La procura di Roma indaga su un ammanco di decine di milioni di euro che la società di Stato ha investito in Qatar, India e Russia. Mettendo a rischio i bilanci

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Quando in Anas pensavano di avere visto tutto, fra viadotti crollati, scandali giudiziari, tangenti e nepotismo sistematico, ecco arrivare la spy story.

Lui si chiama Vittone, Omar Vittone, e prima di diventare lo strapagato “branch deputy manager” di Anas international Qatar con un mensile di 93 mila riyal (circa 23 mila euro) più alloggio era un veterano delle missioni militari in Iraq, Afghanistan, Libano ed è tuttora il rappresentante per Piemonte e Valle d’Aosta dell’associazione volontari di Stay behind, la rete costituita dai servizi segreti Usa e italiani meglio nota come Gladio, ufficialmente sciolta nel 1990 dopo la storica testimonianza di Giulio Andreotti di fronte alla commissione parlamentare stragi. (qui la replica di Vittone e la nostra risposta)

Il saldo delle escursioni dell’Anas e della controllata Anas international enterprise (Aie) in nazioni poco note per la loro trasparenza finanziaria è pesante. Anas, che è confluita nel gruppo Ferrovie dello Stato alla fine del 2017, ha dovuto creare un fondo rischi da 32 milioni che corrisponde prudenzialmente al buco di Aie. Oltre a questo, per garantire la continuità aziendale, il 18 giugno 2019 ha versato 10 milioni di euro per coprire i 7,5 milioni di perdite e ricostituire il capitale sociale. Il giorno prima, 17 giugno 2019, Pino Zingale, magistrato della Corte dei conti delegato al controllo dell’Anas, ha denunciato “gli elementi di possibile reato e danni erariali” alla procura di Roma e alla procura regionale della Corte dei conti. L’esposto è stato inviato anche alla ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli, e all’attuale ad dell’Anas Massimo Simonini, figlio di un dirigente dell’Anas nominato ad dall’ex ministro Danilo Toninelli.
La ministra De Micheli ha chiesto informazioni sul buco Anas International dal giugno di quest'annno

Il 24 giugno Toninelli ha chiesto chiarimenti via lettera sull’ammanco principale, quello dell’Anas Tec Gulf del Qatar. Il 25 giugno l’attuale ad Aie, Guido Perosino, subentrato a Bernardo Magrì in aprile dopo sei mesi di vacatio, è partito per Doha in cerca di 7 milioni di euro di denaro pubblico che non sono mai più tornati indietro. Quello che ha trovato Perosino in Qatar non deve essergli sembrato gradevole, perché ha aggiunto la sua segnalazione a quella di Zingale e si è messo al lavoro su un piano industriale da ultima spiaggia con l’assistenza di Pwc. Il piano è stato approvato il 20 novembre e spedito per il vaglio definitivo alla holding Ferrovie.

Nostalgia Gheddafi
A completare il quadro ci sono due relazioni del collegio sindacale Aie (2017 e 2018) che “ha rilevato gravi criticità” e un parere pro veritate ancora più critico firmato dall’avvocato Mario Bussoletti che l’Anas intende usare contro il suo ex manager Magrì. L’ingegnere napoletano, 59 anni, non ha avuto un attimo di tempo per chiamarsi disoccupato visto che appena si è dimesso da Aie (settembre 2018) è diventato uno dei principali dirigenti operativi del gruppo Gavio come amministratore delegato di Satap (Torino-Piacenza), Asti-Cuneo, Siteco e Autofiori, la concessionaria che gestisce la Torino-Savona dove domenica 24 novembre è crollato un viadotto a causa di una frana.

