E per reclutare altri ragazzi. Pochi giorni ?fa c’è stato un attentato suicida a venti chilometri da qui: in una stazione di polizia un miliziano si è fatto saltare in aria. Tutti questi episodi ci preoccupano, perché ?se è vero che l’attenzione mediatica è concentrata su Mosul, è altrettanto vero che in Iraq ci sono molti piccoli fortini ?di consenso per lo Stato Islamico. ?Se sono riusciti a entrare a Kirkuk con questa facilità è perché ci sono cellule dormienti di Isis dappertutto».

Cosa si aspetta che accadrà in Iraq ?dopo la presa di Mosul?
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Viaggio nella prigione dei miliziani Isis
24/11/2016
«Sono preoccupato. Sarà certamente fondamentale riprendere Mosul. ?Ma una volta riconquistata la città ?ogni partito politico iracheno dovrà concentrarsi sull’unità e non sulle differenza settarie per sradicare le cellule di Isis presenti dappertutto, altrimenti ?il nostro Paese non supererà mai l’instabilità che ha generato questo ?caos. Temo che i vertici dell’Isis a Mosul si stiano già attrezzando per spostare uomini in altre zone del paese per destabilizzarle. Per questo credo che ?la strategia di questa offensiva debba essere lungimirante. Altrimenti tra qualche anno ci ritroveremo di fronte ?al medesimo problema».

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