Ma procediamo con ordine.
L’idea di trasformare l’Anas in competitor internazionale nasce una decina di anni fa, quando si tenta di lanciare la società sul libero mercato per giustificarne l’uscita dal perimetro del debito pubblico. Il fatidico 30 agosto 2008 il colonnello Muhammar Gheddafi, capo della Jamahiryya libica, pianta le tende a villa Borghese e firma con il premier Silvio Berlusconi l’accordo che prevede, come risarcimento per l’occupazione coloniale, di un’autostrada costiera dal confine tunisino al confine egiziano. L’impegno è affidato all’Anas. Tre anni dopo Gheddafi viene ucciso e la Libia precipita nel caos. Ma a Roma si insiste sul presunto Eldorado delle commesse estere, forse perché in Italia ci si annoia da quanto tutto va bene. Il numero uno dell’Anas, l’ex dell’Iri Pietro Ciucci, costituisce Aie a giugno del 2012. La nuova società apre in pochi anni quattro filiali (Colombia, Georgia, Argentina, Qatar) e nove partecipate fra Libia, Algeria, Russia e India. Nell’autunno del 2015 Matteo Renzi sostituisce il lettiano Ciucci con Gianni Vittorio Armani, figlio di Pietro, anch’egli ex amministratore Iri in quota Alleanza nazionale. Armani si dà da fare. Chiude un accordo con l’Iran a luglio del 2016, alla presenza del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e del suo omologo iraniano Abbas Ahmad Akhoundi. Nel 2017 sbarca in Russia per il tracciato Rostov-Krasnodar. Due anni dopo tocca al subcontinente con la costituzione di Anas Tec India e poi all’Armenia, per il corridoio autostradale nord-sud. Ogni volta si comunica allo spettabile pubblico che si tratta di investimenti stramiliardari (3,6 miliardi in Iran, 1 miliardo in Armenia, centinaia di milioni in Russia). Queste cifre sono ancora nulla a paragone dell’avventura in Qatar dove l’Anas informa che la famiglia reale, guidata dall’emiro Tamim al Thani, programma investimenti in infrastrutture per 140 miliardi di dollari in vista dei mondiali di calcio del 2022. La manifestazione sportiva è contestatissima ma pecunia non olet e piatto ricco mi ci ficco.
L'Ar Wakrah Stadium in Qatar costruito per ospitare i Mondiali 2022

In realtà gli incassi sono ampiamente inferiori agli annunci. In Qatar Anas assiste Ashghal, l’authority dei lavori pubblici locale, nella preparazione dei capitolati di progettazione con una commessa che era già stata firmata nel 2012 e che valeva 50 milioni in sette anni. I ricavi Aie del 2018, in aumento rispetto agli anni precedenti, sono poco al di sotto dei 9 milioni di euro con perdite per 7,5 milioni sulle quali incidono i costi del personale (3,7 milioni di euro). Nel biennio 2019-2020, sterilizzate le emorragie principali, ci dovrebbero essere perdite aggregate per altri 2 milioni di euro.

Allora perché è stata tenuta in piedi Aie? Armani stesso, in un’intervista all’Espresso dell’ottobre 2015, aveva manifestato perplessità sulla struttura e aveva abolito la figura del direttore generale, occupata da Fabrizio Averardi Ripari coinvolto nell’inchiesta fiorentina sul sistema delle opere pubbliche.

Sono Omar, risolvo problemi
La ristrutturazione targata Armani si orienta verso la creazione di società all’estero ma va subito incontro a qualche difficoltà. Per l’Atg di Doha Magrì decide di ricorrere a Vittone, aostano di 49 anni, che al primo punto del suo curriculum indica appunto “spiccate doti di problem solving”. Laureato in scienze politiche alla Cattolica di Milano, Vittone è capo della sicurezza ai Giochi Mondiali militari disputati in Val d’Aosta nel 2010. A marzo del 2012 debutta nel mondo delle concessionarie come amministratore del Rav, il raccordo autostradale della Val d’Aosta gestito da Atlantia. La Stampa titola: alla Rav serve il reduce dell’Iraq, sottolineando che Vittone fa parte dell’associazione volontari di Stay behind definita “discussa formazione paramilitare top secret”. Il presidente dell’associazione, Antonio Sanviti, querela il giornale che avrebbe diffamato i gladiatori.

Terminato il mandato in Rav, nel maggio 2015 Vittone diventa presidente della società del traforo del Monte Bianco (Sitrasb), controllata dalla regione. Il consigliere Alberto Bertin trova da eccepire sulle qualifiche professionali nel mondo autostradale dell’esperto di intelligence, tanto più che Vittone ha amministrato Rav vivendo in Guinea Conakry dal 2011 al 2014. Il governatore Augusto Rollandin, condannato in primo grado a quattro anni e sei mesi per corruzione a marzo di quest’anno, risponde che Vittone era nel paese africano “per collaborare a progetti di volontariato”. Bertin replica che non dubita delle capacità di Vittone di gestire il traforo: “è stato talmente bravo che l’ha fatto dalla Guinea, un esperto in trasporti, addirittura di teletrasporto”.
L’ironia del consigliere non turba Vittone che resta in carica in Sitrasb fino a novembre 2017, poco prima che venga fondata l’Atg a Doha e che l’esperto di intelligence vi venga destinato. Dal parere pro veritate chiesto da Aie risulta però che, a dispetto della retribuzione “Vittone non ha in effetti mai operato in Qatar non avendo conseguito il necessario ID (documento di identità locale)”.

Il console onorario
Forse a San Marino non lo sanno perché il 14 maggio 2018 il Congresso di Stato della Repubblica del Titano nomina Vittone console onorario in Qatar e la camera di commercio locale lo delega agli affari internazionali con l’obiettivo di partecipare agli appalti del Mondiale 2022. A San Marino Vitone, che fa parte dell’Icrim, il centro di ricerca sul management della Cattolica, organizza incontri tra l’ateneo e il segretario di Stato allo sport per inserire la piccola repubblica nella Summer school in football stadia management, non proprio una priorità visto che l’impianto maggiore del Titano, ribattezzato San Marino Stadium, ha una capienza intorno ai 5 mila posti.
Il rapporto di lavoro fra l’esperto di intelligence e Aie si conclude il 30 maggio 2018 su decisione di Magrì al quale oggi Anas rimprovera di non avere osservato “le procedure interne di selezione del personale”. Ne consegue “la responsabilità risarcitoria di Magrì” verso la capogruppo.

A dispetto delle critiche sulla sua gestione di Aie, Magrì è ancora direttore generale di Sitaf, la società concessionaria del traforo del Frejus dov’è entrato nel 1996 come direttore tecnico. Il padre Ennio, classe 1933, è uno dei più noti avvocati amministrativisti d’Italia con lo studio Msa (Magrì Sersale Ambroselli) fondato a Napoli nel 1960. Nel 1970 lo studio ha aperto una sede a Roma dedicata ai rapporti con la pubblica amministrazione e un’altra nel 2000 a Milano con specializzazione nel project financing. Padre e figlio sono soci di una srl, la Servizi legali. Magrì senior, che era in ottimi rapporti con lo storico numero uno di Sitaf Felice Santonastaso, ex Iri-Italstat scomparso nel 2014, ha patrocinato Sitaf almeno fino al 2017 in una causa civile definita dalla Cassazione.

Braccio di ferro con Gavio
Il groviglio di interessi familiari e societari è complicato dalla situazione particolare della società che gestisce il traforo del Frejus e la Torino-Bardonecchia. Al momento, il controllo è dell’Anas, e dunque delle Fs guidate da Gianfranco Battisti, perché la società pubblica ha rilevato le quote del Comune e della provincia di Torino per un complessivo 19 per cento del capitale alla fine del 2014. Il gruppo Gavio, azionista di minoranza, ha contestato l’acquisto al Tar, che ha bocciato il ricorso due volte. Il consiglio di Stato, invece, ha dato ragione a Beniamino Gavio e, alla fine di ottobre, ha ordinato alla città metropolitana di Torino di revocare la cessione e mettere a gara il 19 per cento del capitale Sitaf, con la possibilità che il gruppo di Castelnuovo Scrivia, forte di 850 milioni incassati dai francesi di Ardian in cambio della maggioranza, faccia un’offerta vincente e si garantisca il controllo del Frejus.

La situazione sembra intricata? Lo è. Ricapitolando, Magrì è figlio di un legale difensore della controllata Anas Sitaf di cui è direttore generale. Ma è anche manager del gruppo Gavio che è in contenzioso con Anas per strapparle il controllo di Sitaf.

Fino ad aprile del 2019 il manager napoletano è stato anche ad di Tecnositaf Gulf che è stata la prima società del gruppo Anas-Sitaf ad aprire bottega in Qatar (2016) in partnership con una società locale (Gulf business development). Tecnositaf Gulf partecipa alla realizzazione del tunnel Dukhan in Qatar e del tunnel Saadiyat che collega il centro di Abu Dhabi con l’isola dove sorgono il Louvre e il Guggenheim degli Emirati.

Amministratore delegato di Tecnositaf Gulf è Raymond Mikhael, cittadino libanese e fratello di Georges, azionista di Defendini logistica, presidente dell’aostana Sav (gruppo Gavio), consigliere di amministrazione di Terna interconnector e di Transenergia insieme allo stesso Bernardo Magrì oltre che della Ragusa-Catania di Vito Bonsignore, recentemente statalizzata con un versamento che si aggirerebbe intorno ai 40 milioni di euro.
Secondo un’interrogazione parlamentare grillina del 18 novembre 2018, è grazie alle conoscenze di Georges e Raymond Mikhael che Paolo Massimo Armani, fratello maggiore dell’ex ad Anas, è arrivato alla guida della società libanese Scale up del gruppo Al Yafi. Insomma, non è tanto che il mondo è piccolo. È che è pieno di fratelli.

Aggiornamento 10 dicembre: La replica di Omar Vittone e la nostra risposta

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